Il crollo di Atene può travolgere Pontida

Il crollo di Atene può travolgere Pontida

Sul sacro prato di Pontida, che domenica ospiterà il grande raduno leghista, pesa l’ombra del Partenone. Più che le ampolle del Po, insomma, la mitologia greca. La faticosa ipotesi di riforma fiscale che agita i sonni della Lega e di Giulio Tremonti, infatti, devono confrontarsi con l’attualità europea: con la Grecia appesa a un filo e i paesi del vecchio Continente a tirare la cinghia per aiutare Atene.

Un fantasma, quello greco, che torna nei discorsi pubblici di queste settimane: Italia degli inizi degli anni ’90 «era in condizioni forse peggiori di quelle in cui si trovano oggi la Grecia e il Portogallo, ma ce l’abbiamo fatta». Lo ha detto poche ore fa Mario Draghi durante l’audizione al Parlamento europeo. Il successore di Trichet all’Eurotower, parlando della Grecia a poche ore dal vertice d’emergenza dei ministri delle finanze europei – dopo che ieri Standard & Poor’s ha declassato Atene a tripla C, il peggior rating del mondo – ha affermato la propria convinzione che si possa ancora intervenire per evitare il default del Paese. «Non sarà la nuova Lehman», ha detto Draghi. Un fallimento che, oltre a implicare maggiori oneri finanziari per la Bce, e quindi per i cittadini comunitari, aumenterebbe il rischio contagio su Irlanda, Portogallo, Spagna e probabilmente Italia. Prima di partire per Bruxelles, intervenendo all’assemblea di Confartigianato, Giulio Tremonti aveva invece puntato l’attenzione sull’instabilità politica del Peloponneso, affermando che: «In Grecia non c’è solo un problema di crisi finanziaria, c’è un rischio di crisi politica, che vuol dire portare nell’Ue un fattore di contrasto».

L’incertezza politica non piace ai mercati, ma non riguarda soltanto Atene. Come sosteneva questa mattina Giovanni Sartori sul Wall Street Journal, il voto di ieri non era contro il nucleare, ma contro Berlusconi. Un voto che ha trasformato nuovamente la Lega Nord nell’ago della bilancia per la tenuta della maggioranza. Se all’inizio degli anni ’90, anche in quanto l’economia italiana versava «in condizioni peggiori» della Grecia, Umberto Bossi consolidava la presenza istituzionale della Lega. 

Il primo exploit del partito fu proprio alle politiche del 1992, quando con l’8,6% delle preferenze alla Camera e l’8,2% al Senato la Lega ottenne 80 parlamentari. Dopo il successo elettorale, per la prima volta. Bossi andò a festeggiare con i suoi a Pontida, in provincia di Bergamo. Da allora, il ritrovo è di centrale importanza per tastare il polso dell’elettorato leghista. Anche questo weekend, quando dagli umori della pancia padana e dalle inflessioni del leader Bossi si avranno elementi utili a comprendere la tenuta dell’attuale maggioranza di Governo. Anche nel 1992 c’era in ballo un referendum, quello sulla Legge Martelli, minacciato dalla Lega ai tempi in cui ad approdare in Italia sui barconi non erano libici e tunisini, ma albanesi in fuga dal crac delle piramidi finanziarie di Berisha. 

Corsi e ricorsi della storia. Secondo i dati diffusi questa mattina dall’istituto guidato da Mario Draghi, l’indebitamento italiano è salito a 1.890,622 miliardi di euro (+2,5% rispetto a fine 2010, per Adusbef un peso di 31.500 euro per ogni italiano), il debito degli enti locali ha toccato quota 114 miliardi di euro, +2,7% rispetto allo scorso maggio. A fine 2010, il rapporto debito/Pil era pari al 119% (il Pil nel primo trimestre ha segnato +0,1%), il doppio rispetto ai parametri fissati da Maastricht, siglato proprio all’inizio del 1992. L’euro era ancora un progetto su carta, e nonostante le “stangate” fiscali del Governo guidato da Giuliano Amato, lo stock di debito del Paese si assestò al 107,7% del Pil, 1.633 miliardi di lire. Una situazione, va precisato, aggravata dal fatto che la svalutazione della lira aveva ampliato lo stock di debito denominato in valuta. 

Due decadi fa, la retorica di Bossi, Maroni era incentrata sulla “secessione” del Nord dal Sud sfaticato e da “Roma ladrona”. Oggi, Bossi, Maroni e Reguzzoni hanno ripreso le idee del teorico leghista Gianfranco Miglio sul “federalismo”: il lato fiscale del decentramento è il prezzo che il Pdl dovrà pagare per tenere salde le redini della maggioranza. Tremonti gode dei favori padani, ma deve trovare i fondi per finanziare una manovra da 40 miliardi di euro per raggiungere l’obiettivo del pareggio di bilancio nel 214. Stamani, il titolare del dicastero di via XX Settembre ha difeso il sistema con tre aliquote, sostenendo che tenerle basse «è il miglior investimento per combattere l’evasione fiscale», e proponendo poi una riduzione del sistema fiscale a cinque imposte, senza specificare in che modo ai cittadini non si chiederanno nuovi sacrifici, ma ammettendo che non si può fare «a deficit». «Nel programma di governo il primo punto era un fisco per le imprese, il secondo un fisco per la famiglia. Quindi questo è il momento di fare le cose, perchè ci sono difficoltà, c’è la crisi economica e oltre alla prudenza ci vuole coraggio» è stata la pronta replica di Maroni. 

Abbassare le tasse, mentre a Bruxelles si discute di come sopravvivere all’impasse greca, sarà però un’impresa ardua. Come sempre, saranno i cittadini europei a garantire il probabile nuovo bailout greco: oggi Atene oggi ha collocato bond con scadenza a 10 anni per 1,25 miliardi di euro, con un rendimento record del 17,12% e lo spread con il bund tedesco a 1.413 punti, un livello mai visto prima. Secondo i calcoli di Ubs riportati dal Wall Street Journal, per raggiungere un livello di patrimonializzazione Tier 1 all’8%, le banche elleniche hanno bisogno di 8,4 miliardi di euro. Volendo fare un confronto, il Btp italiano con scadenza al 2021 paga il 4,78 per cento. Nell’asta odierna, invece, sono stati collocati Btp per 3,5 miliardi di euro con rendimenti in salita al 3,9% (e un bid to cover ratio – il rapporto tra l’ammontare totale della domanda e l’emissione – dell’1,28).

Tuttavia, ridurre le tasse in condizioni di bassa crescita ed elevato indebitamento è un compito piuttosto difficile. Soprattuto quando grava sulla testa dell’Italia un outlook negativo da parte di Standard & Poor’s. 

[email protected]
 

Entra nel club, sostieni Linkiesta!

X

Linkiesta senza pubblicità, 25 euro/anno invece di 60 euro.

Iscriviti a Linkiesta Club