Certo, è ben strano accorgersi che il referendum più “temuto da Silvio Berlusconi”, più simbolico, in definitiva più “politico”, non serve a niente. Il referendum sul legittimo impedimento, infatti, punta ad abrogare una legge approvata nell’aprile del 2010 la cui efficacia è esplicitamente vincolata a durare “non oltre diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge”. Il limite di un anno e mezzo era stato previsto dal legislatore berlusconiano come tetto massimo: è lo stesso articolo 2 della legge, infatti, a indicare la strada maestra di una “legge costituzionale”, che peraltro non è mai arrivata.
Due rapidi conti, ci dimostrano perché questo voto è tecnicamente “inutile”. I 18 mesi di cui dicevamo sopra scadono il prossimo ottobre. Da quel momento, il “legittimo impedimento” non esisterà più. Da qui ad allora, quindi, mancano quattro mesi scarsi. 120 giorni circa, da cui bisogna sottrarre i 45 giorni di sospensione estiva delle udienze. Niente udienze, niente imputati da convocare, niente Presidente del Consiglio che deve andare al Palazzo di Giustizia a fare la solita predica contro i giudici oppure – quando non vuole – che invoca legittimo impedimento da invocare. Restano insomma poco più di due mesi di udienze teoriche e, stando alla pura media statistica riferitaci da magistrati avvocati e giuristi, si tratterebbe giusto di due o tre udienze. In altre parole, oggi, gli italiani son chiamati a votare per decidere se nelle prossime tre udienze che lo riguardano il Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi potrà usare o no la legge che si è fatto fare apposta. Ma sempre di tre udienze si parla.
Si obietterà, naturalmente, che il peso politico di una vittoria dei sì a quorum raggiunto sarebbe incalcolabile. Si dirà che con un sì detto forte e chiaro – subito dopo la batosta delle Comunali, per di più – la legge non potrà essere riproposta neanche dopo qualche ritocco o camuffamento. Si può anche dire – ed è razionale – che ora che questo referendum c’è, che questo investimento di soldi ed energie non è più revocabile, vale la pena di affermare i principi in cui si crede: ad esempio che non si fa lavorare un Parlamento soprattutto per difendere se stessi.
Sono argomenti che non ci sfuggono, naturalmente. Però, alla fine di tutto, siamo rimasti un po’ all’antica: i referendum servono per abrogare le leggi che vigono, per cambiare dal basso la struttura normativa. Per cambiare il corso della politica ci sono le elezioni: e non più di una settimana fa, gli italiani hanno dato segno chiaro del fatto che se lo ricordano anche loro.