Mi consentoMa quale calcioscommesse. È tutta una montatura

Ma quale calcioscommesse. È tutta una montatura

Non è che mi piace il calcio. Sono malato di calcio. Ricordo quasi tutti gli album Panini che collezionavo quand’ero piccolo, i luoghi di nascita dei calciatori, le squadre in cui avevano militato (altrimenti mai avrei saputo dell’esistenza dell’Astimacobi, dove mosse i primi passi calcistici Giancarlo Antognoni). Ricordo com’erano posizionati nelle varie pagine. E ricordo, a dieci anni, le camionette della polizia sulla pista dell’Olimpico di Roma e 90esimo minuto che non mandava in onda nessun gol. Capii poco, ricordo solo che odiai Paolo Valenti . Quella settimana lì, poi, mi tradì persino il Guerin sportivo. In copertina non c’era nessun calciatore in azione, solo una vignetta con la scritta Regina Coeli. Che per me non era il carcere di Trilussa, solo un impostore che mi aveva rubato il sogno.


Col tempo le cose mi sono diventate più chiare. E in fondo, a un certo punto, è stato un po’ come quelle unioni fondate sulla passione che vengono improvvisamente gelate dalla disillusione. Si può reagire in modi diversi, ovviamente. Sbattere la porta e non voltarsi mai indietro. Oppure far spazio a quella parolina che per ogni appassionato è un delitto: compromesso. E miopia. Meglio far finta di non vedere.

Secondo me ogni malato di calcio che si rispetti questo processo interiore lo ha svolto dolorosamente e in silenzio, col travaglio di chi in fondo sa di non riuscire a rinunciare al suo grande amore. E quindi nel corso degli anni ha chiuso gli occhi. Fa finta. Cerca di autoconvincersi che quegli undici signori in pantaloncini intenti a rincorrere una palla siano ancora eroi. È un tacito accordo. 

È per questo motivo che la notizia del calcioscommesse, o presunto tale, non mi ha minimamente smosso né catturato la mia attenzione. Di che cosa dovrei meravigliarmi? Che forse – perché, ricordiamolo, siamo ancora all’inizio dell’inchiesta – c’è un gruppo di persone, tra cui ex calciatori, che si davano da fare per truccare partite di serie B e serie C (sì, lo so, oggi è Lega Pro, ma per me resta serie C)? E, udite udite, probabilmente nel giro sono coinvolte anche squadre di serie A? Ma davvero? 
Questa storia mi ricorda un po’ quel che accadde nel 1992, quando improvvisamente l’Italia scoprì il reato di finanziamento illecito ai partiti.

E allora dico che non ci credo. Non posso crederci. L’ho stabilito trent’anni fa, quando avevo dieci anni e vidi in un’aula di tribunale gente e volti che fin lì avevo visto solo con indosso pantaloni corti e maglie colorate: da Paolo Rossi a Bruno Giordano. E no, allora. Per me Blatter è una persona per bene che si batte affinché i malati di calcio come me possano divertirsi il più a lungo possibile. Lo stesso dicasi per Luciano Moggi, che in fondo è l’unico che ha pagato in un sistema che non era stato certo allestito solo da lui. Non è vero che nelle ultime giornate di campionato di serie A le partite sembravano accomodate, ed è solo un caso se indovinavo sempre il risultato finale. 
Così come non è vero che i calciatori non se ne fregano niente della maglia, ma solo dell’ingaggio. Non è vero. È tutto falso. Loro giocano col cuore, per me e per chi ci crede come me. Io credo alle favole, e allora? 

È il compromesso, baby. Ho deciso così. E non posso cambiare idea per un Beppe Signori qualsiasi. Per me il calcioscommesse è un complotto ordito da chi odia questo magnifico sport, da chi vuole sottrarmi il rito della partita domenicale (beh, ormai domenicale non più), la lettura dei quotidiani sportivi per il calciomercato, i cori da stadio, gli sfottò con gli amici. Sinceramente troppo per un Bettarini o un Cristiano Doni. Fosse stato coinvolto Zeman, allora forse ci sarei rimasto male. Ma così, francamente, non vedo dove sia la notizia. A proposito, quando c’è il sorteggio dei calendari? 

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