Dopo quattro anni e una crisi finanziaria, ritorna sul tavolo il progetto di fusione tra la Popolare di Milano e quella dell’Emilia Romagna. Al momento in cui scriviamo, il titolo di Piazza Meda ha toccato quota +9% in una giornata in cui il listino milanese (+1,4%) è trainato dal comparto bancario. Un rimbalzo parzialmente dettato da motivazioni tecniche (ricoperture degli investitori sulle posizioni corte), quindi, ma soprattutto dalle notizie diffuse da Finanza & Mercati. Secondo il quotidiano, la banca francese Bnp Paribas, che in Italia controlla già Bnl, avrebbe presentato un offerta per l’istituto presieduto da Ponzellini. Offerta poi smentita intorno alle 12 da un comunicato ufficiale di Bpm su richiesta Consob.
In un report diffuso ieri, Equita Sim ipotizzava «un’integrazione con Bper» come soluzione “di sistema”, caldeggiata dalla Banca d’Italia «per diluire definitivamente i sindacati». Responsabili del naufragio del matrimonio con Bper nel 2007. Quando sembrava ormai cosa fatta, il 26 giugno di quattro anni fa, «un cambiamento improvviso di orientamento all’interno del cda», come lo definì allora il vicepresidente di Piazza Meda Marco Vitale, oppose il veto alla fusione. Ovvero, il voto contrario del sindacato della Fisac Cgil, che si schierò con la Fabi e la Fiba, da sempre contro l’operazione. Per Equita, il deal tra Milano e Modena «avrebbe molto senso anche dal punto di vista industriale per entrambe le banche». Per le quali, come da statuto, vige la regola: una testa, un voto.
Fonti vicine al top management di Piazza Meda smentiscono categoricamente le indiscrezioni su Bnp Paribas e affermano che quella di Equita è una delle tante soluzioni che sono sul tavolo, proposte dalle banche d’affari. Per ora, dicono, meglio rimanere concentrati sull’aumento di capitale da 1,2 miliardi di euro (circa il doppio rispetto all’attuale capitalizzazione, oggi in crescita dopo il tonfo di ieri), ai nastri di partenza il prossimo settembre.
A Modena il discorso è simile, nonostante le dimensioni di Bper – 1,8 miliardi di euro la capitalizzazione – lascerebbero spazio ad ampie valutazioni. La banca guidata da Fabrizio Viola tre giorni fa ha deliberato un’offerta pubblica di scambio per 58 milioni di azioni sulle quote di minoranza della Banca Popolare di Ravenna (25,5%), Banca Popolare di Lanciano e Sulmona (46%), Banca Popolare del Mezzogiorno (35,1%), Banca Popolare di Aprilia (45%), Banca della Campania (10,9%), Carispaq (19,9%) e Banca di Sassari (5,8%). Oltre all’ops, la banca modenese ha chiesto all’assemblea straordinaria di rinnovare le deleghe per un nuovo prestito obbligazionario da 250 milioni di euro. Sforzi messi in atto, ha sottolineato Viola – il quale, tra l’altro, in Bpm ha ricoperto il ruolo di direttore generale – in vista dei nuovi requisiti di patrimonializzazione imposte da Basilea III. Anche in questo caso, il tema è caldo, ma la tempistica non è giusta.
Le operazioni “di sistema” dovranno quindi aspettare, almeno fino a dopo le vacanze. Resta il fatto che nel 2011 praticamente tutte le maggiori banche popolari italiane sono state costrette a rifinanziarsi sui mercati. Oltre a Piazza Meda, il Banco Popolare ha concluso lo scorso febbraio un aumento di capitale da 2 miliardi di euro, mentre c’è tempo fino al prossimo 24 giugno per sottoscrivere l’aumento da 1 miliardo di euro di Ubi.