A una settimana dal “salvataggio” l’Europa è ancora malata

A una settimana dal “salvataggio” l’Europa è ancora malata

Una settimana fa il Consiglio europeo aveva solo un obiettivo: arginare il contagio della crisi dell’eurodebito. Stando a ciò che mostra l’andamento di Borse e mercati secondari, l’impressione è che la missione sia stata fallita. Il trend rialzista dei listini europei è durato solo un giorno e mezzo. Da lunedì, infatti, la curva si è invertita e sono tornati le vendite. In particolar modo, lo stress non sta risparmiando l’Italia, che continua a registrare un aumento dei tassi d’interesse. Il Tesoro italiano non ci sta e per voce del ministro dell’Economia Giulio Tremonti prende le distanze dalla spirale ribassista: «L’attacco dei mercati è una questione europea che in questo momento si confronta con il dollaro e tutto va visto nell’insieme».

L’Italia negli ultimi sette giorni ha avuto solamente un giorno di brio, quello di giovedì scorso. Dopo il Consiglio europeo Piazza affari ha chiuso in rialzo del 3,76%, euforizzata dalla nuova edizione del piano salva Grecia. Il giorno dopo, ancora nervosismo. L’andamento altalenante della seduta è stato molto accentuato. Alla fine la chiusura è stata quasi neutra, dato che la contrazione è stata dello 0,15 per cento. Con il weekend di mezzo non sono passati i timori intorno al debito italiano e l’apertura di questa ottava è stata subito sotto i segni delle vendite. Banco Popolare, Intesa Sanpaolo, Monte dei Paschi di Siena, Ubi e UniCredit sono state travolte dalle operazioni di copertura degli investitori, che hanno ridotto l’esposizione italiana dei propri portafogli. La seduta di lunedì si è chiusa in calo del 2,48%, con tutto il comparto bancario sotto costante osservazione e l’indice sotto quota 19mila punti. Meglio è andata invece due giorni fa. Il valore di fine giornata, +0,27%, non deve però trarre in inganno. Anche martedì la volatilità è stata elevata e i volumi scambiati sui titoli bancari lasciano denotare tutta l’incertezza che gli operatori hanno nei confronti del nostro Paese. In ogni caso, il Ftse/Mib è tornato sopra la soglia dei 19.000 punti. Illusione, quest’ultima, durata lo spazio di poche ore. Ieri la contrazione è stata evidente e contraddistinta da una chiusura in calo del 2,81%, sotto quota 18.500 punti. L’apertura degli scambi di stamattina è stata molto negativa, ma a fine seduta, con diverse sospensioni di titoli per eccesso di ribasso, il risultato è stato mediocre. Fallito il rimbalzo, il Ftse/Mib ha chiuso in crescita dello 0,34 per cento.

Per il Ftse 100, il primo listino della Borsa londinese, l’effetto del Consiglio europeo è stato quasi nullo. Di tutte le chiusure solo quella di lunedì (-0,16%) e di ieri (-1.23%) sono state negative. Tutte le altre, invece, hanno registrato rialzi compresi fra lo 0,08% e lo 0,79 per cento. La soglia dei 6.000 punti, tuttavia, molto importante per l’umore degli operatori sul Ftse 100, non è stata raggiunta. Oggi, di contro, questa soglia è stata avvicinata ulteriormente, dato che il listino ha chiuso in rialzo dello 0,28% sopra quota 5.870 punti.

Diverso il discorso per il Dax di Francoforte. L’accordo che ha portato alla (momentanea?) salvezza di Atene è frutto della diplomazia tedesca. È singolare osservare come il principale listino della Borsa teutonica, negli ultimi cinque giorni abbia registrato solo un giorno in rosso, quello di ieri, con un calo dell’1,32 per cento. Fra giovedì scorso e ieri gli aumenti sono stati compresi fra lo 0,07% di due giorni fa e lo 0,95% di giovedì scorso. Negativa invece la performance di oggi, appesantita dal trend del Bund. Per il Dax c’è stato un ribasso dello 0,78 per cento.

Niente a che vedere con la Germania è stata la performance della piazza di Parigi. L’altra forza prevalente in Europa ha dovuto subire diversi ribassi nell’ultima settimana. Il Cac 40, il maggiore indice borsistico transalpino, è stato galvanizzato dagli accordi del Consiglio europeo, guadagnando 1,66 punti percentuali. Positivo anche il giorno successivo, seppure con un rialzo più contenuto, lo 0,68 per cento. L’avvio di questa ottava, invece, è stata contraddistinta dal rosso. Lunedì ha registrato un calo dello 0,77%, martedì dello 0,68% e ieri, la giornata più dura, con una contrazione dell’1,42 per cento. Nemmeno oggi è la seduta è stata positiva: il rosso è stato dello 0,41 per cento.

Non poteva andare bene all’indice paneuropeo Eurostoxx 50. Come per Parigi, la scorsa settimana si è chiusa in modo positivo: giovedì in aumento dell’1,07%, venerdì dello 0,37 per cento. Di contro, le sedute di questa ottava sono state tutto negative, con un picco toccato ieri, con l’indice in calo dell’1,06 per cento e in sostanziale pareggio nella giornata odierna. Esaurita la spinta propulsiva delle misure salva Grecia, gli investitori sono stati colpiti ancora dall’avversione al rischio nei confronti dei titoli europei. E non ha giocato un ruolo positivo nemmeno il peggioramento della situazione statunitense, dove l’innalzamento del debt ceiling tarda ad arrivare.

La domanda che gran parte della comunità finanziaria si sta ponendo è una sola. Quale sarà l’elemento che farà tornare la fiducia negli investitori? Il ministro Tremonti ha spiegato che tutto ruota intorno a una crisi nei confronti di «una moneta unica basata su un mercato comune, su 17 governi, 17 parlamenti, e 17 opinioni pubbliche». Del resto, per ora, l’emorragia ellenica sembra aver trovato una soluzione. Le opzioni messe in campo da Consiglio europeo e Institute of international finance (Iif) per la ristrutturazione del debito ellenico hanno ridotto, seppur di poco, la pressione su Atene, ma non su Italia e Spagna. Un brutto segnale per i prossimi mesi dell’eurozona.

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