Siamo al secondo giorno di ordinaria follia sui mercati. Il rischio Italia impazza. L’allargamento del differenziale di rendimento tra titoli di Stato italiani e tedeschi e la capacità del governo di far fronte alla crisi comincia a preoccupare i risparmiatori italiani. Nei cui portafogli, tra Bot, Btp e Cct, c’è una bella fetta di debito pubblico italiano.
Che fare per mettere al sicuro i propri risparmi? Lo abbiamo chiesto ad alcuni tra i principali gestori del panorama italiano. Per orientarci nel vasto panorama di strumenti finanziari offerti sul mercato, abbiamo considerato il profilo di rischio di una famiglia italiana media, orientato a un risultato non speculativo, con l’obiettivo primario di proteggere i propri risparmi dalla tempesta finanziaria in atto. Necessaria premessa: le scelte finanziarie vanno sempre verificate con un consulente di fiducia, e le riflessioni che seguono non sono in alcun modo indicazioni operative ma al più spunti di riflessione.
Sebbene uno degli effetti collaterali della crisi dei debiti sovrani sia proprio l’aver reso rischiosi strumenti fin qui considerati affidabili, come i bond governativi, non bisogna lasciarsi prendere dal panico. Ne è convinto Mario Spreafico, capo degli investimenti di Schroeders private bank, che spiega: «Una famiglia oggi potrebbe momentaneamente investire in un fondo di liquidità in attesa di momenti migliori, oppure in conto deposito delle varie banche online. Tuttavia, l’attuale situazione potrebbe rivelarsi un’opportunità anche per portafogli prudenti: oggi l’acquisto di un Cct è un buon affare». Per quanto riguarda la composizione degli investimenti, per Spreafico: «Su un profilo moderatamente rischioso consiglio un portafoglio al 30% in azioni europee, poi un 10-15% in Btp decennali, che oggi hanno un rendimento interessantissimo, eviterei le esposizioni valutarie per via della loro elevata volatilità, e un 5% in debiti dei mercati emergenti, attraverso un fondo». I bond italiani, quindi, sono ancora degni di fiducia?
Non per tutti. Alessandro Frigerio, gestore di Rmj Sgr, osserva: «Manca una leadership chiara in Europa, e mi preoccupa che gli indici americani non siano ancora scesi seguendo le piazze continentali. Per il momento, quindi, a una famiglia consiglierei la scelta più tranquillizzante, cioè la liquidità». Cioé tenere i soldi sul conto deposito in attesa di tempi migliori.
Un gestore di una primaria banca italiana, con la promessa dell’anonimato, spiega che in un momento in cui, come regola di protezione generale, conviene restare il più liquidi possibile, anche per costituirsi munizioni per il rimbalzo dei mercati, quando avverrà. In secondo luogo, diversificare per valuta. Per esempio, su divise di Paesi che stanno dimostrando capacità di crescita e ordine nei conti pubblici, quali Svezia e Norvegia. Utile, spiega poi il gestore, anche la diversificazione su mercati emergenti locali, per esempio Brasile, con obbligazioni in valuta locale, così come assumere posizioni sul franco svizzero. Certo è, conclude, che modificare il portafoglio ora potrebbe esporre a rischi, ad esempio nell’ipotesi di risoluzione definitiva del problema-euro.
Almeno il 30% del portafoglio andrebbe allocato in divise non euro. È questa l’opinione di un gestore di un istituto bancario italiano. Sono preferibili le divise asiatiche e dei mercati emergenti (ottenibili tramite fondi dedicati ), spiega, tuttavia anche una semplice esposizione al dollaro è sufficiente (sempre con fondi o Etf) . L”esposizione in questo ultimo caso va presa anche attraverso una allocazione su Treasury a brevissimo termine. Il rendimento è pressocché zero ma il costo opportunità rappresenta il costo per l’assicurazione del portafoglio. Una volta fatta la diversificazione si può rischiare di più e la mia allocazione preferita sarebbe costituita per 1/3 da titoli italiani ( Btp) a 5 anni con rendimenti superiori al 5% , per 1/6 da titoli a 2 anni italiani con yield superiore al 4% . La rimanente parte va investita in depositi a vista per i più cauti in attesa di una allocazione successiva, mentre per gli altri preferisco un portafoglio di utilities europee.
Leonardo Cervelli, deputy Ceo di Sella Gestioni, sottolinea che: «La parte prudenziale del portafoglio, su cui usualmente si costruiva la parte a rendimento meno elevato ma con volatilità bassa, oggi è in crisi perché è proprio sulla parte “core” che si assiste a fasi di volatilità asimmetriche rispetto ai rendimenti potenziali». In altri termini, il rischio di strumenti obbligazionari non è più sui tassi, ma sulla sostenibilità dei debiti sovrani. Una situazione che, spiega Cervelli, «genera una correlazione tra l’andamento delle azioni e delle obbligazioni, asset class tradizionalmente decorrelate».
Di conseguenza, osserva Cervelli, «se prima un portafoglio molto prudenziale a cinque anni era essenzialmente composto al 20% da azioni e all’80% dal debito governativo europeo, oggi consigliamo di mantenere non più del 60% del portafoglio in titoli di debito denominato in euro, mentre il restante 40% così suddiviso: 20% azioni e un altro 20% equamente divisio in obbligazioni convertibili, strumento asimmetrico rispetto al mercato in quanto permette di partecipare parzialmente ai rialzi dei mercati ma con un profilo molto più prudenziale nelle fasi di discesa, corporate bond, bond dei Paesi emergenti, e obbligazioni espresse in valuta diversa dall’euro». Sulle opportunità di questa fase delicata di mercato, Cervelli non ha dubbi: «Se il sistema Italia sarà in grado di fornire una pronta risposta sul tema della manovra, meglio se anticipandone l’ingresso, i Bot e i Cct possono fornire ottimi risultati in termini di rischio-rendimento». Niente panico, quindi, ogni crisi nasconde numerose possibilità per guadagnarci.