Corno d’Africa, un’altra emergenza invece di fare prevenzione

Corno d’Africa, un'altra emergenza invece di fare prevenzione

Siccità, scarse pioggie e raccolti e desertificazione per motivi climatici. Risultato: un intera regione in ginocchio con oltre 100mila sfollati somali giunti a Mogadiscio negli ultimi due mesi in cerca di cibo, acqua, riparo e assistenza umanitaria dopo la fuga dalle zona colpite dalla carestia. L’epicentro di questa crisi degenerata in emergenza umanitaria che tocca 11,6 milioni di persone in tutto il Corno d’Africa, è nella zona sud della Somalia.

«Il numero degli sfollati sta crescendo di giorno in giorno, con arrivi giornalieri di media di mille persone a luglio», ha detto da Ginevra Vivian Tan, portavoce dell’Alto commissario Onu per i rifugiati. L’Onu e le agenzie umanitarie hanno inviato circa 1,6 miliardi di dollari in aiuti per assistere i milioni di persone colpite dalla crisi umanitaria. Una situazione resa ancora più complicata per la Somalia che non ha un vero Stato e un vero Governo, lacerata com’è dagli scontri tra i signori della guerra, e, tra questi, i miliziani Al Shabaab legati ad Al Qaeda.

Anche per le organizzazioni umanitarie è impossibile l’acceso al Paese. Ora gli aiuti della comunità internazionali si stanno concentrando nei campi profughi al confine con il Kenya, in particolare il campo di Dadaab che si sta «gonfiando» quotidianamente di gente che arriva dal sud Somalia. La parte difficile è portare cibo ed aiuti dentro l’ex colonia italiana. Oggi intanto si è chiusa la conferenza della Fao (l’Organizzazione per l’alimentazione e agricoltura dell’Onu) a Roma sulla siccità e la carestia in quella regione. La comunità internazionale continua – nonostante le buone intenzioni – ad avere difficoltà ad avviare il ponte aereo di aiuti alimentari del Pam (Programma alimentare mondiale) per la Somalia.

Un primo velivolo dell’agenzia dell’Onu con 14 tonnellate di viveri ad alto valore nutrizionale avrebbe dovuto partire oggi da Nairobi (Kenya) ma, per non meglio precisati problemi di dogana, il volo è stato rinviato a domani. Altri aerei dovrebbero poi partire successivamente, sempre per Mogadiscio, ma anche per la città etiope di Dolo e quella keniota di Wajir, lungo la frontiera con la Somalia. Al di là dell’annuncio, consistenza e modalità esatte del ponte aereo sono ancora da precisare. Le derrate alimentari ferme in Kenya, dovrebbero essere depositate sulle piste dell’aeroporto di Mogadiscio e prese in consegna dagli uomini del fragile governo di transizione somalo.

Intanto una voce fuori dal coro dell’emergenza del Corno d’Africa è sollevata dalla Ong italiana Manitese, impegnata in Kenya e Sudan con progetti di sovranità alimentare. «Non è una negazione dell’emergenza che c’è nel sud Somalia- spiega a Linkiesta Elias Gerovasi responsabile della cooperazione di Manitese – ma nel Corno d’africa si tratta di un problema endogeno dove questa situazione si ripete tutti gli anni. Occorre lavorare per la prevenzione con progetti di sostegno all’agricoltura e ai sistemi di irrigazione, progetti che possono aiutare ad aumentare la produzione e diversificare il proprio sostentamento con altre attività». Perché l’allarme lanciato dalla Fao con il vertice d’emergenza raccoglie l’allarme dei grandi media, e di conseguenza aiuti e finanziamenti dei Paesi ricchi arrivano a pioggia, spesso con scarsi effetti. Col sospetto che si cerchi di creare un’emergenza per far muovere i Paese membri e i grandi donatori. 

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