Italia e Slovenia hanno di recente firmato un accordo: il nuovo tracciato della Tav passerà da Monfalcone ad Aurisina e poi su per il Carso fino a Divaccia, percorso non molto difforme da quello attuale. Per fortuna è stato abbandonato un demenziale tracciato cittadino che avrebbe sfiorato Trieste e sconvolto la Val Rosandra, dove scorre l’unico corso d’acqua superficiale dell’intero Carso. Chi litiga parecchio invece è il Veneto, che anziché far passare la ferrovia accanto all’A4, sembrerebbe optare per un percorso a U, in modo da portare i treni superveloci alle spalle delle spiagge di Jesolo e Caorle (ma sono poi sicuri che li faranno fermare?). Fin qui, più o meno, tutto regolare (anche se le scritte No Tav non mancano neppure al confine orientale e dal novembre scorso il dissenso si è organizzato in movimento).
Quel che risulta davvero frustrante è constatare in quale stato sia ridotto uno dei più importanti nodi ferroviari dell’Impero austroungarico, con due linee che congiungevano Trieste a Vienna, con vari treni che univano ogni giorno il più importante porto dell’Impero alla sua capitale (i contadini istriani caricavano frutta, verdura, vino e formaggio nel pomeriggio a Trieste e la mattina dopo erano in vendita nei mercati di Vienna). Grazie alle due linee ferroviarie (Meridionale e Transalpina) nel 1913 il porto di Trieste acchiappa il record di 5 milioni e mezzo di tonnellate di merci trattate, livello nuovamente raggiunto soltanto cinquant’anni più tardi.
La Transalpina (che in realtà si spingeva fino a České Budějovice, patria della birra Budweiser, oggi in Repubblica ceca) nel suo tratto sloveno – che transita per Nova Gorica e la valle dell’Isonzo – è oggi ridotta a una linea secondaria, mentre la sua stazione triestina è diventata un museo (Museo ferroviario di Campo Marzio). Insomma, i binari esistono ancora, ma i treni non ci vanno quasi più. Notare che la costruzione di questa linea era stata decisa nel 1901, terminata nel 1909, e dopo soli quattro anni il traffico merci a Trieste aveva fatto il botto.
La Meridionale (che era statale, mentre la Transalpina era privata) era stata completata nel 1857, grazie alle realizzazioni di uno dei più geniali costruttori di ferrovie di tutti i tempi, Carlo Ghega, ingegnere veneziano, completamente sconosciuto nel suo paese d’origine (l’Italia), capace di costruire il viadotto del Semmering, una delle più ardite costruzioni ferroviarie del continente europeo (tutt’oggi utilizzato dalle ferrovie austriache). Un altro viadotto di Ghega, quello di Barcola, è ancora ai nostri giorni usato dai treni da e per Trieste, mentre quello di Borovnica, in Slovenia, è stato distrutto durante la Seconda guerra mondiale (ce n’è un altro ad Aurisina, dove transitano solo i pochi treni diretti oltreconfine).
La linea, che da Trieste andava a Lubiana, Maribor, quindi Graz e Vienna, è ancor oggi in teoria utilizzabile. Invece non c’è più un solo treno che da Trieste vada Lubiana. Il Lubiana-Venezia è stato abolito dopo pochi anni di esercizio (sembra perché alle Fs – anzi, Fsi, Ferrovie dello Stato italiane, come sono state ribattezzate da pochi giorni – non importava nulla di quel treno operato dalle Ferrovie slovene), mentre la tratta è attualmente percorsa da un solo treno passeggeri, notturno, che ci mette quasi due ore per andare da Opicina, ultima stazione italiana, a Lubiana (ma quando esisteva, il Trieste-Lubiana impiegava 3 ore e mezzo per coprire i 90 chilometri di distanza tra le due città).
Lasciando perdere che la linea Trieste-Fiume (Rijeka) non è più utilizzata dal 1991, ovvero da quando è scoppiata la guerra nell’ex Jugoslavia, e che da sempre mancano cinque (cinque!) chilometri di binari per unire i porti di Trieste e Capodistria (mai costruiti prima per ragioni di Guerra fredda, poi perché la destra triestina è sempre riuscita a rintuzzare ogni tentativo di integrazione transconfinaria, infine perché gli sloveni si sono potenziati le loro ferrovie e il loro porto senza aspettare le paturnie italiane), la desolazione più completa ci coglie quando si cercano nell’orario ferroviario i collegamenti internazionali tra l’Italia e Vienna via Tarvisio.
Una premessa: questa linea è stata cominciata dagli austriaci a metà Ottocento e dopo il passaggio del Friuli all’Italia (1866) è stata completata dagli italiani. Entrata in esercizio nel 1879, la Pontebbana si ricollegava alla Meridionale all’altezza di Tarvisio (rimasta austriaca fino al 1918). Danneggiata dal terremoto del Friuli del 1976, la linea è stata completamente rifatta nel segmento da Carnia a Tarvisio, con i lavori ultimati soltanto nel 2003.
Ebbene, sapete quanti treni passeggeri internazionali transitano per questa tratta ferroviaria che non ha ancora compiuto dieci anni? Uno. Desolatamente e malinconicamente uno soltanto. Si tratta di un convoglio notturno (pure questo!) che ci mette oltre nove ora a unire Udine a Vienna perché lo fanno passare da Salisburgo. E il motivo non è la mancanza di passeggeri: le ferrovie austriache, infatti, hanno istituito un servizio di pullman che, tre volte al giorno, fanno andata e ritorno da Klagenfurt a Venezia. Nota bene: autocorriere sostitutive che contribuiscono a intasare la A4, mentre le rotaie nuove di palla sono usate solo da qualche mesto treno regionale. Gli autobus a due piani sono sempre affollati, tanto che le Öbb stanno pensando di mettere pure un treno operato da loro in concorrenza con Fsi, come già fanno sulla linea del Brennero.
Il corridio numero 5 da Lisbona a Kiev transiterà per le due zone più attive e ricche dell’Italia, il Nordovest e il Nordest. In questa seconda, la rete ferroviaria, nella sua parte orientale, è grossomodo ancora quella voluta ai tempi di Francesco Giuseppe, ma utilizzata incommensurabilmente meno di allora, mentre l’ininterrotta colonna di camion che occupa stabilmente la corsia di destra del tratto Venezia-Trieste dell’A4 (talvolta innescando tragici incidenti) suggerisce che c’è qualcosa di sbagliato nella gestione dei traffici tra l’Italia e i l’Europa centrale. Anzi, più che sbagliato, sarebbe meglio dire, demenziale.