Ecco perché la patrimoniale non è la soluzione

Ecco perché la patrimoniale non è la soluzione

Seguo da mesi la questione relativa alla patrimoniale e le relative soluzioni proposte, e questi sono i miei dubbi:
1) La questione centrale è che il mercato immobiliare non è liquido mentre la gran parte dell’aumento di “ricchezza” su cui tutti fanno conto è per 2/3 la conseguenza di un aumento dei prezzi. Prova ne sia le difficoltà di mettere sul mercato qualunque appartamento che non sia di buon qualità e dai 100 metri quadri in su. Questa è ricchezza di panna montata.
2) La soluzione della crisi in corso è una questione globale che coinvolge non solo l’Italia, ma anche (almeno) l’Europa. Se almeno l’area euro non si muove in direzione di un’area monetaria ottimale, anche sul piano politico, non si fa molta strada.
3) La questione di fondo che è in gioco è la libertà di movimento dei capitali finanziari: la libertà è un bene prezioso, forse il più prezioso, soprattutto a livello personale, ma non può andare a danno della libertà di altri (come ben ci ricordano filosofi e politici). Togliamo le esternalità pecuniarie dalla libertà di movimenti dei capitali.
4) Rimane vero che esiste in Italia un rilevante stock di ricchezza finanziaria, che prende la strada dei “portafogli”, anziché quella degli investimenti produttivi diretti, all’interno o all’estero: ma ciò ha a che fare con la necessità di ridare orizzonti all’imprenditorialità italiana. E forse è la questione di fondo del Paese e della crescita.
5) Nell’immediato, dalla crisi finanziaria italiana, largamente prevista e che mi appare molto concertata, si esce solo a livello europeo. Molto concretamente ciò che è in gioco è l’euro, molto più che il debito pubblico italiano.
6) Se l’euro svanisse, avremmo un’improvvisa fiammata inflazionistica e una rapida riduzione del debito, non diversamente da quanto avvenuto nel Secondo dopoguerra. Penso che qualcuno coltivi l’idea di varianti “morbide” di questa soluzione (ammesso di uscirne interi).
7) Mettere un’imposta patrimoniale in un Paese dove il 20% dell’economia è sommersa, il 30% incluso il crimine, che al Sud costruisce ovunque senza permessi, con un flusso di capitali che ha già ripreso a muoversi sull’estero, mi sembra una manovra che ricorda l’antico proverbio contadino su stalle e porte e finirebbe per scaricarsi di nuovo sul lavoro, ma questa volta di un Paese stremato che ha già alla spalle un “decennio perduto” e speriamo che sia anche l’ultimo. Aggiungo che ci vorrebbe almeno qualche simulazione più strutturata su questa ipotesi e non solo conti sul tovagliolo: la proposta è semplice e attraente, in linea di principio condivisibile, quanto molto molto rischiosa. 

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