Finire nel mirino di Anonymous può costare molto caro. Letteralmente. Specie se la vittima è una società di web security quotata in borsa, che si lascia sfuggire proprio le informazioni che avrebbe dovuto proteggere. Se il colosso bancario americano Citigroup e le università italiane prese di mira la scorsa settimana hanno fatto spallucce, chi più chi meno, minimizzando la portata degli attacchi informatici di cui sono stati fatti oggetto, lo stesso non può dire la Booz Allen Hamilton, le cui azioni, ieri, hanno perso il 2,3%, scendendo a quota 18.95 dollari, proprio a seguito di un hackeraggio particolarmente ben riuscito.
Proprio ieri gli hacker hanno prelevato dai server di Booz Allen Hamilton, una società statunitense di consulenza e gestione di sicurezza informatica con sede in Virginia, oltre 90mila e-mail e password appartenenti a membri delle forze armate statunitensi, che ormai da 24 ore sono state rese pubbliche on-line dalla legione degli Anonymous. La notizia dell’attacco, rivendicato attraverso i consueti canali dei social network e delle chat pubbliche, ha fatto il giro del mondo in brevissimo tempo. Quello però che non è apparso col dovuto risalto, e di cui si sono accorti forse pochi addetti ai lavori, è che a fianco della beffa che abitualmente condisce ogni attacco hacker, stavolta c’è stato anche un danno economico tutt’altro che marginale.
Uno smacco notevole per una società che, sul suo sito web, si presenta così: «Con un approccio multidisciplinare, Booz Allen offre soluzioni affidabili per la cybersicurezza rivolte ad un ampia gamma di clienti e industrie, consentendo loro di usufruire in tutta sicurezza delle opportunità offerte dalla rivoluzione informatica». Uno smacco che, oltre alla figuraccia internazionale e allo scivolone in borsa, ora rischia di avere ripercussioni pesantissime anche sulle future commesse. Il motivo di questo attacco? Sottolineare ancora una volta che i dati nelle mani delle grandi multinazionali non sono mai al sicuro, e che investimenti da milioni e milioni di dollari in cybersicurezza non garantiscono affatto che questa cybersicurezza tanto decantata sulla carta sia poi davvero efficace.
Qualche ora prima sempre gli Anonimi avevano preso di mira IRC Federal, altra azienda di consulenze che lavora per diverse agenzie federali negli Stati Uniti, tra cui FBI e NASA. «Loro (quelli di IRC, ndr) si vantano delle loro partnership da milioni di dollari con l’FBI, l’Esercito, la Marina, la NASA e il Dipartimento di Giustizia, e vendono i loro servigi all’impero statunitense – si legge nel testo della rivendicazione on-line – E noi abbiamo riempito di pattumiera i loro sistemi, preso possesso delle loro patetiche window box, abbattuto i loro database e le loro e-mail private, e rovinato il loro sito web». Intanto, assieme alle rivendicazioni di ieri, arrivano anche annunci di imminenti nuovi attacchi. Due di loro, in particolare, come assicura Twitter un certo “Sabu”, saranno i più grandi mai messi in atto fino ad ora dalla “Anonima hacker” internazionale.
E’ l’ennesimo segnale di quanto in questo momento Anonymous & co. si sentano particolarmente forti e intoccabili. Tanto da farsi apertamente beffa delle forze di polizia e dei governi di mezzo mondo quando annunciano di aver “decapitato” Anonymous a forza di denunce e arresti. «Non abbiamo capi, tutti i membri di Anonymous operano allo stesso livello» replicano i diretti interessati. «Quelli che sono stati arrestati non sono “pericolosi hacker”, come i media li definiscono, ma persone come voi, arrestate solo perché stavano protestando pacificamente per i loro e i vostri diritti. La nostra protesta – promettono – continuerà più forte che mai».