Dopo la paura di ieri e stamattina, ora Piazza Affari riprende fiato. L’emergenza sul debito italiano non è però finita. Sono sempre di più i commenti ribassisti delle banche d’investimento straniere che rimarcano quanto elevata sia l’incertezza sulla tenuta dei conti pubblici di Roma. Da Credit Suisse a Morgan Stanley, passando per Icap e Merrill Lynch l’opinione è una sola: per Roma la sofferenza è appena iniziata. E dire che, fino a pochi giorni fa, gli stessi istituti di credito ricordavano in coro che l’Italia, nonostante la mole di debito, era al riparo da un contagio della crisi finanziaria europea.
La spinta al ribasso che ha subito la piazza finanziaria italiana negli ultimi due giorni è stata significativa. Secondo i dati di ThomsonReuters, solo nella giornata di ieri sono andati in fumo 16 miliardi di euro di capitalizzazione sui listini italiani. Inoltre, a patire sono stati anche titoli di Stato, i cui rendimenti hanno superato il 6,00%, valore mai toccati dal 1997 a oggi. Lo spread, cioè la differenza, fra i Btp e i Bund tedeschi ha sfiorato i 350 punti base, ovvero il 3,50 per cento. Ma il vero scenario di difficoltà c’è stato oggi, quando sono andati in asta i Bot a 12 mesi. Il rendimento a cui sono stati collocati è passato dal 2,147 al 3,67%, per un totale di 6,75 miliardi di euro rifinanziati.
L’opinione per ora più negativa rimane quella di Credit Suisse. Il suo analista Will Porter, in un report uscito stamattina, ha paragonato il trend dietro al debito italiano a quello di un Collateralized debt obligation (Cdo), un’obbligazione strutturata contenente diversi asset cartolarizzati. Secondo la banca elvetica lo stock di debito di Roma, circa il 120% del Prodotto interno lordo secondo i dati del Fondo monetario internazionale, potrebbe rivelarsi un fardello soprattutto per l’Europa. Se per sostenere l’Italia nelle aste dei bond dovesse intervenire anche il fondo salva-Stati European financial stability facility (Efsf), Bruxelles si prenderebbe carico di fatto delle incombenze italiane, non certo poche. Solo nel 2012 andranno in scadenza bond per circa 184 miliardi di euro, mentre nel 2013 saranno 132.
Secondo le stime di ThomsonReuters, nell’orizzonte temporale da oggi a un anno, lo scenario è particolarmente pesante: saranno 340 i miliardi di euro che dovranno essere rifinanziati. «I rendimenti così elevati rendono più difficile per il Tesoro l’entrata sul mercato obbligazionario», spiega una nota di Morgan Stanley. Nello specifico, per la banca americana «è possibile che l’innalzamento dei tassi d’interesse sui titoli di Stato italiani, elemento che ci aspettiamo nelle prossime settimane, metta a rischio la buona riuscita delle prossime aste». Morgan Stanley ricorda infine che «anche con l’approvazione delle misure di austerity, l’Italia rischia di diventare un bersaglio interessante per gli investitori più aggressivi, grazie alla mole del suo debito pubblico e all’incertezza politica che ancora vige». Parole che corrispondono a quelle della londinese Icap Research, che ieri ha lanciato il proprio allarme sul debito di Roma: «In merito a quelli che la stampa definisce attacchi speculativi, c’è poco da aggiungere, sono falsità. Si è trattato più che altro di nervosismo legato al terzo debito del mondo che entra in uno scenario di sofferenza per via di un consolidamento fiscale che non arriva».
Analoga è la visione di Bank of America – Merrill Lynch. Per il colosso finanziario statunitense è ufficialmente «iniziato il percorso di crisi dell’Italia». Il focus dell’ultima relazione sul nostro Paese lascia poco spazio all’ottimismo: «Di questo passo, il costo per il rifinanziamento del debito italiano potrebbe diventare insostenibile nel giro di una settimana, costringendo l’Italia a non entrare più sul mercato». L’analista di BofA che ha curato il report, Athanasios Vamvakidis, avverte l’Italia. «Abbiamo già chiarito che Roma è troppo grande per fallire e troppo grande per essere salvata, ma il deterioramento della situazione può causare uno shock paragonabile a quello di Lehman Brothers», dice l’istituto di credito americano.
Più tranchant, soprattutto in merito alle prossime aste di titoli di Stato in Italia, è Willem Buiter. L’ex membro della Bank of England, ora capo economista di Citi, ha sottolineato senza mezzi termini che «senza l’intervento della Banca centrale europea il collocamento dei bond sarebbe probabilmente fallito». Oggi infatti la Bce ha acquistato una parte dei Bot italiani in emissione per sostenere l’asta. Colpa della troppa paura che i mercati hanno nei confronti di quella che sarà la manovra correttiva di Roma. Per Buiter il timore è che, anche nella prossima tornata di Btp prevista per giovedì, debba esserci l’intervento esterno della Bce. «Se non arriva Francoforte a sostenere l’asta, questa potrebbe facilmente andare deserta», ha spiegato l’economista britannico. In questo caso, si avvererebbe lo scenario peggiore per l’Italia. Lo stesso che il ministro dell’Economia Giulio Tremonti osteggiava nel finale del 2008: «Non possiamo permetterci neanche lontanamente che vada deserta un’asta pubblica di titoli di Stato».