Il fallimento della Grecia costerebbe alla Bce 35 miliardi

Il fallimento della Grecia costerebbe alla Bce 35 miliardi

Il tempo è scaduto. Al termine della riunione dei capi di Stato e di Governo prevista per domani, dovrà essere sul tavolo la soluzione all’impasse ellenica. Stamani i bond con scadenza a due anni di Atene hanno raggiunto un tasso d’interesse del 40%, un livello che definire insostenibile appare riduttivo. I Cds, derivati che fungono da assicurazione contro il rischio di fallimento di un’emittente, sebbene oggi in contrazione, rimangono sui 2500 punti base (dati Markit). Significa che per assicurare 10 milioni di euro in obbligazioni quinquennali elleniche, gli investitori devono pagare 2,5 milioni di euro l’anno.

Tutti gli occhi sono puntati su Angela Merkel. Due giorni fa il cancelliere tedesco è stato duramente criticato dal suo mentore Helmut Kohl, l’artefice dell’unificazione delle due Germanie nel 1989, per la sua indecisione nella gestione della crisi ellenica. Pochi istanti fa, il neoministro delle Finanze francese (dopo la promozione di Christine Lagarde a direttore generale del Fmi, che ieri ha esortato, nell’ambito del Rapporto annuale sull’Eurozona, un’azione più decisa per fronteggiare il contagio greco) Francois Barroin ha sottolineato che si attende un «messaggio forte» e una «soluzione duratura» per contenere la crisi greca, mentre il premier Nicolas Sarkozy in queste ore sta volando in Germania per incontrare la Merkel prima del meeting di domani. Il cancelliere tedesco ieri ha parlato anche con Barack Obama, come risulta da una nota diramata dalla Casa Bianca. Anche gli Usa stanno vivendo giorni di intensi negoziati sull’innalzamento – l’agenzia di rating Moody’s suggerisce l’eliminazione – del tetto al debito federale.

Stamani, il Wall Street Journal ha pubblicato un’indiscrezione secondo cui la proposta francese per evitare il default greco sarebbe l’introduzione di una nuova tassa sulle banche, pari a 30 miliardi di dollari in tre anni: il denaro sarebbe utilizzato come collaterale per garantire i prestiti del veicolo Efsf. Si vedrà se Angela Merkel accetterà una soluzione di questo tipo.

Itanto, in un editoriale apparso oggi sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, un panel di economisti tedeschi consulenti del Governo ha proposto un «Piano B» per la Grecia, che consiste in un taglio del 50% del debito di Atene (dal 160 al 110% del Pil), unito a uno scambio di bond ellenici con obbligazioni emesse dall’Efsf, il fondo di stabilità europeo da 750 miliardi di euro (e con capacità di fornire prestiti garantiti fino a 440 miliardi di euro complessivi) con un valore di mercato della metà del valore nominale dei titoli greci. Non si sa se la soluzione sarà presa in considerazione al Consiglio europeo di domani, sebbene Jurgen Stark, membro esecutivo del board Bce, abbia spiegato che i mercati potrebbero vedere come un “credit event” l’acquisto di obbligazioni elleniche da parte dell’Efsf. 

Poche ore fa, è trapelata la notizia che la Commissione europea avrebbe creato una task force per monitorare trimestralmente i progressi della Grecia nelle riforme richieste a garanzia del pacchetto di aiuti congiunto Ue/Fmi, pari a 78 miliardi di euro complessivi (di cui 50 miliardi in privatizzazioni). Secondo voci vicine allo staff del premier greco, raccolte dalla Reuters, questa sera George Papandreou incontrerà il presidente della Commissione europea Manuel Barroso il quale ha affermato che, in assenza di una soluzione condivisa, «è a rischio il futuro dell’euro». Sul tema, è intervenuto anche il premier spagnolo José Zapatero, dichiarando che «il dibattito non è ancora finito». La Spagna, così come l’Italia, sta vivendo periodiche ondate di panico sui listini domestici, e molti, guardando all’andamento dei tassi d’interesse dei titoli di Stato dei due Paesi, pericolosamente vicini, ritengono che gli investitori istituzionali stiano continuando a liberare i propri portafogli dai titoli di debito italiano e spagnolo.

I piani alti di Eurotower, tuttavia, continuano a non voler sentire ragioni sulla possibilità di un default pilotato di Atene, sebbene ieri Ewald Nowotny, membro austriaco del board esecutivo della Bce, abbia affermato ai microfoni della Cnbc che «un default selettivo e di durata limitata non avrebbe conseguenze negative veramente gravi». Musica per le orecchie del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble che insiste per un riacquisto degli tzatziki bond in scadenza con nuove emissioni a scadenza più lunga: esattamente la mossa che le agenzie di rating interpreterebbero come «default selettivo». 

Il punto, tuttavia, è un altro: se la Grecia va in default, la Bce potrebbe trovarsi costretta a varare un aumento di capitale. Da qui al 2013, lo stock di debito ellenico in scadenza è di 195 miliardi di euro. Una cifra non enorme, se confrontata con i 240 miliardi di debito italiano che andrà ripagato l’anno prossimo. Dal maggio 2010, l’istituto centrale comunitario ha sospeso il giudizio sull’investment grade dei titoli posti a garanzia dei prestiti concessi ad Atene. Il presidente Trichet ha già spiegato più volte che, stando ai Trattati, non è possibile per la Bce accettare come collaterale obbligazioni di un Paese in default. Secondo i calcoli effettuati lo scorso maggio dalla banca d’affari JP Morgan, alla fine dello scorso febbraio l’esposizione di Francoforte sul debito greco era pari a 194 miliardi di euro, rispetto a prestiti per 131 miliardi di euro, ovvero il 68% del nominale.

Di conseguenza, con un taglio maggiore del 32% del debito greco in caso di ristrutturazione, cioè del 50% come sostengono i consulenti del team del ministero delle Finanze tedesco, la perdita per la Bce sarebbe di 35 miliardi di euro. Sull’Irlanda e il Portogallo la riflessione è simile. Anche l’Efsf, tuttavia, potrebbe creare degli squilibri. Per salvare le banche tedesche e francesi, fortemente esposte verso i Pigs, Paesi come la Spagna e l’Italia devono garantire, da qui al 2013, rispettivamente 52,3 e 78,7 miliardi di euro, pur essendo, come nel caso greco, molto meno esposte di Parigi e Berlino (meno di 10 miliardi di euro complessivi per l’Italia rispetto ai 33 della Germania e ai 52 della Francia). Il problema, dunque, non è trovare un accordo sul default selettivo, ma un livello di svalutazione del debito ateniese accettabile per non costringere la Bce a ricapitalizzare.

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