Impresa al Tour sulla montagna di Fausto Coppi

Impresa al Tour sulla montagna di Fausto Coppi

Oggi, al Tour de France, c’era tappa. E, grazie ad Andy Schleck, è stata corsa vera. Si scalava l’Izoard, fra la salita dell’Agnello e il Col du Lautaret, in uno dei giorni da segnare sul calendario del Tour 2011, 189 chilometri fra Pinerolo e Galibier Serre-Chevalier. Schleck, uno degli alter ego di Alberto Contador in questi anni, scatta a cinque chilometri dall’Izoard, dove per primo era passato Iglinskiy dell’Astana, con 1 minuto e 50 di vantaggio sul lussemburghese. Mancano 60 chilometri all’arrivo, un’eternità. E Schleck è uno da classifica, due volte secondo negli ultimi due anni.

Al suo scatto, il gruppo si pianta. Ai piedi dell’ultima salita Schleck e i suoi cinque compagni al comando hanno quasi quattro minuti di vantaggio sul gruppo. Lo stesso gruppo in cui ci sono i migliori, quelli che “fanno classifica” e che lo hanno lasciato partire, battezzando come troppo anticipato il momento dello scatto. Questo è un Tour strano, con tante cadute e un tatticismo sempre più esasperato. Eppure, mentre si avvicinano gli otto chilometri finali, il vantaggio pare essere diventato incolmabile. Quando mancano un po’ più di quindici chilometri al traguardo, la maglia gialla pare destinata ad essere sfilata dalle spalle di Thomas Voeckler, un leader atipico («Io non posso vincere il Tour. E in montagna si può contare soltanto sulle proprie gambe», aveva detto). Uno diverso dai vari Schleck e Contador, gli uomini più attesi in questo 98esimo Tour de France.

Schleck scala il Col du Lautaret, verso l’arrivo più alto della storia del Tour, per prendersi la maglia gialla, oltre alla tappa. E alla fine non ce la farà: Voeckler rimane primo in classifica per 15 secondi. Quarto Ivan Basso e settimo Damiano Cunego, i due italiani da classifica. Crisi per Contador, il vincitore e vincente che piace a pochi, sulle strade del Tour. Nelle statistiche, rimane comunque l’azione del lussemburghese che oggi ha voluto provare un impresa atipica per il ciclismo attuale.

Perchè fin qui arriva la cronaca. Ma l’Izoard non è una montagna qualsiasi. In cima, c’è una doppia targa che ricorda il francese Louison Bobet e Fausto Coppi. Coppi aveva vinto qui nel ’49 e nel ’51, al Tour. Ma, sopratutto, il 10 giugno aveva vinto passando anche per l’Izoard, la diciassettesima tappa del Giro d’Italia 1949, Cuneo-Pinerolo. Ed è proprio in quella tappa che Mario Ferretti iniziò la sua telecronaca con la frase «un uomo solo è al comando; la sua maglia è bianco-celeste; il suo nome è Fausto Coppi». Coppi passerà, primo e solitario, dalla Maddalena, il Vars, l’Izoard, il Monginevro ed il Sestriere arrivando a Pinerolo con un vantaggio di quasi dodici minuti su Gino Bartali. Ai gregari aveva detto di preparare «pane, salame e lanternino».

Altra corsa, altro ciclismo, «Quando oggi, su per le terribili strade dell’Izoard, vedemmo Bartali che da solo inseguiva a rabbiose pedalate, tutto lordo di fango, gli angoli della bocca piegati in giù per la sofferenza dell’anima e del corpo – e Coppi era già passato da un pezzo, ormai stava arrampicando su per le estreme balze del valico – allo rinacque in noi, dopo trent’anni, un sentimento mai dimenticato». A scrivere era Dino Buzzati. E ora avanti con l’Alpe d’Huez.

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