Che le cipolle facciano piangere chi le pela è noto a tutti: che possano far piangere anche uno degli uomini più potenti al mondo, il Primo Ministro indiano Manmohan Singh, è meno evidente ma è sempre più vero. Già indebolito da una serie di scandali di corruzione che vede coinvolti vari esponenti politici della sua maggioranza, Singh deve ora fare i conti col malcontento popolare per l’aumento dei prezzi delle derrate alimentari e in particolare della preziosa cipolla, ingrediente insostituibile della cucina indiana, tanto da avere un peso addirittura di quattro volte superiore a quello delle chiamate telefoniche nel paniere dell’indice dei prezzi (0,18% contro 0,4%).
Le prime tensioni sul mercato delle cipolle si sono registrate alla fine dell’anno scorso– addirittura un aumento del 23% nella settimana del 25 dicembre (che peraltro in India ovviamente vuol dire poco, dato che Natale è celebrato soltanto da una piccola minoranza). Per la prima volta, un chilo di cipolle è arrivato a costare lo stesso prezzo che un litro di birra o di benzina, 65 rupie. Apparentemente la risposta delle autorità non si è fatta attendere – immediata proibizione delle esportazioni per un paio di settimane ed eliminazione di un dazio alle importazioni della preziosa Allium cepa. Suscitando la reazione del governo del vicino Pakistan, che ha a sua volta proibito le esportazioni. E il risultato sembra essere stato immediato – forse anche troppo, dato che a inizio luglio il prezzo della cipolla è abbondantemente sotto le 20 rupie.
Come sempre le cause di tanta variabilità sono un misto di fattori strutturali e comportamenti puntuali degli operatori. Pimpalgaon e Lasalgaon, nel profondo Maharashtra rurale, non hanno forse il potere di evocare l’Oriente misterioso come i mercati delle spezie e della seta, ma per il commercio delle cipolle sono di gran lunga i più grandi mercati in tutta l’Asia. I sospetti si sono subito rivolti sui locali intermediari, accusati di fare incetta del prezioso builbo, ma in realtà alla base dell’impennata di prezzo c’è stato un ben più prosaico episodio di inusuale piovosità nell’ottobre 2010, che ha sconquassato il raccolto, danneggiato le sementi per quello successivo e ridotto la produttività.
L’andamento del prezzo della cipolla in India, con il picco a fine 2010
Sono stati i coltivatori a triplicare il prezzo richiesto ai traders. Piuttosto che reagire subito, le autorità hanno però atteso inizio 2011. Come ha osservato Ashok Gulati, a capo dell’antenna indiana dell’International Food Policy Research Institute di Washington, il primo imperativo sarebbe migliorare le previsioni sul raccolto, instaurare una politica per lo stoccaggio di critical commodities e investire nel processamento di derivati più sofisticati. Nel medio periodo, sembra ineluttabile mettere mano ad una riforma del monopolio dei cosidetti mandis – mercati in cui gli intermediari che acquistano dai produttori in nome dei commercianti sfruttano le asimmetrie informative per propagare le inefficienze del sistema. In una megalopoli come Delhi, per dare un’idea, esiste un solo mercato generale, Azadpur Mandi, con un numero contingentato di operatori cui anche le poche catene di supermercati esistenti in India fanno ricorso. Ovviamente chi vi accede gode di una posizione di privilegio – l’Agricultural Produce Market Committee consente commissioni stratosferiche del 6% – e ha gli strumenti per incidere con ogni tipo di pressione sulla politiche nazionali.
Ma anche i mercati finanziari hanno giocato un ruolo – e del resto i complicati nessi tra finanza e agricoltura sono stati al centro del recente G20 settoriale. L’iniezione di liquidità necessaria per fronteggiare la crisi del 2008/09 si è tradotta in pressioni sui mercati delle commodities, strutturalmente troppo poco profondi per offrire sufficienti opportunità d’investimento agli intermediari. E il mercato della cipolla non è per la mammolette – negli Stati Uniti l‘Onion Futures Act del 1958 proibisce l’intermediazione di contratti a termine, conseguenza del tentativo di due traders, Sam Seigel e Vincent Kosuga, di controllare gli scambi al Chicago Mercantile Exchange.
L’affaire delle cipolle ci racconta di un’India ancora in mezzo al guado, certo di attraversamento periglioso, tra un passato rurale, introverso e povero e un futuro urbano, internazionalizzato e ricco. Soprattutto mostra come sia complesso riformare nella principale democrazia al mondo, dove convivono potentissimi gruppi d’interesse privati, raffinati tecnocrati e masse indigenti che però hanno l’arma del voto per difendere le proprie rivendicazioni, malgrado la corruzione.