La Norvegia piomba in un incubo di morti e attentati

La Norvegia piomba in un incubo di morti e attentati

Norvegia. Terra di petrolio, gas naturale e benessere diffuso. E forse nuovo bersaglio del terrorismo islamico. Sia chiaro: nessuno, al momento, può sapere con certezza chi ci sia dietro l’ondata di terrore che ha investito la Norvegia.
Nel tardo pomeriggio un gruppo terroristico, Ansar al-Jihad al-Alami, aveva rivendicato l’attacco, definendolo una vendetta contro la presenza norvegese in Afghanistan e le vignette (danesi) sul Profeta Maometto; tuttavia in serata è giunta la smentita.
Di sicuro la Norvegia è sotto attacco. Un attacco organizzato, di una violenza mai vista dai tempi dell’invasione nazista, nel 1940: prima le esplosioni a Oslo, poi la sparatoria al meeting dei giovani laburisti sull’isola di Utoya, a 30 chilometri dalla capitale.
Secondo le testimonianze raccolte da Linkiesta, le esplosioni a Oslo sono state molto potenti.
“Il boato si è avvertito anche qui. Non forte come nelle immediate vicinanze, ovviamente, ma si è sentito. – conferma il primo segretario Pierangelo Cammarota, numero due presso l’ambasciata italiana a Oslo (che dista circa un chilometro dal luogo della tragedia) – Si parla di otto feriti e sembra due morti. Ora una persona dell’ambasciata si sta recando all’ospedale per verificare se ci sono connazionali.”

Magari la bomba (perché di bomba si tratta, almeno secondo le autorità locali) aveva come suo obiettivo la sede del principale tabloid del Paese, il Verdens Gang (VG). Un tabloid a grande tiratura, famoso per non guardare in faccia nessuno. Sembra però molto più probabile che l’attentato mirasse al cuore del potere politico norvegese: il Regjeringskvartalet, cioè il quartier generale del governo, sede di molti uffici (incluso quello del Primo Ministro).
“L’esplosione è avvenuta in una zona centralissima di Oslo, dove ci sono gli uffici governativi, tra cui quello del primo ministro e del ministero dell’energia, ma anche la sede del VG. – dice Cammarota.
Fortunatamente lo “statsminister” Jens Stoltenberg, economista cinquantaduenne a capo di una coalizione di centrosinistra, non era nel suo ufficio quando l’attentato ha avuto luogo. E forse era proprio il leader norvegese nel mirino dei terroristi: non a caso al meeting dei giovani laburisti a Utoya era stata annunciata la sua presenza.
L’episodio resta però gravissimo, e non potrà che traumatizzare un popolo abituato, da oltre mezzo secolo, a una stabilità invidiabile. Lo conferma a Linkiesta Eva Lindewall, giovane giornalista svedese che era alla stazione ferroviaria di Oslo al momento delle esplosioni: “È una strana sensazione essere qui. È una città nella paura e nel caos. Tutti sono arrabbiati e sotto shock.”

Con il miglior indice di sviluppo umano del pianeta (2007), e un Pil pro capite inferiore solo a Lussemburgo e Bermuda (2008), secondo i dati della U.S. Energy Information Administration la Norvegia è al dodicesimo posto per produzione di greggio e al quinto per quella di gas. Ma a differenza di altre potenze idrocarburiche, in primis quelle arabe, Oslo ha sempre cercato di usare al meglio i suoi petrodollari, puntando su istruzione, ricerca e un welfare che conosce pochi eguali nel mondo.
Tra le nazioni scandinave, la Norvegia è relativamente aperta verso gli immigrati: secondo i dati Oecd, il 7,3% della popolazione norvegese è nato altrove, contro il 6,8% della Danimarca e appena l’2,5% della Finlandia (ma il 12% della confinante Svezia, e il 10% della piccola Islanda).
Tuttavia, nonostante una tradizione di civiltà, accoglienza e tolleranza, neanche la Norvegia sembra essere immune dal virus del fondamentalismo. Lo scorso anno, proprio nel mese di luglio, la polizia norvegese arrestò tre uomini accusati di preparate “attività terroristiche”: due erano residenti legali, il terzo era naturalizzato norvegese.
“Guardi, chiaramente nulla si può escludere. – dichiara Cammarota – Sappiamo che i Paesi impegnati in operazioni internazionali, come la Norvegia in Afghanistan, sono potenzialmente esposti a un rischio terroristico. Nulla può essere escluso.”
In merito alla possibilità che l’attacco abbia una matrice fondamentalista, Cammarota invita alla cautela. “Non ci sono mai stati episodi evidenti [di fondamentalismo islamico]. È chiaro che qui la polizia norvegese non ha mai fatto mistero del fatto che la possibilità di infiltrazioni di elementi radicali anche negli ambienti musulmani della comunità norvegese non si può escludere.”

Islanda esclusa, la Norvegia è l’unico Paese scandinavo dove non solo al potere c’è il centrosinistra, ma non si è verificata quella deriva populista che ha reso, per esempio, il partito Veri Finlandesi la terza formazione finnica. “A differenza di altri Paesi della regione qui non c’è un vero partito xenofobo. – spiega Cammarota. E alla domanda se l’attentato possa favorire sviluppi simili, la risposta è chiara: “Mi sembra improbabile per la struttura della società norvegese e per il tipo di dibattito politico che c’è qui in Norvegia. È uno sviluppo improbabile. Tuttavia è prematuro parlarne ora.”
Una cosa però è sicura: oggi siamo tutti norvegesi.