«Una donna è come una bustina di thé: non sai quanto sia forte finché non la metti nell’acqua bollente». Christine Lagarde, divorziata, due figli che si vanta di chiamare due volte al giorno, ama ripetere questa battuta di Eleanor Roosevelt. Capelli bianchi, ex campionessa di nuoto sincronizzato, una volta dimenticò di mettersi le scarpe e uscì in ciabatte ma, col suo metro e ottanta, nessuno se ne accorse. La sua brillante carriera ha beneficiato più di una volta degli scandali sessuali, veri e presunti, in cui incappano gli uomini arrapati. E, nel caso della sua ascesa al vertice del Fondo Monetario, anche del fatto che, come ha scritto Sebastian Mallaby sul Washington Post, Obama non è paragonabile a Franklin Delano Roosevelt, quello che di Eleanor fu il marito.
Figlia di un docente di letteratura inglese e di un’insegnante di scuola elementare, ha resistito come ministro delle Finanze di un tipo nervosetto e arrogante come Sarkozy per quattro anni, mentre nella decade precedente Parigi aveva cambiato otto titolari del dicastero. Alle conferenze stampa appare sempre disponibile e gentile, a differenza del suo boss, mentre a Bruxelles tratta il presidente Barroso come il suo cagnolino, ma lo fa con grande garbo ed eleganza. Grazie alla sua svettante altezza, i vertici del G8 erano soprannominati “Bianca Neve e i sette nani”. Fra i suoi trionfi, una classifica dei migliori ministri delle Finanze fatta dal Financial Times nel 2009 che la vedeva saldamente in testa (mentre Tremonti era quinto).
Ora lascia la Francia dopo che il Pil è aumentato dello 0,9% nel primo trimestre, prevedendo una crescita dell’1,5% per il 2011 e con una disoccupazione che, al 9,7%, non è esattamente uno scherzo. Ma soprattutto lascia le banche francesi fra le più esposte insieme alle tedesche verso la Grecia, un fattore che non la renderebbe di per sé la miglior scelta possibile per lo scranno del Fondo Monetario. Quando ha detto che nel caso dell’elezione a direttore generale del Fondo «la nazionalità non dovrebbe importare» ma solo il merito e la competenza, è riuscita a far ridere mezzo mondo. Quando poi i francesi l’hanno difesa dicendo che in un momento di crisi europea occorre un europeo, ha riso l’altra metà del mondo, quella memore che nel 1997, all’epoca della crisi asiatica, nessuno propose un thailandese né nel 2002 si pensò a un argentino.
Ma, appunto, un ruolo importante per l’ascesa di questa 55enne che è stata la prima donna a coprire il ruolo di ministro delle Finanze in Francia e nei paesi G8 lo hanno giocato gli scandali sessuali. Non solo quello fasullo che ha travolto Dominique Strauss-Khan che ora si spera possa utilizzare la trappola che gli hanno teso per candidarsi coi socialisti e mandare a casa quel Sarkozy di cui raccontammo subito gli storici e sospetti rapporti con la polizia di New York. La prima volta di Christine Madeleine Odette Lagarde, nata Lallouette, fu nel 1999 quando venne nominata a capo dello studio legale Baker & McKenzie, una delle più grandi corporate law firm con base a Chicago. Anche in questo caso ci fu lo zampino del testosterone. Cinque anni prima una corte di San Francisco ordinò allo studio legale di pagare 7 milioni di dollari per un caso di abuso sessuale.
L’accusa era di aver saputo dei problemi ormonali del partner Martin Greenstein ma non aver fatto nulla. L’impiegata della sede di Palo Alto Rena Weeks lo accusò di diverse molestie fra cui di averle toccato il seno mentre le versava M&Ms nel taschino della camicia. Altre sei dipendenti denunciarono fatti simili. L’anno successivo alla sconfitta in tribunale dello studio Backer & McKenzie, Christine Lagarde fu eletta nel comitato esecutivo, anche in questo caso, unica donna. Quattro anni dopo ne divenne il capo (il 91% dei partner erano uomini).
A parte la spinta che le hanno sempre fornito indomiti ormoni maschili resta un punto politico che è quello denunciato da Mallaby, il quale, oltre a scrivere sul Washington Post, è anche analista al Council on Foreign Affairs che ha storicamente un ruolo di prezioso consigliere dell’Amministrazione. La scelta della Lagarde, ha scritto Mallaby, è decisamente sbagliata perché «come ministro delle finanze è stato al centro del fallimentare approccio alla crisi» greca. Già DSK, con gli occhi fissi sull’Eliseo, era troppo vicino a Parigi e Berlino ma la Lagarde «è l’ultima persona a cui uno si rivolgerebbe per avere consigli freschi e indipendenti». Alla conferenza di Bretton Woods, John Maynard Keynes espresse una serie di dubbi sulla creazione di un’istituzione che metteva attorno al tavolo 44 governi, ma Roosevelt fece spallucce davanti a quella che venne letta come arroganza degli europei. Questa volta, attacca Mallaby, Obama non ne ha avuto il coraggio. Spianando la strada all’idea che a curare il continente più malato non sia un medico ma un paziente.