Il nervosismo dei mercati finanziari si sta abbattendo sull’Italia. Piazza Affari, dopo un’avvio contraddistinto da pesanti perdite, vicine al 2%, ha cercato di riprendersi, ma nel finale è arrivato il tracollo, fino a quota 3%, salvo poi riprendersi parzialmente e chiudere a meno 2,47 punti percentuali. A fine seduta il listino principale, il Ftse/Mib, sembrava un bollettino di guerra. Sospinta al ribasso dai titoli bancari, con Intesa Sanpaolo in calo fino a sfiorare il 9% e UniCredit a ridosso del 7%, la Borsa di Milano ha registrato una delle peggiori performance dell’anno. Inoltre, ha ripreso a crescere la pressione sui titoli di Stato. Lo spread fra Btp e Bund tedeschi è tornato sopra quota 280 punti base, con il rendimento dei titoli decennali italiani al 5,70 per cento. Missione fallita.
Il Consiglio europeo di giovedì scorso aveva un solo obiettivo: dare un segnale forte agli investitori e arginare il contagio della crisi dell’eurodebito. Non è stato così. Il pacchetto di salvataggio per la Grecia, che comprende anche un potenziamento del fondo salva-Stati European financial stability facility (Efsf), ha avuto il suo effetto tranquillante solo nella giornata di venerdì, quando la forchetta di rendimento fra Btp e Bund tornò sotto quota 220 punti base. È bastato un weekend per riportare al ribasso tutto il segmento bancario italiano. Da Intesa a UniCredit, passando per Banco Popolare, Monte Paschi di Siena e Ubi, i titoli degli istituti di credito listati sul Ftse/Mib sono stati fra i più scambiati nei mercati europei. L’incertezza intorno alla questione ellenica e al debt ceiling statunitense hanno aumentato l’avversione al rischio negli operatori finanziari, che hanno continuato a ritoccare la loro esposizione su quello che è considerato il prossimo Paese europei sulla lista dei sofferenti, l’Italia.
A pesare su Intesa Sanpaolo è stato anzitutto il taglio del target price da parte di J.P. Morgan. La banca statunitense ha infatti ridotto il prezzo obiettivo per l’istituto guidato da Corrado Passera, portandolo da da 3,05 a 2,10 euro. I timori sul futuro del gruppo, unito al crescente rischio Paese dell’Italia, hanno convinto gli analisti della banca di Wall Street ad abbassare le prospettive di crescita. Dopo aver perso quasi il 9%, solo nel finale il titolo ha chiuso contraendosi attorno a quota -8,4 per cento. Allo stesso modo, anche UniCredit è al centro delle chiacchiere nelle sale operative per via di un eventuale aumento di capitale entro la fine dell’anno. Secondo diverse fonti bancarie, Piazza Cordusio avrebbe bisogno di raccogliere dai 6 agli 8 miliardi di euro per far fronte alle svalutazioni di bilancio che dovranno essere apportate nel 2011. Nonostante se ne parli da tempo, l’amministratore delegato Federico Ghizzoni ha più volte smentito ogni indiscrezione.
I mercati finanziari, tuttavia, non danno credito alle parole del numero uno di UniCredit e continuano a utilizzare una strategia ribassista sul titolo italiano. Sul versante dei mercati secondari, non c’è stata pace per il debito italiano. Il differenziale di rendimento fra il decennale tedesco e quello di Roma è ritornato sopra quota 278 punti base, sintomo dell’incertezza che gli investitori hanno in merito alla congiuntura del Paese. Domani potrebbe anche essere peggio. Il Ministero dell’Economia ha deciso di cancellare le aste di titoli di Stato previste inizialmente per metà agosto. Secondo il Tesoro sarebbe elevata la disponibilità di cassa, tale da rendere inutile scendere sui mercati con tassi d’interesse così elevati. Lo stress è continuato anche sul prezzo dei Credit default swap (Cds), cioè i derivati che proteggono dal fallimento di un titolo, ha ripreso a salire. Alla chiusura di venerdì erano a quota 254 punti base sulla piattaforma Markit. Oggi hanno toccato i 276 punti. I Cds su Intesa Sanpaolo sono andati di pari passo con quelli su debito, passando dai 211 punti di venerdì ai 216 di oggi. E per domani, l’impressione è che bisognerà attendersi un’altra giornata di passione a Piazza Affari.