Un 2011 da ricordare per i De Benedetti. La Cir, holding che raggruppa le attività imprenditoriali di famiglia e controllata da Cofide, che a sua volta fa riferimento alla Cdb&Figli Sapa – cassaforte dell’Ingegnere e dei figli Rodolfo, Marco ed Edoardo – potrebbe chiudere l’anno finanziario con un debito ridotto di un quarto. Se l’ammontare della somma richiesta oggi dai giudici milanesi d’appello vale il 20% del patrimonio netto di Fininvest, i 540 milioni di euro corrispondono pure a un terzo della capitalizzazione di borsa di Cir al primo trimestre 2011, pari a 1,487 miliardi di euro.
Un gruppo industriale da quasi 13mila dipendenti e 4,8 miliardi di euro di fatturato, attivo in quattro settori: media (Gruppo Espresso), elettricità e gas (Sorgenia) sanità privata (Kos) e componentistica per auto (Sogefi), che sul bilancio 2010, approvato lo scorso 29 giugno, ha iscritto un utile netto di 56,9 milioni di euro, quasi due terzi in meno rispetto al 2009: 143 milioni di euro. Derivanti però da plusvalenze, disinvestimenti e dalla sottoscrizione dell’aumento di capitale di Sorgenia da parte di Verbund, l’Enel austriaca. A fronte di un utile sostanzialmente in linea con il 2009, il fatturato è in crescita del 12,6% sul 2009 a 4,8 miliardi di euro e un margine operativo lordo di 400 milioni, +35% anno su anno, un patrimonio netto di 2,5 miliardi di euro e debito pari a 2,1 miliardi di euro.
In riferimento al 31 dicembre 2010, la partecipazione in Sorgenia veniva valutata (vedi presentazione agli analisti dello scorzo marzo) 586,7 milioni di euro, nel Gruppo Espresso 296,4 milioni, in Sogefi 113,3 e in Kos 100,3 milioni di euro. Alla capitalizzazione di cui sopra contribuisce inoltre Jupiter, società specializzata negli investimenti in crediti problematici (2,3 miliardi nominali under management) e altri asset.
Da sola, Sorgenia – debito pari a 1,7 miliardi di euro al 2010 – pesa più del triplo rispetto all’indebitamento delle altre partecipazioni, pari a, rispettivamente, 135 milioni per il Gruppo Espresso, 165 milioni per Sogefi, 189 milioni per Kos, più altri 63 milioni di euro non specificati nel dettaglio. Sorgenia, però, risulta anche la divisione più redditizia di Cir, con un fatturato di 2,6 miliardi di euro, ebitda di 151 milioni (+28,2% sul 2009) ma utile in calo a 50 milioni di euro rispetto ai 66 del 2009. Colpito da un piano di riduzione dei costi “lacrime e sangue” da 140 milioni di euro, il Gruppo Espresso ha incrementato il margine operativo lordo del 38% sul 2009, a quota 147 milioni, decuplicando l’utile, dai 5,8 milioni del 2009 ai 50 milioni di euro del 2010, per un fatturato che sfiora i 900 milioni di euro. Sogefi è ritornata all’utile (18 milioni di euro) dopo aver archiviato il 2009 con una perdita di 7,6 milioni di euro, un ebitda di 86,7 milioni di euro, raddoppiato rispetto all’esercizio precedente, e fatturato che sfiora il miliardo di euro. Incremento del margine operativo lordo a quota 42,1 milioni di euro (+27,5% sul 2009) e del fatturato (325,4 milioni di euro, +19% sul 2009) anche per le cliniche Kos, che hanno chiuso l’anno con un utile netto di 4 milioni di euro, in linea con il 2009. Come recita una nota a margine del bilancio, al momento della chiusura dei conti non era ancora nota la decisione dei giudici d’appello sul Lodo Mondadori.
La performance del titolo in Piazza Affari – curiosamente, Cir ha concluso la seduta di ieri a più 1,76% a quota 1,78 euro per azione, nonostante il crollo verticale di Piazza Affari (-3,47%) – finora è andata in controtendenza rispetto al Ftse Mib, il paniere dei titoli italiani ad elevata capitalizzazione, guadagnando il 31,7% rispetto a un corrispondente calo dell’indice, negli ultimi 6 mesi, del 7,6 per cento. L’esatto contrario, i titoli della galassia Fininvest, che non è quotata: Mondadori da gennaio a oggi ha ceduto il 12,7%, Mediaset il 32,2% e Banca Mediolanum il 5,8 per cento. Il multiplo debito/ebitda di Cir, inoltre, è di 0,5 volte, un livello considerato non elevato dagli analisti, mentre al 31 dicembre scorso Cir quotava 8 volte gli utili. Tradotto: “hold” o “buy”, cioè mantenere in portafoglio o comprare, sono questi i giudizi delle banche d’affari sul titolo. A maggior ragione dopo la sentenza odierna.