Dal Piemonte alla Francia, i treni nucleari fanno paura. Ma il Tar del Lazio respinge le richieste dei consiglieri regionali del Movimento cinque stelle Fabrizio Biolè e Davide Bono. I due politici, insieme con la Federazione di ProNatura e il sindaco di Villar Focchiardo (uno dei comuni attraversati dalle scorie) hanno contestano il mancato recepimento delle direttive europee Euratom da parte dell’Italia in tema di informazione preventiva alla popolazione in caso di trasporto di scorie nucleari.
Nel merito, il 14 maggio scorso, il Tar del Piemonte si era dichiarato non competente in materia perché l’impugnativa coinvolge anche provvedimenti di natura nazionale ed aveva quindi «girato» al Tar di Roma lo specifico pronunciamento.
La vicenda legata ai trasporti nucleari è iniziata il 6 febbraio scorso, quando venne effettuato il primo di dodici trasporti di scorie nucleari da Saluggia (in provincia di Vercelli, 40 Km ad est di Torino dove si trovano gran parte delle scorie made in Italy) verso l’impianto di riprocessamento di La Hague in Francia, gestito dalla multinazionale energertica Areva.
Una volta varcato il confine, le scorie vengono inviate a centri speciali di trattamento, dove vengono messe in sicurezza e poi riportate in Italia. Questo programma di smaltimento dovrebbe esaurirsi entro il febbraio 2012. In Francia avviene il riprocessamento: una tecnica di trattamento del combustibile irraggiato usato nei reattori nucleari che consiste nella separazione dei suoi elementi costituenti: uranio, plutonio ed attinidi minori con i prodotti di fissione, recuperando nuovo combustibile fissile.
All’alba del 6 febbraio cittadini e associazioni ambientaliste improvvisarono un presidio spontaneo alla stazione di Condove (in provincia di Torino) contro quella che è ritenuta una forzatura sulla sicurezza. Dopo il passaggio del convoglio con le scorie, la circolazione fu bloccata per due ore dai manifestanti che denunciarono anche cariche della Polizia e schedature dei partecipanti. Da lì la decisione di chiedere un parere legale dal quale emerse che i trasporti su suolo italiano, a differenza delle tratte percorse in altri paesi, erano fortemente viziati dalla mancanza totale di informazione preventiva alla popolazione dei comuni interessati dal passaggio dei treni, circa 130 km da Saluggia al confine con la Francia attraverso piccoli e grandi centri.
Nasce in questo modo la decisione di ricorrere al Tribunale amministrativo impugnando il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri numero 44 del 2006, la delibera della Giunta Regionale 25-1404 del gennaio 2011 ed i piani di emergenza provinciali stilati e diffusi dalle Prefetture per recepire appieno le Euratom in materia di trasporti nucleari. Intanto lo scorso 8 maggio, prima dell’udienza al Tar Piemonte, è partito un secondo trasporto: da Saluggia lungo la ferrovia della Val di Susa, fino ad arrivare al confine. Un trasporto a rischio, secondo il Movimento cinque stelle «sempre senza che alcun provvedimento in merito all’informazione preventiva fosse stato nel frattempo preso a livello regionale o nazionale». Che precisano che «non è mai stata nostra intenzione interrompere il transito dei treni”nucleari”, anche perché conosciamo i rischi potenziali in caso di interruzione del trasporto, ma proprio per la potenziale pericolosità del materiale, riteniamo doverosa la massima trasparenza verso la popolazione piemontese».
A ribattere in Consiglio regionale, a stretto giro di posta, l’assessore all’Ambiente Roberto Ravello: «le operazioni di allontanamento del combustibile sono avvenute rispettando i migliori standard in termini di sicurezza e modalità di trasporto e per quanto riguarda l’informazione alla popolazione- si legge in una nota dell’8 febbraio- la normativa non prevede un’informazione preventiva ma la tempestiva informazione in caso di incidente». Ora la decisione del Tribunale amministrativo che boccia il ricorso riconoscendo «la sicura prevalenza dell’interesse pubblico ad effettuare le attività di trasporto». Un’altra protesta in vista per la Val di Susa?