Olof Palme, il primo sangue sull’asfalto scandinavo

Olof Palme, il primo sangue sull’asfalto scandinavo

Un uomo sui 35-40 anni, alto un metro e 80, capelli neri, carnagione scura, pantaloni grigi, berretto di pelo con i copriorecchi sollevati e giaccone blu, spara al primo ministro svedese. È il 28 febbraio 1986. Olof Palme stava camminando a braccetto della moglie Lispeth per la Sveavägen, una delle strade centrali di Stoccolma. La coppia era appena uscita da un cinema dove aveva visto I fratelli Mozart, film della regista svedese Suzanne Osten. La scorta in quel momento non c’era. «Olof amava la sua libertà, e spesso mandava via la scorta armata e facevamo vita uguale a quella degli altri», dichiarerà più tardi la moglie per giustificare quell’assenza che tanto farà discutere. La coppia percorre un centinaio di metri nella rigida notte svedese – dieci gradi sottozero – quando alle loro spalle si avvicina l’assassino. Lispeth dichiarerà di aver sentito urlare, ma di non aver capito cosa l’uomo dicesse. Poi il secco rumore dei colpi. Olof Palme cade, trafitto alla schiena; cade anche la moglie e in un primo tempo si pensa che sia stata ferita pure lei. Alla scena assistono due ragazze che chiacchieravano all’interno della loro auto parcheggiata lì vicino, e un tassista. È lui a chiamare la polizia con la radio del suo taxi. Saranno loro a ricostruire la dinamica dell’omicidio.

La scena dell’uccisione di Olof Palme, sulla Sveavägen, nel pieno centro di Stoccolma

Gli agenti arrivano in quattro minuti e non appena si rendono conto che l’uomo steso a terra è Olof Palme danno l’allarme. Immediatamente vengono messi sotto sorveglianza tutti i posti di frontiera del Paese scandinavo. Il primo ministro entra in sala operatoria alle 23.42 del 28 febbraio. Alle 00.06 del 1° marzo, muore. Fin qui è tutto chiaro. Da qui in poi non sarà chiaro più nulla. Non solo il delitto ancor oggi è irrisolto, ma non è mai stata nemmeno trovata l’arma con cui l’assassino ha sparato, una Smith&Wesson 357 Magnum.
Una premessa: Olof Palme era un personaggio ruvido e potevano essere in molti ad avercela con lui. Capo intransigente della socialdemocrazia svedese, primo ministro dal 1969 al 1976 e poi di nuovo dal 1982, dopo un periodo di governo conservatore, Palme non risparmia critiche a nessuno. Se la prende con l’Urss, con le dittature comuniste, con la Spagna di Francisco Franco, con il Sudafrica dell’apartheid. Finanzia l’African National Congress di Nelson Mandela e l’Olp di Yasser Arafat. Nel 1968 provoca una crisi diplomatica con gli Stati Uniti: partecipa a una manifestazione a Stoccolma contro la guerra del Vietnam assieme all’ambasciatore del Vietnam del Nord. Washington subito dopo ritira il suo, di ambasciatore. Appoggia i movimenti di liberazione del terzo mondo ed è il primo leader occidentale a visitare Cuba nel 1975. Per questo del suo omicidio saranno accusati via via un po’ tutti: Kgb, Cia, servizi segreti sudafricani, curdi, banda Baader-Meinhof, e chi più ne ha più ne metta.

Due anni dopo il delitto viene arrestato Christer Pettersson, un delinquente svedese di mezza tacca, tossicodipendente, che al processo di primo grado si becca una condanna per l’omicidio di Olof Palme. Nel processo d’appello viene però assolto (di recente si è di nuovo attribuito la responsabilità dell’omicidio, ma sulla sua lucidità mentale in pochi sarebbero disposti a scommettere).
Le indagini seguono prima la pista curda, sponsorizzata da puntuali operazioni di disinformacija messe in atto dal Kgb, per poi rivolgersi verso quella sudafricana. Quest’ultima è stata rilanciata più di recente dall’autoproclamato sicario Athol Visser, soprannominato Ivan il Terribile, che nel libro Devil Incarnate si dichiara coinvolto nell’eliminazione di nemici interni ed esterni al regime organizzata dal governo presieduto da Piet Botha (poi divenuto presidente). Ha ucciso per la prima volta a 16 anni, per l’ultima a 60; la Commissione per la verità e la giustizia lo ha riconosciuto colpevole di numerosi omicidi e sospetto di parecchi altri. Pur essendo emersa a suo carico la preparazione di un attentato nel 1989 contro il finlandese Martti Ahtisaari, al tempo Alto rappresentante Onu in Namibia (mai attuato perché Ahtissari non andò al vertice in cui sarebbe scattato l’agguato) in sede di Commissione non si era parlato della vicenda Palme.

1° marzo 1986. Gli svedesi leggono la notizia choc dell’omicidio del premier Olof Palme

Poteva non entrarci nulla con il delitto del premier svedese la più deviata loggia massonica italiana? No, che non poteva. E infatti nell’aprile del 1990 il quotidiano svedese Dagens Nyheter serve su un vassoio d’argento la pista italiana. Licio Gelli, il gran maestro della loggia P2, avrebbe spedito a un agente della Cia, tre giorni prima dell’assassinio, un telegramma in cui stava scritto: «Dite al vostro amico che l’albero svedese sarà abbattuto». La commissione d’inchiesta svedese vuole vederci più chiaro e afferma che la notizia è di estrema rilevanza. Sul fronte delle indagini sull’omicidio in sostanza non accade nulla, mentre ne succedono di tutti i colori in Italia, alla Rai. Ennio Remondino, giornalista del Tg1, intervista un ex agente Cia, Dick Brenneke. Questi non solo conferma l’esistenza del telegramma, ma dichiara che la Cia finanziava la P2 per contrabbandare droga in Italia e destabilizzare il Paese. Tutta la faccenda Palme viene accantonata in un batter di ciglia, mentre si scatena la solita tempesta all’italiana: Licio Gelli denuncia la Rai; Francesco Cossiga, all’epoca presidente della Repubblica, scrive una lettera di fuoco al presidente del Consiglio, Giulio Andreotti. Risultato? È tutta colpa dei giornalisti: Nuccio Fava viene rimosso dalla direzione del Tg1, mentre Ennio Remondino è mandato a fare l’inviato di esteri (quella che in qualsiasi tv del mondo è la posizione più prestigiosa, in Italia può essere considerata una punizione).

All’assassinio di Olof Palme si è applicato anche uno dei giallisti svedesi che vanno per la maggiore, Leif GW Persson. Grazie alla sua posizione di ex poliziotto ha potuto leggere una quantità di dossier riservati che chissà se e quando saranno resi pubblici.
«È il caso più complesso e ancora irrisolto che mai si sia presentato», ha dichiarato Persson in un’intervista, «ed è raro che non si trovi la soluzione quando la vittima è una persona di quel livello. Ero curioso del caso, volevo scriverne per scrollarmelo dalla mente. Fu un crimine estremamente semplice, ma talmente perfetto che la verità non è stata ancora scoperta. Il fatto che proprio quella sera Palme avesse ‘licenziato’ le guardie del corpo è quello che mi fa pensare a una cospirazione. Palme fu ucciso per motivi politici da persone che avevano buone informazioni sui suoi giri e sapevano come prenderlo». Però anche Persson svela poco sul possibile sicario.

Il settimanale tedesco Focus proprio nel gennaio 2011 lancia l’ultima pista in ordine di tempo: quella croata. L’assassinio sarebbe stato organizzato da un agente dell’Udba, la polizia segreta jugoslava, tal Vinko Sindičić, che oggi ha 67 anni e vive a Zagabria. Questi viene arrestato nel 1988 in Scozia e condannato a 15 anni di prigione per aver tentato di uccidere il dissidente croato Nikola Štedul. L’assassinio di Palme, dice, sarebbe stato pianificato da Belgrado per poi poterne rovesciare la responsabilità addosso ai dissidenti nazionalisti croati che in quel tempo tanto preoccupavano il governo jugoslavo (non del tutto a torto, visto che Franjo Tudjman, il generale futuro presidente ultranazionalista della Croazia indipendente, era uno di loro). Il killer sarebbe stato un agente dell’Udba che viveva ad Amburgo, tal Ivo D., oggi sessantacinquenne, e l’arma sarebbe stata contrabbandata dagli Stati Uniti alla Svezia via mare. Quando la polizia tedesca era sul punto di fermarlo per poi interrogarlo, nel 2008, Ivo D. si sarebbe rifugiato a Zagabria. Anche questa ricostruzione, come ogni altra, fa acqua da tutte le parti: perché mai la Jugoslavia – leader dei non allineati, quando esistevano – avrebbe dovuto eliminare un premier amico del Terzo mondo e che guardava con simpatia a quel movimento? Infatti la polizia svedese ha dichiarato di esser a conoscenza dell’uomo e di averlo escluso dalle indagini in quanto estraneo ai fatti.
Ultima certezza: il caso Palme è destinato a rimanere irrisolto ancora a lungo.

L’incredibile quantità di rose portate dagli svedesi dopo l’assassinio di Olof Palme

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