La bomba di Oslo e il massacro di Utoya imbarazzano non poco le destre europee. In Olanda è finito sul banco degli imputati Geert Wilders, il leader xenofobo che ha incarnato la critica al multiculturalismo di cui i Paesi Bassi erano un modello (solo ad Amsterdam i gruppi etnici sono circa 140). In diversi passaggi del memoriale di Anders Behring Breivik compare proprio il nome di Wilders e del suo documentario Fitna, dal contenuto apertamente islamofobo. Sul sito conservatore norvegese Minerva, Breivik aveva scritto che il Partito per la Libertà olandese (Pvv) di Wilders sarebbe uno dei pochi «a potersi proclamare autenticamente conservatore». Un endorsement di cui l’olandese avrebbe fatto volentieri a meno e al quale ha subito risposto dicendo che il suo partito «condanna fermamente tutto quello che Breivik rappresenta e ha fatto». Su Twitter poi Wilders ha parlato di «orribili attacchi», di «vittime innocenti» definendo Breivik «una persona violenta e malata».
Ma ovviamente non è finita lì. Sempre su Twitter Wilders oggi ha scritto: «quelli di sinistra [… ] stanno cercando di avvantaggiarsi politicamente di una strage. Che schifo. Il Pvv rimane se stesso, riguardo ai contenuti e il nostro tono!». Il problema per lui è che rischia di finire vittima dei suoi metodi. La sua carriera si è infatti basata proprio su quel documentario Fitna dove mostrava alla moviola la gente che si lanciava dalle Torri Gemelle in fiamme. Dopo aver sfruttato in maniera demagogica quei morti, ora teme che la sinistra faccia lo stesso con lui. Job Cohen, leader dei laburisti ha sottolineato come «sia bene capire che le proprie parole hanno un effetto – e questo vale per tutti, Wilders incluso. Possono influenzare le persone e avere un ruolo in molti modi. Wilders non può essere ritentuto responsabile di quello che è successo in alcun modo, ma Breivik ha usato la stessa retorica di Wilders».
Geert Wilders
Il leader del Pvv ha scritto anche un’altra nota in giornata. «Il manifesto dell’attentatore rende chiaro che è pazzo», e ancora «Breivik si riferisce anche all’Olanda. Che la lotta contro l’Islam sia abusata violentemente da uno psicopatico è una cosa riprovevole e uno schiaffo in faccia al movimento globale anti Islam». Il registro del politico olandese è quindi in tutto e per tutto simile al passato e, come ha fatto sapere, non è destinato a cambiare. Wilders, che appoggia il governo di minoranza del primo ministro Mark Rutte, è di recente stato assolto dall’accusa di aver incitato all’odio contro l’Islam, perché le sue affermazioni erano state ritenute «compatibili» con il tenore generale del dibattito pubblico. Proprio la tolleranza da lui così spesso attaccata è quella che gli è valsa l’assoluzione.
La sua figura è quella di un politico che rappresenta un elemento di rottura nella scena politica olandese dominata dal politically correct, ma anche scossa negli ultimi anni da due omicidi, quello del regista Theo Van Gogh (ucciso a causa del suo cortometraggio di denuncia Submission, sulle violenze contro le donne nel mondo musulmano) e quello di Pim Fortuyn (ucciso due anni prima da un uomo che lo accusava di usare i musulmani come «capri espiatori»). Comunque sia la strage di Oslo ha esposto Wilders a delle critiche per via del riconoscimento – indiretto – che Breivik gli ha attribuito, e lo ha posto su una posizione difensiva, come si intuisce da quanto scritto in questi giorni. Si parla anche di legami di Breivik (tutti da approfondire) con il movimento di estrema destra English Defense League in Inghilterra il quale ha scritto un comunicato dove si definisce «completamente ingiustificabile» quanto avvenuto.
Il primo comunicato della English Defence League
La strage di Olso sta quindi iniziando a essere oggetto di discussione negli stessi ambiti verso cui, non si sa ancora con precisione quanto unilateralmente, Breivik guardava con interesse. Così come, nelle oltre mille pagine del memoriale, sono numerose le informazioni raccolte dall’attentatore di Oslo e Utoya, con una tendenza all’enciclopedismo guidato dall’avversione al multiculturalismo e alla cosiddetta ‘‘Eurabia’’, termine citato oltre 100 volte in tutto il testo. Nel disordine di Breivik trovano spazio anche citazioni del blogger norvegese Fjordman che riguardano Oriana Fallaci, così come elenchi dei partiti che avversano l’immigrazione. Proprio sotto questa voce si trova il riferimento alla Lega Nord.
E proprio da un esponente della Lega sono venute affermazioni che hanno destato scalpore, quelle di Mario Borghezio, che si è così trovato a destra della destra più razzista e xenofoba. Alla Zanzara su Radio 24 aveva definito le idee di Breivik «buone e in qualche caso ottime», e ancora «È per colpa dell’invasione degli immigrati se poi sono sfociate nella violenza». L’europarlamentare aveva anche aggiunto: «Sono posizioni che collimano al 100% con molte di quelle espresse dai movimenti che vincono le elezioni tutte le volte che si vota in Europa». Dichiarazioni seguite dalle prese di distanza nette e totali di esponenti di primo piano della Lega come Roberto Calderoli e Luca Zaia, ma anche dalla solidarietà espressa da Francesco Speroni, anche lui europarlamentare del Carroccio. «Sto con Mario Borghezio. Non penso che si debba dimettere: ha fatto delle affermazioni che sono state anche strumentalizzate. Le idee di Breivik sono a difesa della civiltà occidentale». Dopo, ma solo dopo, sono arrivate le scuse di Borghezio, che ha anche annunciato di «mettersi a disposizione» della Procura di Milano, che ha aperto un’inchiesta sulle sue dichiarazioni. E comunque la Lega si guarda bene dal cacciarlo a pedate dopo dichiarazioni di una tale gravità.
Quale che sarà l’esito di questa vicenda, è ancora presto per valutare gli effetti della strage di Oslo nel mondo in cui Breivik trovava assonanze, tutte da approfondire. Quello che è certo è che la sfida al multiculturalismo ora è invertita. Dopo l’11 di settembre era stata una minoranza non integrata a metterlo in crisi e così è stato gettato alle ortiche da David Cameron, da Nicolas Sarkozy e anche da Angela Merkel. Ora invece si è visto che il pericolo per la società aperta non viene solo dalle minoranze. Il problema è quindi molto più articolato di quello che sembrava finora alle destre populiste che vivono fingendo di dimenticare che per definizione ogni cultura è multiculturale nel suo dna. E l’impatto di quest’inversione delle carte in tavola è ancora tutta da comprendere, soprattutto per chi ha costruito la sua fortuna proprio sull’attacco alla società multietnica.
Il frontespizio del memoriale, firmato con la dicitura «Londra 2011»