In principio fu Roberto Maroni. Il primo leghista a chiedere di spostare il proprio ministero dalla Capitale è stato il titolare del Viminale. Era il 2003, Governo Berlusconi II. Bobo era alla guida del Lavoro e delle Politiche sociali. Altro che Villa Reale di Monza: come sede padana del suo dicastero Maroni aveva scelto il centro storico di Milano. La capitale del Nord.
E il bello è che il 27 gennaio di quell’anno il ministero viene effettivamente trasferito in Lombardia. Non tutto, certo. Ma una serie di uffici: «Quelli che si occupano dei settori in cui le competenze del Welfare e del ministero della Sanità sono più collegate», spiega Maroni durante la presentazione della nuova sede. Curiosamente all’epoca nessuno protesta. Nessuna lettera dal Quirinale per esprimere la «preoccupazione» del capo dello Stato (che all’epoca era Carlo Azeglio Ciampi). Nessuna reazione sdegnata del sindaco di Roma Walter Veltroni né delle opposizioni.
Per ospitare la sede padana del Welfare, lo staff di Maroni sceglie un palazzo a Via Mazzini, a due passi da Piazza del Duomo. Gli uffici sono al IV piano. Chi li ha frequentati ricorda una struttura semplice, non troppo ampia. Ma molto più spaziosa dei 150 mq scarsi che oggi ospitano i quattro dicasteri nella Villa Reale di Monza. Ci sono due grandi studi. Uno per Roberto Maroni (che, raccontano, si presenta solo il lunedì mattina). L’altro per il collega della Sanità Girolamo Sirchia. Qualche stanza per gli impiegati e una grande sala videoconferenze per lavorare a stretto contatto con Roma. Gli uffici sono in dotazione dell’Inail, l’istituto per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro che nello stesso stabile conserva la propria sede di rappresentanza milanese.
Almeno tre le strutture del ministero del Lavoro che vi si stabiliscono. Così almeno spiega Roberto Maroni ai giornalisti presenti all’inaugurazione. Un gruppo di lavoro si occupa degli anziani non autosufficienti, un altro della responsabilità sociale delle imprese. L’ultimo gestisce il volontariato e il terzo settore. Al ministero del Welfare Guido Bolaffi è stato il capo dipartimento per le Politiche sociali e il Lavoro fino al febbraio 2003. «Di quella struttura – ricorda – posso dire che funzionava ed era utile. In particolare si occupava della responsabilità sociale delle imprese. Ovvio che dovesse stare a Milano: le imprese stanno al Nord, mica a Roma. E poi c’era un grande confronto con l’Università Bocconi».
Non eccessivamente articolato l’organigramma degli uffici: una decina scarsa di impiegati e qualche componente dello staff politico del ministro. Gli abitanti del palazzo ricordano anche un piccolo presidio delle forze dell’ordine. Un paio di carabinieri al massimo. «Di certo – racconta oggi una funzionaria del ministero del Lavoro – da Roma non trasferirono nessuno di noi. E ci mancherebbe. Quel ministero di Milano noi l’abbiamo sempre considerato una sorta di ufficio politico di Maroni. Una sede di rappresentanza personale».
Nella Capitale la sede distaccata milanese diventa una leggenda. Tra i corridoi del ministero girano racconti e indiscrezioni. Alcuni volutamente esagerati. Si dice che per allestire gli uffici di via Mazzini non si sia badato a spese. «Io sono andato via un mese dopo l’inaugurazione della sede – spiega Bolaffi – quindi non so cosa sia successo dopo. Ma per quanto mi riguarda posso assicurare che non c’è stato alcuno spreco di denaro pubblico. Anzi, la sede ci era stata data quasi gratis».
Gian Carlo Abelli è un deputato del Pdl. All’epoca era l’assessore alla Famiglia e alla Solidarietà sociale della Regione Lombardia. Con il ministro Maroni aveva costituito un tavolo permanente di collaborazione sul tema delle politiche sociali. «Ricordo bene la vicenda di quella sede distaccata del Welfare – racconta – Eppure devo ammettere che negli uffici milanesi di quel ministero non ci sono mai entrato». E la collaborazione permanente con il ministro? «A quel tempo – continua Abelli – Maroni era così gentile e disponibile che veniva sempre lui da me, ci incontravamo nei miei uffici in consiglio regionale».
A fine legislatura la sede padana del Lavoro chiude. Qualche giorno prima dell’insediamento del governo Prodi gli uffici di via Mazzini vengono svuotati. Gli appartamenti vengono offerti all’Agenzia per le Onlus (oggi Agenzia per il Terzo Settore). «Andammo a visitare la struttura – racconta un’impiegata – ma era troppo piccola per le nostre esigenze. Così abbiamo rifiutato». Nella sede del Welfare si trasferisce l’ufficio milanese di Italia Lavoro, la società totalmente partecipata da via XX settembre che si occupa di «promozione e gestione di azioni nel campo delle politiche del lavoro, dell’occupazione e dell’inclusione sociale per il ministero del Lavoro». Oggi è ancora lì. «Ma su questo argomento – taglia corto la persona che risponde al telefono – non abbiamo nulla da dire». Le polemiche sul trasferimento dei ministeri alla Villa Reale di Monza sono arrivate anche a via Mazzini.