«Se Fininvest non paga, ci sarà il pignoramento»

«Se Fininvest non paga, ci sarà il pignoramento»

Laura Salvaneschi è avvocato e professoressa di Diritto processuale civile alla facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Milano. A lei Linkiesta ha chiesto una breve disamina degli sviluppi che potrebbe avere nel breve la condanna in appello della Fininvest al risarcimento di 560 milioni di euro alla Cir.

Avvocato Salvaneschi, la Fininvest è tenuta a pagare subito, prima ancora che arrivi il giudizio sul ricorso già annunciato in Cassazione?
Si, Fininvest è tenuta a pagare subito perché la sentenza è esecutiva. La parte vincitrice ha quindi un titolo che, qualora Fininvest non paghi spontaneamente l’importo oggetto della condanna, le consente di procedere a esecuzione forzata, che è però un procedimento lungo e complesso, a seconda dei beni su cui si vuole eseguire.

Ipotizzando che Cir pretenda, come è suo diritto, il pagamento immediato, quanto tempo ci vorrà?
Dipende se ci sarà o meno esecuzione spontanea e in questo secondo caso da quali beni il creditore deciderà di fare oggetto di esecuzione. In prima battuta si può supporre che il legale di Cir chieda, in modo non formale, il pagamento spontaneo entro un certo termine. Tuttavia, qualora Fininvest non dovesse pagare, allora Cir potrebbe procedere con le forme dell’esecuzione forzata: e quindi ci vorrà un atto di precetto, che è l’atto, notificato tramite un ufficiale giudiziario, con cui il creditore intima al debitore di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo entro un termine non minore di dieci giorni, con l’avvertimento che in mancanza si procedera’ a esecuzione forzata. Quindi, trascorso il predetto termine e prima che siano trascorsi 90 giorni dalla notifica del precetto, può essere iniziata l’esecuzione con un atto di pignoramento. Quest’ultimo consiste in un’ingiunzione che l’ufficiale giudiziario fa al debitore di astenersi da qualunque atto che sottragga i beni assoggettati all’esecuzione alla garanzia del creditore, bloccando quindi i beni stessi per venderli o per averli poi in consegna.

Il pignoramento è esercitabile anche sulla quota di controllo di Mondadori, che però ai prezzi attuali di mercato, vale poco più della metà del risarcimento dovuto?
Tutti i beni di Fininvest diventano pignorabili, anche le azioni o le quote di società, a meno che Fininvest ottenga la sospensione dell’esecuzione. Che è poi ciò che si voleva ottenere in modo automatico, dietro versamento di una cauzione, con la modifica del codice di procedura civile inserita qualche giorno fa nella manovra. La norma positiva in vigore impone invece non un automatismo, ma che la sospensione (cosiddetta inibitoria) venga valutata dal giudice.

Ma quando può essere chiesta?
Dopo aver notificato alla Cir il ricorso per Cassazione che la Fininvest ha già annunciato di voler fare.

E il ricorso si può fare subito?
Sì. Se la sentenza viene notificata dai legali di Cir a Fininvest, quest’ultima avrà 60 giorni di tempo per notificare a sua volta il ricorso. Se invece non viene notificata, trattandosi di un processo iniziato prima della riforma entrata in vigore nel 2009, il termine per il ricorso sarà di un anno e 45 giorni dal giorno del deposito della sentenza.

Possiamo plausibilmente prevedere che l’ingegner De Benedetti, patron della Cir, non perda tempo, e che entro la fine della prossima settimana avrà fatto recapitare la notifica della sentenza in casa Fininvest.
In questo caso, il termine dei 60 giorni, tenuto conto della sospensione feriale (dal primo agosto al 15 settembre incluso), cadrebbe approssimativamente a fine ottobre.

Fatto il ricorso per Cassazione, si può chiedere anche la sospensione della sentenza?
In base all’articolo 373 del Codice di procedura civile, quello che si voleva modificare qualche giorno fa, il giudice d’appello può concedere la sospensione nel caso in cui dall’esecuzione della sentenza possa derivare grave e irreparabile danno per il debitore, oppure può imporre alla parte vincente di dare congrua cauzione per il caso in cui la sentenza venga poi cassata.

Cioè, Fininvest paga subito ma per così dire l’assegno resta in tribunale?
Questo è un possibile esito. La cauzione e la sua congruità sono tuttavia lasciati alla valutazione discrezionale del giudice d’appello. La norma prevede una cauzione per il caso in cui l’esecuzione non sia sospesa, e quindi che sia il creditore tenuto a offrirla per il caso in cui l’esecuzione si riveli ingiustificata a seguito del giudizio di Cassazione. Tuttavia la stessa norma potrebbe anche interpretarsi in modo estensivo, nel senso di consentire che sia la parte debitrice a dare una cauzione per evitare l’esecuzione. Può quindi anche ipotizzarsi che la fideiussione che Fininvest ha concesso al termine del processo di primo grado sia prorogata e questo consenta di addivenire a un’ulteriore proroga dell’esecuzione. O, ancora, il giudice può respingere la richiesta e in questo caso la parte soccombente deve pagare, salvo poi ottenere la restituzione nel caso in cui la Cassazione dovvesse decidere in suo favore.

Come è stato determinato il danno subito dalla Cir derivante dalla corruzione del giudice Metta, che annullò il primo lodo arbitrale, il cosiddetto lodo Pratis, sulla spartizione della Mondadori?
Il giudice d’appello ha stabilito il danno confrontando i termini dell’ultima transazione – quella del 1991, in cui Cir si trovava in una situazione di debolezza negoziale determinata dalla vicenda corruttiva – con la proposta transattiva avanzata il 19 giugno 1990 dalla stessa Fininvest, in cui si offriva un conguaglio monetario a favore di Cir di 400 miliardi di lire.

Il confronto è stato fatto con la proposta di spartizione che la Fininvest aveva fatto e che dunque non poteva essere contraria agli interessi di Berlusconi, giusto?
La Corte ha considerato che la proposta 19 giugno 1990 era stata avanzata da Fininvest prima del lodo Pratis, che ha poi messo Cir in posizione di vantaggio. È stato ritenuto che si trattasse di una proposta equilibrata in quanto avanzata in un momento in cui le parti erano in posizione di parità, non sapendo ancora chi avrebbe vinto o perso il giudizio arbitrale. Successivamente l’annullamento di questo lodo, via corruzione giudiziaria, ha spostato l’ago della bilancia a favore di Fininvest e Cir ha dovuto negoziare in posizione di debolezza. La vicenda si è chiusa con la transazione non più a vantaggio di Cir ma di Fininvest. La Corte ha quindi determinato il danno confrontando la spartizione finale effettivamente realizzata (definita “corrotta”) e la transazione proposta nel 1990 dalla stessa Fininvest, aggiungendo poi interessi, rivalutazione, spese legali e danni non patrimoniali.