Cari ricchi, non è meglio la Patrimoniale piuttosto che perdere in Borsa?

Cari ricchi, non è meglio la Patrimoniale piuttosto che perdere in Borsa?

Gli stati del mondo occidentale sono tutti troppo indebitati e non riescono a produrre la necessaria crescita economica che possa rendere quel debito sostenibile. Il mondo sviluppato è quindi in stallo o come ha recentemente scritto l’economista Kennet Rogoff in Grande Contrazione. L’eccessivo debito richiede tagli al settore pubblico ma genera minore crescita e quindi la medicina diventa controproducente e porta le economie in un circolo vizioso al ribasso.

La Gran Bretagna sta dando l’esempio. Il governo Cameron ha avviato tagli possenti l’anno scorso per anticipare qualsiasi crisi finanziaria, ma ora la crescita è ben al di sotto del previsto e quindi la discesa del rapporto debito /Pil diventa minima. Tanti sacrifici dei cittadini… per quasi nulla.

Come giustamente sostiene Rogoff non c’è soluzione a questo mondo troppo indebitato se non trasferendo un po’ di ricchezza dai creditori ai debitori in cambio di futura crescita economica. Pertanto l’unica risorsa disponibile rimasta è la ricchezza privata che è molto alta (oltre cinque volte il prodotto nazionale lordo di ciascun paese). Inoltre un terzo di questa ricchezza è liquida ed è fortemente concentrata nel primo decile della popolazione. Ma qualsiasi forma di tassazione di questa ricchezza appare improponibile: quasi una bestemmia, senza che però nessuno sappia indicare una strada alternativa. Ma la patrimoniale è arrivata ugualmente!

L’aspettativa della recessione ha spinto a vendere le azioni, anche un po’ in situazione di panico, perché c’è l’attesa di una peggiore performance delle aziende e quindi di un loro minore valore.
Dunque anche i risparmiatori e soprattutto chi detiene la ricchezza finanziaria pagano alla fine il conto.

Siamo ormai in un mondo dove non c’è salvezza individuale. In Europa sono stati persi in pochi giorni quasi 500 milioni di euro. Certo una è perdita per molti solo “cartacea”, ma anche se si considera permanente solo un quinto di essa (visto che la stagnazione economica è ormai probabile), ne risulta che tale perdita sarebbe bastata a ridurre sostanzialmente i problemi a breve dei paesi europei a rischio. 

Ma ha davvero senso distruggere la propria ricchezza invece di portarla a contribuire alla soluzione del problema? La crisi alla fine dovrà essere pagata anche dai detentori della ricchezza. La riluttanza a riconoscerlo potrebbe portare non ad evitare quel costo ma a doverlo pagare senza benefici per la società ed anche per chi l’ha pagato. Pagarlo non è un atto di generosità, ma di auto interesse. Ovviamente per realizzare questa soluzione ci vuole il coraggio di politici che non cerchino la rielezione, ma la soluzione ai problemi e che proponga parallelamente adeguate riforme e risparmi che non facciano apparire questo contributo vano dopo pochi anni. Come ha detto recentemente Stiglitz: Il problema sono le cattive idee che circolano e trovano consenso.

*Presidente di Oltre Venture, socio de Linkiesta