“Da Tremonti proposte fumose, meglio fare una tassa di scopo”

“Da Tremonti proposte fumose, meglio fare una tassa di scopo”

Dopo gli annunci del ministro dell’Economia Giulio Tremonti, ci si prepara a una stagione di tagli e tasse, oltre che al tentativo di una riforma costituzionale che modifichi gli articoli 41 e 81 della Carta. La struttura delle misure proposte cerca di recuperare capitali da più direzioni, ma secondo il leader della Lega Umberto Bossi, è «fumosa». Linkiesta ne ha parlato con il professor Luigi Campiglio docente di politica economica e prorettore dell’Università Cattolica di Milano.

Professore, cosa ne pensa del discorso di Tremonti?

Mettiamola così: è un po’ disarmante. Lo dice lo stesso Bossi che è fumosa. Ecco. La sensazione è che sia ancora un oggetto di trattativa, di tira e molla. In ogni caso, supponendo che riescano a estrarre almeno 20 miliardi, dove andrebbero a finire?

Ce lo dica lei

Entrano indistintamente nel grande calderone della finanza pubblica, e lì annegano tutti. Il contesto in cui si muove questa serie di misure non è certo quello migliore. Già tagliare e tassare provoca malcontento, e in più siamo in un momento critico. Per cui, sarebbe bene che le tasse vengano spiegate meglio, strutturate in modo più chiaro. Se si deve far pagare, che so, 500.000 italiani chiedendo loro 10.000 euro, sarebbe meglio dare garanzie in cambio.

Di che tipo?

Una tassa di scopo: il governo chiede soldi, sotto la forma di prestito, con l’impegno, entro un anno, di applicare una serie di riforme. Per esempio, una seria spallata all’evasione fiscale. La lotta all’evasione, tra l’altro, è stata accennata anche dal ministro Tremonti. Sarebbe un modo equo per utilizzare i soldi, motivare le tasse, rinvigorire l’economia. Per i cittadini sarebbe come sottoscrivere un bond, come, che so, un bond della Patria.

In agenda c’è anche la riforma degli articoli 41e 81 della Costituzione e quindi di libertà di impresa e di pareggio di bilancio.

È una questione annosa, se ne discute da tantissimo tempo, anche negli Usa, è molto discussa perché potrebbe accadere di tutto, nel ciclo economico. Diciamo che, secondo me, sarebbe bene limare l’art. 81, ma ci si deve intendere bene sul come. La proposta del senatore Rossi non è affatto peregrina, ha ragione Tremonti quando dice che è «la migliore». Però, però non mi sentirei di metterla in Costituzione. Non c’è consenso su come andrebbe calcolato il pareggio, le entrate e le uscite. È una idea buona di policy, ma non di Costituzione.

Tremonti ha parlato anche di interventi nel mondo del lavoro.

Per allargare, diciamo, la libertà di licenziare. Ecco, io queste cose faccio fatica a capirle. Perché vede, nel corso di questa crisi, tutte le aziende che hanno dovuto ristrutturare l’attività lavorativa per ragioni di mercato, l’hanno fatto. Hanno cercato di licenziare il meno possibile, anche quelle con meno di 15 dipendenti. Che significato avrebbe un intervento del genere? A meno che non si parli di dipendenti pubblici. Certo, in questo senso, se un dipendente pubblico lavora male, è giusto riallocarlo. Ma credo che in questo momento non si debba parlare di licenziamenti, quanto di ammortizzazioni dei lavoratori. Su questo andrebbe affrontato un altro argomento.

Quali?

La dimensione del nostro sistema industriale: da noi è prevalso il motto “piccolo è bello”. E adesso non va più. Abbiamo puntato sulla piccola, piccola media impresa, ma ci siamo persi per strada la grande. È uno dei nodi che abbiamo dimenticato. Certo, è ovvio che non può essere un tema da misure d’emergenza, la grande impresa e industria, ma non si può certo puntare sui taxi o gli ordini professionali. O sbaglio?

Altro punto: i costi della politica.

Oh, ecco. Gira una leggenda, secondo la quale, con dei tagli intelligenti, non ci sarebbero dei guadagni aggiuntivi. È falso. L’abolizione delle province, ad esempio, sarebbe un buon rimedio. Pensi che qualsiasi provincia che voglia avere un po’ di respiro economico, si inventa un comune nuovo, anche per pochi abitanti. Crescono a vista d’occhio. Anche qui è in voga il vecchio motto, lo stesso: “piccolo è bello”. Basta. Anche per i comuni, le province. Togliendole, poi, non è vero che la gente andrebbe a casa. Anzi, farebbe cose più utili nei comuni. I costi, poi diminuirebbero in modo drastico. Perlopiù si tratta di donativi, sotto forma di stipendi, per persone in alte posizioni raggiunte per via politica e non per meriti e competenze.

E poi si parla anche di un contributo di solidarietà.

Situazione di emergenza, chiama sempre la patrimoniale. Io, l’ho già detto altre volte, non sono d’accordo. Ma non come non lo è il premier Berlusconi, io penso che sia un salto al buio. Mi spiego. Nella sostanza, la patrimoniale è un’imposta immobiliare: dove la mettiamo, sulla prima, o sulla seconda o più su? Se si mette sulla prima, è rischioso: si può pagare solo se si ha un reddito adeguato alla proprietà. Chi non può, che fa? Vende? E chi la compra? È un rischio. Certo, sarebbe bene una patrimoniale che si riferisca a chi abbia più case di proprietà, ma se si vuole abbattere il debito da 120 a 80 sul Pil, è chiaro che si dovrà prendere tantissimo. Insomma, per quanto mi riguarda, l’ipotesi cui sono più affezionato è questa tassa di scopo, di cui parlavo prima. Un provvedimento funzionale, organico. Qui, nelle proposte di Tremonti, non ne ho visto nessuno.
 

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