E i mercati sono pronti a mangiarsi la Spagna senza Zapatero

E i mercati sono pronti a mangiarsi la Spagna senza Zapatero

Doveva essere il punto da cui ripartire, ma così non è stato. La Spagna continua a essere fra gli osservati speciali dell’eurozona. Questo nonostante la decisione del premier José Luis Rodríguez Zapatero, ampiamente attesa, di indire elezioni anticipate, in un tentativo di ridare una rotta a una nazione che sembra averla persa. Il responso dei mercati non si è fatto attendere ed è stato contraddistinto da un nervosismo di fondo che è sembrato analogo a quello delle scorse settimane. E dire che Zapatero, non senza una punta di commozione per i due mandati che lo hanno visto al vertice della Moncloa, ha scelto di comunicare in questi giorni la data delle elezioni, 20 novembre, per «proiettare una certezza politica e economica». Obiettivo mancato, per ora.

Venerdì scorso Moody’s ha posto sotto osservazione il rating iberico (Aa2) per un possibile downgrade. «Quando il valore di un debito si indebolisce, Moody’s rivaluta la capacità sovrana di fornire supporto sistemico alle banche nazionali», ha detto la società newyorkese in un nota. Cinque le ragioni principali: l’esposizione di Madrid al piano di salvataggio di Atene, la crescita economica in deterioramento, il mercato del lavoro in costante peggioramento, la lentezza della ristrutturazione del sistema bancario e la debolezza dell’esecutivo. Dopo poche ore, il premier Zapatero ha deciso di fare un passo indietro.

La risposta degli operatori è stata fulminea. L’apertura della Bolsa di Madrid è stata all’insegna dei ribassi, fino a meno 2,5 punti percentuali. E la tensione è rimasta anche su titoli di Stato e Credit default swap, i derivati che proteggono dall’insolvenza di un titolo. I Bonos decennali iberici, nel confronto coi Bund tedeschi, sono scambiati a 9 punti sopra il livello di venerdì scorso, cioè a 364 punti base. Ciò significa che Madrid, se vuole scendere sui mercati per finanziarsi, deve garantire un interesse superiore al 6%, una cifra considerata «insostenibile» dal ministro dell’Economia Elena Salgado.

Meglio non va osservando i movimenti dei Cds. Sulla piattaforma di Markit, i livelli dei derivati a protezione dei debito iberico sono stati quotati oltre i 360 punti base per tutta la giornata, chiudendo a 378 punti. Ciò significa che un investitore, per proteggersi dal rischio default di un Bonos quinquennale del valore di 10 milioni di dollari deve spendere 378mila dollari l’anno. Troppo per la Moncloa, che ha cercato di placare la furia dei mercati per voce della Salgado. «Non ci sono problemi con il nostro debito, le nostre banche stanno subendo diverse ristrutturazioni e siamo tranquilli. Questa è solo una crisi passeggera», ha detto il titolare dell’Economia.

Non la pensa così il Fondo monetario internazionale. L’istituzione di Washington, ora guidata dalla francese Christine Lagarde, ha evidenziato nel suo ultimo rapporto sulla Spagna che i problemi sono tanti e irrisolti. «Madrid non è ancora fuori dalla zona più pericolosa di questa crisi e deve intensificare gli sforzi per rafforzare l’economia in modo da evitare il contagio», sottolinea la nota del Fmi. In altre parole, anche in caso di elezioni anticipate i rischi rimangono. A tal proposito, il Fondo spiega che da Madrid potrebbe innescarsi un effetto domino di notevole spessore per il futuro economico europeo. «Scenari di possibile contagio dalla Spagna rivelano un impatto consistente sul resto dell’Europa e a livello globale, tenuto conto della valenza sistemica del Paese», spiega il Fmi.

Oggi la Moncloa è stata punita dagli investitori. L’Ibex 35, il principale listino azionario iberico, ha perso il 3,24%, con tutto il segmento bancario sotto forte pressione. Santander ha ceduto il 5,23%, Banco Popular il 5,04%, BBVA il 4,75 per cento. Su tutte pesa la bolla immobiliare ricordata a più riprese dal Banco de España, ma anche il contagio dei titoli ellenici detenuti in portafoglio. Se Zapatero voleva fare un favore al Paese, i mercati non lo hanno colto.  

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