Il britannico Timothy J. Hatton è uno dei massimi esperti in materia di storia delle migrazioni e integrazione degli immigrati. Docente d’economia presso l’University of Essex (Regno Unito) e l’Australian National University, è stato anche presidente dell’European Society for Population Economics. Linkiesta gli ha chiesto dei flussi migratori che, dall’Africa, raggiungono le coste italiane.
La popolazione africana sta esplodendo. Nella classifica mondiale dei dieci Paesi con il più alto tasso di fecondità ben otto sono africani. In testa c’è una nazione poverissima, il Niger, dove ogni donna genera, mediamente, sette figli. L’ondata migratoria che sta investendo le coste italiane è l’inizio di un esodo?
Non penso, anche se è certamente vero che la popolazione del continente sta esplodendo, specialmente in Africa subsahariana. In passato abbiamo assistito a movimenti migratori dall’Africa subsahariana al Nord Africa, e da qui, attraverso il Mediterraneo, verso la Spagna, l’Italia e altri Paesi. È sempre presente un rischio. C’è però una cosa che penso cambierà la situazione: oggi l’Africa è fondamentalmente più pacifica di quanto sia mai stata in generazioni. Se pensiamo alle terribili lotte verificatesi in passato in Ruanda, Congo, Zimbabwe…
Una maggior stabilità politica favorisce il boom delle nascite. Pensiamo al Kenya, all’Uganda…
Certo. Stiamo assistendo, tuttavia, a una grande transizione demografica in molte parti del mondo. I tassi di natalità stanno calando drammaticamente, e noi sappiamo che i migranti, e coloro che cercano asilo, sono tipicamente giovani adulti, tra i 20 e i 30 anni. È giusta la preoccupazione per l’Africa subsahariana ma, se guardiamo alle statistiche, i tassi di natalità africani stanno iniziando a calare. Certo, c’è bisogno di tempo. In un periodo più lungo, con regimi più pacifici e con l’Africa subsahariana in transizione demografica, assisteremo automaticamente a un indebolimento della pressione migratoria.
E nel breve periodo qual è il rischio più serio?
Che le rivoluzioni in Egitto, Libia e Tunisia si concludano con degli Stati falliti, e non con forti governi democratici. Perfino delle dittature militari potrebbero arginare i flussi migratori attraverso il Mediterraneo, come ha fatto Gheddafi dopo il suo accordo con Berlusconi. Ma ciò di cui abbiamo bisogno è un qualche tipo di governo coeso in questi Paesi che possa veramente portare l’ordine, e proteggere i confini. Se questo non accade c’è il serio rischio che masse dall’Africa subsahariana salgano attraverso il Nord Africa.
La crisi politica nordafricana si traduce in un’emergenza immigrati per l’Italia. Come giudica la gestione italiana della crisi ?
Penso che l’Italia stia gestendo bene questa crisi. È stato un approccio ragionevole dare dei visti temporanei ai tunisini, era la cosa ragionevole da farsi. Sfortunatamente loro volevano andare in Francia, ma ciò ha messo in rilievo una questione seria: se abbiamo delle ondate migratorie in un Paese, i flussi secondari da questo Paese fanno rimettere in discussione gli accordi di Schengen.
Molti membri della UE, a cominciare dalla Germania, sostengono che l’Italia abbia ingigantito la gravità di questa crisi.
La crisi è chiaramente grave per Lampedusa. Non è grave per l’Italia nel suo complesso, perché se guardiamo i numeri delle richieste d’asilo in Italia, prendendo il dato del 2010 (precedente alla crisi odierna), l’Italia figura molto in basso nella classifica delle richieste d’asilo pro capite. Perciò penso che una delle ragioni per cui la Germania e altri Paesi sono meno empatici con l’Italia di quanto potrebbero essere, è che l’Italia non ha fronteggiato grandi pressioni negli ultimi anni. Una cosa dovrebbe essere chiara in merito: finora quest’ondata di profughi a Lampedusa non è per nulla paragonabile alla crisi del Kosovo, i numeri sono molti più piccoli. [Degli immigrati giunti a Lampedusa] non so quanti di loro sarebbero considerati profughi se fossero inseriti nel processo di asilo ma la mia supposizione è poche migliaia. Per l’Italia, al momento, è veramente un problema di immigrazione illegale, non di rifugiati.
In Italia si parla spesso di burden sharing, cioè redistribuire i migranti africani arrivati in Italia su tutto il territorio dell’Unione europea.
Il burden sharing è un processo altamente volontario. In Europa abbiamo un meccanismo di redistribuzione dei migranti che è il Regolamento Dublino II, e a mio parere esso va nella direzione sbagliata, perché ciò che fa è rimandare i richiedenti asilo indietro nel primo Paese in cui arrivano, e ciò mette più pressione agli Stati in prima linea. Secondo me bisognerebbe abolirlo e sostituirlo con qualcosa che consenta ai rifugiati di essere più equamente distribuiti nei paesi della UE.
Lei pensa che l’Unione Europea abbia bisogno di una politica di immigrazione comune ?
Personalmente penso che sia desiderabile. Sarebbe, in termini generali, un passo molto positivo nel progetto europeo, e salvaguarderebbe, a mio parere, gli accordi di Schengen.
Per approfondire:
Le infografiche sui flussi migratori
Vi riproponiamo quattro nostre infografiche sulle rotte e i numeri del fenomeno immigrazione.