I cattolici si riorganizzano, ma la balena bianca è lontana

I cattolici si riorganizzano, ma la balena bianca è lontana

Iniziative, progetti, vertici più o meno segreti. Da qualche mese tra i politici italiani di ispirazione cattolica è tornata la voglia di contarsi e confrontarsi. Non è ancora chiaro se l’obiettivo sia quello di creare un nuovo partito o dar vita a un fronte trasversale a tutela dei propri valori. Guai a parlare di rifondazione della Democrazia Cristiana. «Un progetto che al momento non esiste» giura uno dei parlamentari più attivi su questo fronte. «Eppure è innegabile – continua – che la voglia di rivendicare il nostro ruolo di cattolici sia sempre più forte». Il momento storico sembra propizio: da una parte la crisi economica e la necessità di un soggetto politico di forte posizionamento sui temi sociali. Dall’altra la probabile – imminente – fine del ciclo berlusconiano.

Intanto è tutto un fiorire di appelli. «Il contributo dei cattolici è essenziale alla vita sociale e politica», ha spiegato due giorni fa il cardinale Angelo Bagnasco. Nella sua omelia in occasione della festa di San Lorenzo, il presidente della Cei ha confermato la nascita di una nuova stagione di impegno politico e sociale: «Le molteplici aggregazioni laicali cattoliche o cristianamente ispirate sono un popolo sempre più attento alla vita sociale e politica, anche se nell’agone pubblico vengono liquidate cime minoranze sparute e smarrite». Tre giorni fa il quotidiano dei vescovi Avvenire è stato ancora più chiaro: «I cattolici hanno il dovere di tornare a incidere anche in politica». Così in un editoriale dal titolo “Ma chi, se non noi?”.

E forse non è un caso se nel prossimo numero di Famiglia Cristiana – in edicola il 18 agosto – il settimanale cattolico lancia un severo monito al governo. «Nessun programma di risanamento sarà accolto – si legge – se non a partire dai costi della politica. Lacrime e sangue, quindi. Ma per tutti. Non solo per le fasce più deboli o per le famiglie con figli, anziani e disabili a carico». Non è la prima volta che Famiglia Cristiana attacca il presidente del Consiglio. Stavolta, però, al centro delle critiche c’è un intero sistema. Una classe politica che agisce «da padrona e non da servitrice dello Stato». Quella «politica allegra, o del dito medio, che ha frantumato il Paese».

I parlamentari di ispirazione cattolica sono in fermento. Il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione ha accolto l’appello del cardinal Bagnasco: «Stiamo ballando sull’orlo del baratro – le sue parole due giorni fa – i cristiani devono fare qualcosa». Stamattina i parlamentari Udc Enzo Carra e Savino Pezzotta hanno scritto una lettera ad Avvenire. «Bisogna agire con rigore e umiltà – hanno chiarito – La Chiesa non può essere rimproverata quando assume posizioni chiare e intransigenti».

«Per carità – racconta Carra al telefono – ricostituire un partito unico in grado di aggregare tutti i cattolici non è all’ordine del giorno. Nessuna Balena bianca, per ora. Anche perché con tutta la buona volontà forse oggi dovremmo pensare a un pesce più piccolo». Eppure le premesse ci sono. Un mese fa nella parrocchia del Sacro Cuore di Gesù, a Roma, il segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace monsignor Mario Toso ha chiamato a raccolta alcune decine di personalità (politiche e non) per interrogarsi sul futuro. Tema dell’incontro: “L’Italia dopo Berlusconi”. Un vertice, così raccontano, benedetto dal segretario di Stato il cardinale Tarcisio Bertone.

Tra gli invitati al pensatoio cattolico numerosi esponenti dell’Udc (il segretario Lorenzo Cesa, Paola Binetti, Rocco Buttiglione), ma anche il pdl Beppe Pisanu e il pd Beppe Fioroni. Insieme a loro i rappresentanti dell’associazionismo cattolico e il segretario della Cisl Raffaele Bonanni. «Quello è stato un buon tentativo» racconta oggi Carra. «È chiaro che il declino del presidente Berlusconi può aprire maggiori spiragli dal punto di vista politico – continua – ma da solo non spiega l’intensificarsi dei contatti all’interno del mondo cattolico. Dopo la diaspora che ha seguito la fine della prima Repubblica, è arrivato il momento di voltare pagina».

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