I ribelli inglesi non sono gli indignados spagnoli

I ribelli inglesi non sono gli indignados spagnoli

Le rivolte si moltiplicano nel mondo. Tumulti violenti sono esplosi in Grecia nei mesi scorsi. Gli “indignados” hanno invaso le piazze spagnole. Imponenti manifestazioni hanno sfilato nelle strade di Tel Aviv e di Santiago del Cile. Soprattutto, le rivolte dei giovani neri hanno incendiato i quartieri periferici di molte città inglesi. C’è un elemento che unifica questi atti di protesta: la crisi economica aggrava le condizioni dei ceti meno abbienti e rende più insopportabili le differenze sociali. Ma c’è una profonda differenza tra le rivolte urbane in Inghilterra e gli altri casi che abbiamo citato.

I protagonisti delle ribellioni esplose in Spagna e in Cile, in Israele e in Grecia, sono cittadini che vedono svanire il welfare e la sicurezza del posto di lavoro. Sono figli di società ricche che prevedono un futuro peggiore di quello dei padri. Sono disoccupati che protestano contro le diseguaglianze crescenti. Qualcuno potrà giudicare le loro parole d’ordine velleitarie in società impoverite dal vento della globalizzazione. Giuste o sbagliate che siano, quelle proteste portano il segno di una cultura dei diritti fortemente radicata nella società in cui viviamo, una cultura che si riconosce nei valori di uno stato sociale che forse non possiamo più permetterci ma che per decenni abbiamo considerato naturale come l’aria che respiriamo.

Le rivolte delle città inglesi hanno un segno diverso. I ragazzi che incendiano le strade di Londra e di Birmingham non hanno né un modello sociale né un’identità da difendere. Le loro famiglie sono immigrate in Europa in cerca di un riscatto sociale che non hanno trovato. Quei ragazzi, senza memoria e senza futuro, reagiscono con la ribellione cieca. Non hanno valori di riferimento da proporre: non più quelli dei padri, che nell’Inghilterra dei ricchi sono dei perdenti, non quelli della società in cui si trovano a vivere, dalla quale si sentono esclusi. Sono un popolo di estranei che sfoga la sua rabbia nei saccheggi, alla ricerca di beni di consumo identificati come simbolo di un’ascesa sociale impossibile: smartphone, orologi di marca, occhiali di lusso. Nei giorni scorsi a Islington e in altri quartieri di Londra, gli uomini della comunità turca si sono schierati in strada, armati di pesanti mazze da baseball, in difesa dei loro negozi e delle loro case. Turchi contro neri, come se lo Stato non esistesse.

Un problema inglese? Difficile sostenerlo. Le rivolte esplose negli anni scorsi nelle banlieu parigine portavano lo stesso segno. E girando nelle periferie urbane di molte città italiane si incontrano i sintomi di un analogo disagio. Basta andare nel ponente genovese, in alcune aree dei quartieri di Sampierdarena e Cornigliano, un tempo roccaforti della classe operaia. Lì molti genovesi vendono le loro case perché si sentono estranei in aree dove la sera le bande di giovani immigrati diventano ogni giorno più invasive e inquietanti. Un diffuso perbenismo progressista impedisce di parlare di questi problemi che stanno crescendo sotto i nostri occhi.

Su Foreign Affairs, Matthias Matthijs fa notare (con un pizzico di cinismo) un paradosso della recente storia inglese. Le recenti rivolte urbane ricordano quelle che esplosero nel 1981 a Brixton, un quartiere nero di Londra, come risposta ai tagli al welfare imposti da Margaret Thatcher. Ma allora la Lady di ferro, mentre abbatteva le spese nei servizi e nella sanità, aumentava quelle negli apparati repressivi. Oggi Cameron ha confermato di voler ridimensionato ogni apparato dello Stato, polizia compresa. In nome di una Big Society che prevede lo sviluppo del volontariato sociale. Ma quale volontariato spontaneo, quale capitale sociale può crescere in strati della società deprivati dalla memoria e da ogni idea di futuro? Siamo sicuri che quelle rivolte non ci riguardino da vicino?

Indignados spagnoli in piazza a Madrid
Manifestazione contro i tagli di Papandreu (Afp)
La piazza dei giovani israeliani a Tel Aviv
Scontri fra studenti e forze dell’ordine in Cile
Barricata a Liverpool (Bbc)
 

Per approfondire:

Gli indignados di tutto il mondo che riempiono le piazze

Non solo Spagna. Il movimento dei giovani “indignati” ha fatto proseliti nelle piazze di mezzo mondo occidentale, dal Sudamerica (Cile e Camila Vallejo in testa) alla Bielorussia di Lukashenko, dalla Grecia in crisi a Parigi, a Tel Aviv, dove le case costano troppo. Solo in Italia il fenomeno ha fatto flop. Viaggio tra gli indignados del pianeta.

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