La Merkel rischia di cadere per il fondo salva-Stati Ue

La Merkel rischia di cadere per il fondo salva-Stati Ue

La Germania si sta spaccando sul destino del fondo salva-Stati European financial stability facility (Efsf). Il cancelliere Angela Merkel vorrebbe un suo ampliamento, ma deve affrontare il voto del Bundestag. Quest’ultimo non ha però intenzione di pagare in via solitaria per la crisi dell’eurodebito e sta studiando di bocciare le proposte della Merkel, gettando una pesante ombra sulla risoluzione delle criticità dell’eurozona. Nel frattempo, aumentano le richieste di una imminente ricapitalizzazione delle banche europee, magari utilizzando proprio l’Efsf. 

Il voto cruciale, quello su cui la signora Merkel si sta giocando buona parte della sua credibilità internazionale, è stato appena spostato. Doveva essere il 23 settembre. Sarà il 29 o forse il 30, nonostante il Financial Times Deutschland e l’Handelsblatt abbiano scritto che la Merkel aveva cancellato la visita di Stato in Russia proprio per essere presente al Bundestag al voto sull’Efsf. Una votazione che sarà fondamentale per capire che direzione prenderà la crisi europea dei debiti sovrani.

Nel mondo finanziario, infatti, l’attesa è tutta per la fine di settembre. Da un lato abbiamo la Germania. Dall’altro la Grecia. Nel mezzo il futuro dell’eurozona. «È chiaro che un ulteriore stallo nella questione Efsf da parte di Berlino sarà recepita molto male dagli investitori», fa notare a Linkiesta un alto dirigente della Banca centrale europea (Bce). «Il fondo Efsf, secondo il Consiglio europeo del 21 luglio, dovrà essere la base per la stabilizzazione finanziaria dell’eurozona, ma l’ostracismo di alcune nazioni al suo potenziamento sta creando diversi problemi di comunicazione degli interventi contro un’eccessiva volatilità sui mercati finanziari», spiega il membro dell’Eurotower.

Sono due i nodi da sciogliere. Il primo è in merito ai poteri del fondo stesso. Al fine di effettuare una stabilizzazione delle tensioni sui mercati finanziari, specie sui Paesi periferici, il fondo Efsf potrebbe essere dotato di capacità di discesa sul mercato secondario al fine di acquistare titoli di Stato. Questa è la visione che circola fra Bruxelles e Strasburgo, ma sia a Francoforte sia a Berlino sono contrari. «Troppo elevati i rischi sistemici e l’azzardo morale di una soluzione di questo tipo», sottolineano dalla Bce a Linkiesta. Difficile quindi che la Merkel possa permettere una tale modifica al fondo Efsf, nonostante il portavoce della CDU, Norbert Barthle, stia lavorando alacremente da settimane per mettere a punto un piano capace di raggiungere tutti gli obiettivi senza scontentare nessuno. Non è difficile, tuttavia, che si riesca a trovare una quadratura. Il motivo è da ricercare sul secondo nodo per la Merkel.

Sono sempre di più le voci di mercato che vorrebbero un aumento della potenza di fuoco del fondo Efsf. Secondo Willem Buiter, capo economista di Citi, dovrebbe essere aumentato di «almeno 2.000 miliardi di euro», per fare fronte «alle sfide che ci saranno nei prossimi cinque anni nell’eurozona, ben peggiori di quelle odierne». Anche in questo caso, però, la Germania non vuole creare azzardo morale. Il concetto è semplice: se si aumenta la capacità del fondo Efsf, è possibile che crescano le richieste di adesione al programma e sarebbe naturale utilizzare l’Efsf per far fronte alle necessità debitorie degli Stati Ue.

A parlare del futuro del maxi fondo Ue ci ha pensato anche il suo gestore, il tedesco Klaus Regling. «Esiste la fondata speranza che la crisi sarà superata fra due o tre anni», ha detto Regling. Il tutto a patto che gli Stati membri collaborino e siano coordinato nelle risposte alla crisi sistemica che ha invaso l’eurozona. A tal proposito è da sottolineare la dura reprimenda che Regling ha fatto nei confronti del suo Paese natio: «In Germania regna in parte un clima di isteria, forse perché i tedeschi sono naturalmente pessimisti, ma non devono esserlo nei confronti dell’euro, una moneta ben più solida di quanto si possa immaginare».

Intanto, sta aumentando l’assalto alla diligenza nei confronti dell’Efsf. L’ultimo in ordine temporale sarebbe stato Andrea Enria, presidente della European banking authority (Eba). In una missiva ai ministri economici e finanziari dell’eurozona, il numero uno dell’ente che ha curato le due sessioni dei discussi stress test sulla banche europee avrebbe chiesto un deciso intervento di iniezione di capitali freschi. Sulla falsariga del monito lanciato a Jackson Hole dal direttore generale del Fondo monetario internazionale (Fmi), Christine Lagarde, Enria avrebbe sottolineato che la ricapitalizzazione degli istituti di credito europei potrebbe avvenire tramite i fondi dell’Efsf. La stessa Eba ha smentito la presenza di una lettera di tal genere, ma questa è stata confermata da diversi esponenti della Bce. E a proposito dell’uso dell’Efsf per iniettare capitali negli istituti bancari Ue, tuttavia, le resistenze di Bce e Germania non sono poche. In primis, l’attuale configurazione dell’Efsf non permette a questo veicolo un ruolo di questo genere. Inoltre, come ha più volte ricordato anche Luigi Zingales, docente di Finanza alla Chicago Booth, il rischio è che si possa solamente trasferire il rischio, non ridurlo. Ciò significa non risolvere la crisi, bensì solo ritardarne gli effetti nefasti.  

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