Sul mare fangoso una fila di terribili grattacieli, nell’interno un grande patrimonio architettonico eroso dall’incuria, dal caldo e dall’umidità, dappertutto club e discoteche. A chi arriva Tel Aviv ricorda un po’ Riccione, un po’ Agadir, un po’ Atene: non i posti dove vorremmo tornare più spesso.
La spiaggia vista dal promontorio di Yafo. In effetti fa un po’ paura.
Invece quando i miei amici mi hanno bocciato l’idea di un weekend lungo a Beirut ho accettato subito Tel Aviv come meta alternativa, anche se era la terza volta in pochi anni. Perché a Tel Aviv ci si diverte, invariabilmente e molto, ma anche perché quando si impara a leggerla si scopre una narrativa senza pari, ed un senso di dolcezza, legame, fragilità e perdita che ne fa un luogo di un romanticismo quasi ricattatorio e produce immancabili magoni al momento della partenza.
Ho sempre pensato che se le applicazioni tipo “Cities I’ve visited” ci chiedessero anche quanto tempo abbiamo passato in ciascuna città potremmo avere un’immagine quantitativa della nostra geografia personale, della nostra cittadinanza ideale. Tel Aviv chiama al ritorno perché oltre ad essere in realtà bellissima (i quartieri Bauhaus vanno visti casa per casa, rifugiandosi dal caldo in caffè accoglientissimi) è una specie di miracolo, un’eccezione minacciata, l’ultima superstite delle capitali cosmopolite del mediterraneo contrapposta alle dittature della regione ma anche a Gerusalemme.
In generale si pensa che Gerusalemme sia il luogo della Storia e dell’identità, Tel Aviv il luogo del divertimento e del consumo. Per me non è affatto così: le religioni millenarie, i loro luoghi, i loro simboli veri o farlocchi sono ovviamente affascinanti per chiunque, ma è a Tel Aviv che abitano la storia, la volontà di esistere e i valori del giovane stato di Israele. Lo dimostrano la tendopoli di Rothschild Boulevard, la manifestazione di sabato scorso, il senso di comunità e la volontà di difendere e rivendicare il proprio stile e tenore di vita.
Nel pomeriggio ero alla spiaggia dell’Hilton, una delle vetrine dell’edonismo cittadino, dove gay, straight e un sacco di bambini schiamazzano insieme nel mare caldissimo, e tutti si davano appuntamento in manifestazione. Bibi aveva parlato di «ashkenaziti di sinistra che mangiano sushi e fumano narghilé»: la sera in Kaplan street c’erano 280.000 persone e dopo aver partecipato alla manifestazione ho trovato posto nel mio sushi bar senza difficoltà.
Venditrice di enormi reggiseni, suk di Gerusalemme.
Il commercio di articoli religiosi è onnipresente a Gerusalemme, ma non si riesce a esserne davvero infastiditi o scandalizzati.
Il tramonto a Hilton Beach è una delle esperienze da fare.
Verso la spianata delle Moschee. Era Ramadan e non ci hanno fatto entrare.
Haoman 17. Sempre uno dei grandi club, però soprattutto grazie all’entusiasmo e alla voglia di divertirsi di chi ci va. E’ così bello da far dimenticare che la qualità della musica è mediocre, però il mattino dopo ci ripensi e un po’ ti spiace.
Questo è uno stufato che ho mangiato al Nanuchka, il ristorante georgiano di Lilienblum, mentre fuori c’erano 30 gradi. Il bello del Nanuchka è dopo si va al bar dove tutti ballano come matti sul bancone e sui tavoli.
Musica (beh, insomma, bonghi) e politica in Rothschild Blv. Secondo il NYT la protesta è anche figlia dell’ulteriore crescita dei livelli di educazione in Israele. Forse c’è una nuova classe dirigente che bussa alla porta.
I chioschi di succhi di frutta sono un’istituzione cittadina e uno strumento necessario ala sopravvivenza. Quest’anno il nostro smoothie preferito è stato melone/anguria/menta. Il dj della frutta è in Dizengoff, accanto al Bauhaus Centre che by the way vende robaccia sempre meno interessante.
La cappella dell’Ascensione sul Monte degli Ulivi. Anche se il mio amico Matteo ha paragonato il paesaggio complessivo alla periferia di Arzachena, i luoghi sacri sul Monte conservano una tranquillità più adatta alla meditazione del grande suk religioso di Gerusalemme.
La tavola da surf bianca (appoggiata sulla balaustra, ndc) è un completamento perfetto.
Gordon Swimming Pool al tramonto. È un’istituzione cittadina da quasi 50 anni.