Pier Ferdinando Casini ha spiazzato un po’ tutti. Prima la bocciatura dell’ipotesi di un governo tecnico, poi la proposta di un «armistizio» tra partiti. Oggi, dopo l’incontro delle opposizioni con le parti sociali, l’ultima apertura all’Esecutivo: «Noi siamo pronti a concorrere, ma nessuno ci ha contattato. Se vogliono, hanno i nostri numeri telefonici. Siamo reperibili. Se il Governo vuole disponibilità, contatti ognuno di noi indipendentemente dal luogo di vacanza». E per chi non avesse ancora afferrato il concetto: «Ora basta con la litania delle dimissioni».
Maggioranza e opposizione. Sono tutti sorpresi. Incredulo il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che ieri alla Camera ha commentato soddisfatto l’intervento dell’ex alleato: «Pier ha fatto un bel discorso, per una volta è stato responsabile». Presi in contropiede i colonnelli del Pdl («All’onorevole Casini – spiega oggi il vicepresidente del senatori berlusconiani Gaetano Quagliariello – si può dare atto di aver dimostrato concretezza e senso di responsabilità»). Spiazzati anche i colleghi di opposizione dell’Italia dei Valori e del Partito democratico, che non si aspettavano una linea così morbida.
Per salvare il Paese da una crisi economica che secondo gli analisti rischia di peggiorare sempre di più, Casini è pronto a sostenere un armistizio tra i principali partiti. A interpretare il ruolo di salvatore della Patria. Nessuna apertura a governi tecnici, vero spauracchio di Berlusconi. Perché sancirebbero «il fallimento della politica». In cambio, mormora qualcuno, starebbe già pensando a una ricompensa. «Chissà, forse proprio il Quirinale – racconta un esponente del Pdl – Mi sembra chiaro che il leader centrista stia giocando una partita tutta sua».
Intanto Casini propone la sua ricetta per uscire dalla crisi. Anticipare una parte delle proposte previste nella manovra. Poi varare una commissione bipartisan per individuare una strategia di crescita. «Proposte davvero poco concrete» ironizza un fedelissimo del Cavaliere. Forse. Ma a guardar bene sono le uniche presentate ieri in Parlamento.
L’improvvisa apertura del leader dell’Udc fa parte di una strategia per salire al Colle? Più di qualcuno è pronto a scommetterci. L’obiettivo non è proprio dietro l’angolo – il settennato di Napolitano si chiuderà nel 2013 – ma secondo il pensiero di molti l’ex presidente della Camera avrebbe già puntato alla meta. «Potrebbe tranquillamente ambire a quel ruolo – raccontano ancora dalla maggioranza – Sarebbero in pochi a considerarlo la miglior candidatura per quel posto. Ma in molti potrebbero considerarlo il male minore». E poi c’è una coincidenza non da poco: la presidenza Napolitano terminerà proprio in concomitanza con la fine della legislatura.
E se il Cavaliere ambisse a quella poltrona? A bocciare la corsa di Berlusconi, tre mesi fa, ci aveva pensato proprio Casini. «Credo che non sarebbe la persona giusta al posto giusto – le sue parole – perché chi divide il Paese difficilmente può unificarlo. E il presidente della Repubblica deve unificare gli italiani, non dividerli». Tutto chiaro. Parole da candidato: col profilo “del male minore”.