«Ma la Bce non può svolgere i compiti della politica»

«Ma la Bce non può svolgere i compiti della politica»

BERLINO – È la peggiore crisi della zona-euro dagli accordi di Maastricht: la moneta unica, però, sopravvivrà. È questa la diagnosi dell’economista tedesco Klaus Zimmermann, docente all’Università di Bonn e presidente dell’Istituto per il Futuro del Lavoro (IZA), di fronte all’agonia della moneta unica. L’Italia ha bisogno di scrivere il pareggio del bilancio nella costituzione e di fare riforme, secondo l’esperto. A Draghi, spetta il compito difficile di difendere l’indipendenza della Bce.

Professor Zimmermann, quanto è grave questa crisi?
Vent’anni dopo il trattato di Maastricht, la zona Euro si trova ora nella sua crisi più grave. Appare chiaro in queste ore che gli accordi per la stabilità e la crescita presi in quell’occasione, e che dovevano assicurare solide finanze pubbliche, non sono stati sufficienti. Ad esempio, non sono state introdotte sanzioni concrete contro i «peccatori del deficit». Sarebbe ancora meglio, per il futuro, introdurre misure di impulso al risparmio, che premino, cioè, ogni sforzo in questa direzione. Particolarmente negativo è stato, a mio avviso, il fatto che nel 1992 molti stati hanno coscientemente infranto le regole che si erano dati. Anche la stessa Germania ha peccato. Puntare ora il dito solo verso la Grecia o l’Italia è troppo semplice.

Il Governo italiano sta cercando di reagire con alcuni tagli. Sono sufficienti queste riforme?
L’Italia ha bisogno di un programma di risparmio convincente e persistente. Dopo il Giappone e la Grecia, con una quota del 132,7%, l’Italia ha il maggiore debito pubblico, in rapporto alla sue prestazioni economiche. Per questa ragione, il tentativo di introdurre ora nella costituzione italiana una specie di «freno» al debito, così come ce l’ha la Germania, è giusto. Per prima cosa, è fondamentale convincere i cittadini italiani (ma anche quelli degli altri Paesi) che, nonostante i sacrifici, si deve intraprendere questa strada di riforme. È necessario che si capisca che l’Euro, la moneta che ha difeso bene l’Europa nelle ultime crisi, anche in futuro avrà bisogno di fondamenta stabili. Non c’è alternativa al consolidamento delle finanze pubbliche.

C’è il rischio che questi tagli frenino di fatto la crescita?
Insisto: a breve termine, tanto l’Italia quanto gli altri paesi dell’Ue, devono risparmiare per uscire dalla trappola del debito. Però, per farlo, non bisogna strozzare l’impulso alla crescita, l’innovazione e la domanda interna. Per trovare un equilibrio tra le due istanze, è necessaria una buona intelligenza politica. Abbiamo bisogno di una politica di bilancio che respiri, e che negli anni di crescita sappia risparmiare. Dobbiamo essere preparati di fronte ai tempi di difficoltà finanziarie. Fino ad ora, però, è stato così: nelle fasi di crisi, i debiti sono aumentati sempre di più, ma nei momenti di recupero non è stato conseguentemente diminuito il debito. Ora questa spirale minaccia di distruggere le nostre economie pubbliche.

Quali riforme sono necessarie?
Dall’introduzione dell’Euro, insisto a dire che la moneta unica deve essere accompagnata da una politica economica comune, che comprenda, prima di tutto, la liberalizzazione del mercato del lavoro. Purtroppo, da questo punto di vista si è fatto troppo poco. Per esempio, lo scopo di rendere l’Europa tra le zone di maggior crescita al mondo, è rimasto carta straccia. Io mi auguro ora un mercato del lavoro europeo che sia aperto a una competizione con le altre grandi regioni del mondo per attrarre le migliori teste e talenti. La chance dell’Europa risiede nel diventare attrattiva per questo alto potenziale. Se l’Europa persegue con determinazione questa strada, è il migliore programma per il nostro futuro. Però ora come ora manca una strategia.

Torniamo all’Italia: crede che il problema sia più politico o strettamente economico?
L’Italia è senza dubbio strutturalmente tra i Paesi con un enorme potenziale di successo. Enorme. Però i suoi governi sono da tempo fragili. Questo impedisce una pianificazione a lungo termine. Non c’è dubbio che una maggiore stabilità politica favorirebbe anche la stabilità economica. Ma è anche vero che gli italiani hanno un temperamento politico molto diverso da quello di tedeschi, francesi o britannici, che invece prevedono dei tempi di cambio di governo più lunghi.

Italia e Spagna che sprofondano nella crisi e la Francia minacciata dalle agenzie di rating: è questa l’immagine della fine dell’Euro?
No, l’Euro non è di fronte alla sua fine ma a una cesura. Se i politici riescono a tirare le conclusioni adeguate dalla crisi, allora l’Europa potrebbe addirittura uscirne rafforzata. Oltre alle riforme riguardo a crescita e competitività, è necessaria anche una politica finanziaria comune e un management determinato per le situazioni di crisi. Non può essere che la Banca Centrale Europea svolga compiti che appartengono della politica. Mario Draghi, come futuro presidente della Bce dovrà misurarsi con una sfida: la ferrea difesa dell’indipendenza di quest’istituzione, che deve avere come sommo fine la stabilità dell’Euro, in modo da restaurare la fiducia che ultimamente si è persa. Io ho fiducia che sarà in grado di farlo.

Quali sono i passi fondamentali per consolidare l’Euro?
Il bilancio pubblico dev’essere sorvegliato in modo più severo, politiche finanziarie e sistema impositivo devono essere integrati meglio. In questo ambito, l’Europa parla ancora lingue troppo diverse. Ci sono molti responsabili, ma quello che manca è un Ministero di Finanza comune e con un’autorità.

Qualcuno ha parlato di un Euro del Nord, dopo la fine dell’attuale Euro. Quali altri scenari sono possibili?
C’è un solo scenario possibile: l’Euro vive.

Come vive la Germania la attuale crisi dei debiti? C’è irritazione tra la popolazione?
Da un punto di vista emotivo i tedeschi non hanno ancora preso a cuore l’Euro, nonostante ne traggano enormi benefici. Per questa ragione puntano volentieri il dito verso gli altri, per rafforzare i propri pregiudizi. Un buon europeo deve però avere comprensione verso i problemi degli altri. Per questo ragione auguro ai tedeschi un maggiore coscienza europea. Viaggiano volentieri in Italia e Spagna. Allo stesso modo, dovrebbero essere mentalmente un po’ più aperti.