Niente Palacinema causa amianto, e intanto parte il festival

Niente Palacinema causa amianto, e intanto parte il festival

Questa è la storia di un sogno hollywoodiano. Un sogno hollywoodiano in salsa veneziana. Che ha un epicentro ben preciso, quel Lido regno del festival del Cinema e che in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia sarebbe dovuto diventare un centro di aggregazione cinematografica capace di proiettare in laguna non solo i red carpet e le anticipazioni festivaliere ma anche tutto quanto significhi cinema in Italia, per 365 giorni l’anno. Una sfida diritta al cuore alla riviera francese che proprio in questi giorni ospita il blasonatissimo festival di Cannes.

Un progetto ambizioso che aveva al centro il Palacinema, una struttura fortemente voluta ai tempi del governo Prodi, dall’allora ministro per i Beni Culturali Francesco Rutelli, confermata e anzi ampliata dalla premiata ditta Berlusconi-Biondi, grazie all’inedita alleanza Cacciari-Galan e che l’11 giugno sarebbe dovuta diventare realtà. Ma al posto del palazzetto ricoperto di mosaici e circondato da travertino, al Lido c’è solo una grossa, enorme e spaventosa buca.

Il progetto originario negli anni è stato ridotto, ristretto, abbassato e ridimensionato tre volte per rientrare nel budget che a dispetto di tutti i tagli continuava a crescere. Ma l’ultimo stop, al quale non è stata ancora trovata una soluzione, è arrivato solo pochi giorni fa perché nel terreno, a tre metri di profondità, mentre si scavava per le fondamenta del Palacinema, è stato trovato tanto di quell’amianto che smaltirlo e bonificare l’area comporterebbe un costo eccessivo che nessuno, né la cordata di imprenditori, né il Comune, né tanto meno la struttura commissariale che ha in poco più di un anno e mezzo avocato a sé la quasi totalità dei poteri decisionali e gestionali, vuole accollarsi.

Le sorti del Palacinema verranno decise venerdì, nella prossima e decisiva conferenza dei servizi alla quale parteciperanno gli enti locali e il commissario straordinario Vincenzo Spaziante, che a Linkiesta rivela: «Non diamo la colpa solo all’amianto. Non è così. Sono due gli elementi da valutare: i maggiori costi dovuti al ritrovamento di pezzi di amianto e le minori entrate. Per finanziare la costruzione del Palacinema è stato venduto l’ex Ospedale del mare, ma l’ultimo lotto non ha proposte di acquisto. La gara è andata deserta per ben tre volte e se non entrano questi soldi il progetto diventa davvero troppo oneroso». Ci sta dicendo che siete in procinto di rinunciare, come ha ipotizzare il ministro dei Beni Culturali Galan da Cannes? «Rinunciare non è nelle mie corde. Io non sollevo solo problemi, ma di solito propongo soluzioni. Ed è quello che farò venerdì». Secondo indiscrezioni all’orizzonte c’è la proposta di un palazzo più piccolo, con fondamenta meno profonde. 

Secondo il coordinamento delle associazioni ambientaliste, Lipu in testa, che battagliano da anni contro il megaprogetto con esposti e denunce, allo stato attuale, l’unico risultato tangibile di tre anni di azioni è stato l’abbattimento di una pineta con 130 alberi. E, in una delle loro denunce ci vanno giù duro: «La costruzione del Palacinema deriva da un’operazione eticamente scorretta che ha destinato le somme ricavate dalla vendita dell’ex ospedale del mare all’edificazione di un’opera di cui non si sentiva l’esigenza: nell’aria si sente il lezzo delle metastasi dell’affarismo cementificatorio che sta invadendo il lido di Venezia sulla spinta di cricche e caste». Che fine ha fatto il “palazzo del cinema degno di Hollywood” (la definizione è dell’ex sindaco Cacciari) che doveva essere pronto entro giugno pena la decadenza dei fondi stanziati per gli eventi del 150° anniversario dell’unità nazionale?

Ma andiamo per ordine. Due le date da evidenziare: l’11 dicembre 2007 il deputato Sandro Bondi presenta un’interrogazione a Prodi, presidente del Consiglio, e Francesco Rutelli, suo ministro per i Beni culturali. Vuole sapere come si intenda spiegare la reperibilità dei fondi per gli eventi del 150° anniversario dell’Unità d’Italia visto che lo Stato avrà a disposizione 150 milioni mentre altri 190 dovranno essere trovati a livello locale. Proprio in quei giorni il comune di Venezia acquistava l’ex Ospedale del mare per 25 milioni di euro avendone previsto in bilancio solo 15. Questo acquisto era il primo passo per la realizzazione del Palacinema che è stato fatto rientrare tra gli eventi del 150°.
Appena sei mesi più tardi è lo stesso Bondi, questa volta in veste di ministro per i Beni Culturali, che sbarca in Laguna per posare la prima pietra del palazzo, avendo come braccio destro proprio il governatore veneto Galan e come quello sinistro Cacciari. Evidentemente i dubbi espressi in quell’interrogazione erano svaniti.

In mezzo ci sta il primo ridimensionamento del palazzetto. I posti della sala grande passano da 2400 a 2200, le nove salette aggiuntive si riducono a due. A protestare sono, oltre agli ambientalisti, per gli alberi recisi, anche i progettisti che vedono sotto ai loro occhi stravolgersi l’idea originaria della grande conca tra cielo e mare che, arricchita da vetri in murano e pietre, in omaggio ai maestri artigiani locali, avrebbe dovuto ospitare la nuova cittadella del cinema.

L’unico a non rendersi conto che il megadisegno sta naufragando è proprio Cacciari, che ancora l’anno scorso illustrava l’impresa addirittura rilanciando: non ci sarà solo il palazzetto, ma tante opere infrastrutturali. Strade, residenze, campeggi per i giovani che in ogni momento dell’anno arriveranno a Venezia per abbeverarsi all’arte cinematografica, e poi strutture alberghiere e termali di lusso, spiagge e strutture ricettive di ogni tipo.

Ma le casse continuano ad essere sempre più vuote. Tanto che, interpellato nell’estate scorsa, oramai in funzione di ex sindaco, Cacciari ha sbottato, ripreso dalla stampa: «Il Palacinema non va? Si arrangino».

Tutti scontenti? Non proprio. C’è un partito trasversale che sul progetto mai diventato realtà ha tratto giovamenti. Come ad esempio il pool di imprese costruttrici che sta dettando legge su costi, preventivi, e adeguamenti dei progetti. E come il giovane (per gli standard italiani) capo di gabinetto del ministero dei Beni Culturali nominato a capo della commissione collaudatrice, Salvatore Nastasi. È un dirigente ministeriale, con formazione universitaria da avvocato, e viene nominato a capo della commissione che si occupa delle verifiche delle costruzioni edilizie. Il dirigente, pare assai stimato da Gianni Letta e nominato direttore generale senza concorsi interni, si è dimesso dopo pochi mesi avendo partecipato solo alla prima riunione di insediamento, senza aver percepito alcun compenso. Per comprendere appieno l’alto livello delle sue competenze, basti sapere che è stato sub commissario al teatro Petruzzelli di Bari, poi commissario al Maggio fiorentino, alla Fondazione Arena di Verona e al Teatro San Carlo di Napoli.

Il plenipotenziario commissario Vincenzo Spaziante ne ha di gatte da pelare. Nominato con decreto del premier Berlusconi nel 2009, aveva il compito di portare a termine non tutta l’opera, ma solo il primo lotto, quello che comprende la sala grande, entro giugno. Niente da fare, l’amianto è stato l’ostacolo principale ben due volte. L’anno scorso, facendo lievitare i costi di circa 10 milioni di euro, e 15 giorni fa. C’è da dire che Spaziante in questi due anni di governo ha avocato a sé molti compiti. Tanto che anche il comune si è lamentato vedendo esautorati molti suoi poteri decisionali nel merito. Bisogna poi dire che le sfortune le ha avute tutte: l’anno scorso, a febbraio, ha dovuto rimuovere uno dei suoi uomini, Mauro della Giovampaola, arrestato nell’ambito dell’inchiesta per i lavori del G8 alla Maddalena e che faceva parte della commissione tecnica incaricata di valutare i progetti per la riconversione dell’ex ospedale al mare, e quindi del Palacinema, che dalle ceneri dell’ex ospedale sarebbe dovuto rinascere, come una fenice. Sull’intera opera si è estesa poi l’ombra della corruzione tanto che lo stesso Spaziante ha dato ordine di rendere pubblici non solo gli elenchi delle ditte appaltatrici ma anche quelli dei subappalti. Il budget iniziale di 87 milioni è lievitato fino a 150, poi ridimensionatosi a 128, molti dei quali ancora da reperire. Ecco perché questo amianto infilato sotto terra rischia di compromettere per sempre il sogno hollywoodiano di Cacciari, che nel frattempo, aveva già avviato i corsi di formazione per i giovani.

La conferenza dei servizi convocata in tutta fretta a fine aprile non ha potuto che prendere atto della realtà: «Le tracce d’amianto obbligano a reperire nuovi fondi – ha sommessamente detto il commissario – decideremo il da farsi». Intanto però, in quella stessa riunione è stato dato anche ottimisticamente il via alla realizzazione del nuovo campeggio alla colonia Morosini. Se il turismo giovanile dovesse arrivare in Laguna attratto dal polo cinematografico di Venezia, almeno le tende ci saranno. 

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