Nuovo record per la pressione fiscale, che supererà il 43% già nel 2012. Questo uno degli effetti della manovra correttiva dopo il varo del decreto di agosto (DL n. 138/2011, c.d. “manovra di Ferragosto”), il cui esame per la L. di conversione comincia oggi alla Commissione Bilancio del Senato. La manovra è finalizzata a consentire il raggiungimento del pareggio di bilancio già sul 2013, sale a 50 miliardi, per poi crescere, sul 2014, a 55 miliardi.
Un nostro studio, partendo dalle disposizioni del DL n. 98/2011 (conv. L. n. 111/2011) e del DL n. 138/2011, illustra tagli, maggiori entrate ed effetti sulla pressione fiscale, chiedendosi chi alla fine paghi il conto. [su questo, vedi l‘infografica de Linkiesta] La manovra si struttura per più del 60% su nuove entrate tributarie e per poco meno del 40% su tagli di spesa. I tagli si concentrano principalmente su: Ministeri, anche se, dopo l’approvazione della manovra-bis, assumono una curva decrescente (7 mld nel 2012, 6 nel 2013 e 5 nel 2014), in luogo di quella crescente che li caratterizzava prima (1 mld nel 2012, 3,5 nel 2013 e sempre 5 nel 2014), con una forte indeterminatezza sull’individuazione dei tagli aggiuntivi disposti sul 2012 (6 mld) e sul 2013 (2,5 mld); pubblico impiego (330 milioni nel 2012, 1.095 nel 2013 e 1.463 nel 2014); sanità (2.430 milioni nel 2013 e 4.930 nel 2014); pensioni, sia del settore pubblico che di quello privato (12 milioni nel 2011, 553 nel 2012, 1.993 nel 2013 e 1.972 nel 2014); Regioni, Province e Comuni (6 mld nel 2012 e 6,4 dal 2013).
Le maggiori entrate tributarie (1.732 milioni nel 2011, 14.509 nel 2012, 32.069 nel 2013 e 34.389 nel 2014) sono riconducibili appena per il 7% a previsioni di maggiori entrate derivanti dalla lotta all’evasione fiscale e, per il restante 93%, all’introduzione di nuove imposte e all’aumento di imposte esistenti. Come effetto, la pressione fiscale attesa sul PIL salirà: nel 2011, al 42,56% (42,45% atteso prima della manovra di luglio); nel 2012, al 43,59% (contro il 42,71% atteso); nel 2013, al 44,45% (contro il 42,56%); nel 2014, al 44,39% (contro il 42,43% atteso). In passato, solo due volte la pressione fiscale ha superato la soglia del 43%: nel 1997 (43,67%), anno della c.d. “Eurotassa”; nel 2007 (43,05%), anno in cui fu al Governo una coalizione che, mai come prima nella storia repubblicana, fece un vero e proprio elogio delle tasse. Il 2012 sarà l’anno del nuovo record di pressione fiscale (43,59%), dopodiché, dal 2013 in poi, si sfonderà addirittura la soglia del 44%, mai in precedenza nemmeno sfiorata.
A pagare il conto saranno: dipendenti, liberi professionisti e piccoli imprenditori che dichiarano redditi oltre i 90.000 euro, attraverso l’introduzione di un contributo di solidarietà che porterà nelle casse dello Stato maggiori entrate nette per 675 milioni nel 2012, 1.557 milioni nel 2012 e 1.586 milioni nel 2013; dipendenti, liberi professionisti e piccoli imprenditori che dichiarano bassi redditi, attraverso la previsione di tagli lineari alle deduzioni, detrazioni e agevolazioni fiscali previste dalla manovra per 4 miliardi sul 2012 e che salgono a 16 sul 2013, e per divenire infine 20 a partire dal 2014; i proprietari di azioni, obbligazioni e titoli in genere, per i quali, dal 2012, sale la tassazione dei relativi rendimenti dal 12,5% al 20%, con esclusione di quelli relativi ai titoli di debito pubblico e, già dal 2011, trova applicazione un superbollo annuale sui conti di deposito che particolarmente oneroso per le giacenze intorno a 150.000 euro; i proprietari di auto di grossa cilindrata, per effetto dell’introduzione di un incremento all’imposta di bollo sui veicoli; banche e assicurazioni, cui si applicherà, già dal 2011, una maggiorazione IRAP; le imprese che operano nel settore dell’energia, cui si applicherà un’addizionale IRES; le imprese che investono e quelle che, dopo aver chiuso precedenti esercizi in perdita, riescono a tornare in utile, attraverso la previsione, rispettivamente, di un riassetto sfavorevole delle aliquote degli ammortamenti fiscalmente deducibili e di nuove limitazioni alla possibilità di compensare i redditi imponibili con le perdite fiscali che le imprese riportano da periodi di imposta precedenti; i cittadini, per effetto della conferma degli aumenti disposti sulle accise che dovevano cessare con il 2011 e dell’ulteriore aumento delle accise sui tabacchi.
Unico settore ignorato dalla manovra è quello immobiliare: i proprietari di beni immobili sono gli unici a essere esclusi dall’aggravio dell’imposizione fiscale. Ciò denota una propensione, trasversale agli attuali schieramenti politici, a prediligere la tutela del risparmio inteso come risparmio già accumulato (patrimonio) invece che inteso come possibilità di risparmio futuro (reddito disponibile) e a prediligere la tassazione dei patrimoni mobiliari. Un ordine di priorità che potrà forse trovare l’avallo di molti economisti, ma che traccia l’identikit di un Paese in cui si preferisce preservare il passato invece che puntare sul futuro e in cui, tra mobile e immobile, si sceglie ciò che è immobile.
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Berlusconi tassa gli italiani più di Prodi
**Dottore commercialista a Venezia, direttore responsabile di Eutekne.info, componente del comitato scientifico della rivista il Fisco