Sorprendono non poco le spiegazioni pubbliche relative al rapporto locatizio o sub-locatizio o co-locatizio che ha coinvolto il ministro Giulio Tremonti e il deputato Marco Milanese. Il primo corrispondeva al secondo, settimanalmente pare, l’importo di 1.000 euro in contanti senza che ciò potesse giustificare il sospetto di pagamenti in nero o di altre pratiche non lecite, nel merito delle quali si soprassiede perché sono solo fatti Loro. Il ministro – è stato detto – guadagna talmente tanto con la sua attività che non ha bisogno di sottrarre risorse al fisco ed ha così tanti problemi da affrontare nella complessa situazione italiana che non poteva preoccuparsi anche di gestire diversamente il rapporto con l’onorevole Milanese.
Innanzitutto, chi guadagna tanto, non per questo può essere considerato scevro dalla tentazione di imboscare quel che può al Fisco. Inoltre, la ricchezza non è di per sé tale da escludere a priori la propensione ad evadere le tasse. In ogni caso, sorprende non poco che con tutte le grane istituzionali da risolvere il ministro si doveva preoccupare anche di procurarsi settimanalmente l’importo di mille euro in contanti da consegnare nelle mani dell’onorevole Milanese, quando sarebbe stato assai più facile disporre a suo favore un bonifico bancario permanente! Ma non è neppure questo il profilo più irritante, perché ognuno usa le proprie risorse come meglio crede.
Ciò che veramente fa saltare i nervi è ben altro: è la diffusa tendenza dello Stato a scoraggiare l’impiego del danaro contante fino al punto di avallare l’uso indiscriminato di una norma fiscale in base alla quale, in caso di indagini finanziarie, i prelevamenti in contanti dai conti bancari o postali, quale che ne sia l’importo, si considerano ricavi o compensi da tassare quando il contribuente non è in grado di giustificarne l’impiego indicando i beneficiari e, secondo le consuete pretese degli uffici finanziari, fornendo la relativa dimostrazione documentale (art. 32 c. 1 n. 2 del D.P.R. 600/1973). Ciò significa che il contribuente non può liberamente disporre del danaro legittimamente guadagnato se non attraverso operazioni tracciabili (assegni, bonifici bancari, carte di credito, carte pre-pagate, pago-bancomat) perché altrimenti il fisco applica nei suoi confronti la presunzione legale di ricavo o compenso, calcola sul relativo importo l’Irpef e le relative addizionali comunale e regionale e irroga le corrispondenti sanzioni amministrative pecuniarie (dal 100% al 200% dei tributi presunti evasi). Ne conseguono recuperi a tassazione completamente inventati, palesemente ingiusti ed estremamente elevati, per contrastare i quali i contribuenti hanno ben poche chances e sono costretti a subire veri e propri soprusi da “abuso legittimo di presunzione legale” (sembra un controsenso, ma purtroppo è proprio così!).
Nella bozza del Decreto Legge relativo alla Manovra estiva diffusa nei primissimi giorni di luglio era stato stabilito che «all’art. 32 del Decreto del presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, nel primo comma, n. 2, le parole “i prelevamenti o” sono eliminate» (art. 16). Era stato finalmente rimosso un gravissimo sopruso normativo. Manco per niente: l’abrogazione è durata solo lo spazio di appena qualche giorno, perché già nella stesura definitiva sottoposta al vaglio del capo dello Stato prima del varo era già sparita. Evidentemente qualcuno aveva fatto due conti ed aveva stimato che quella giusta abrogazione avrebbe comportato una perdita di gettito da accertamento bancario troppo elevata e perciò è stata rimossa. Così gli uffici finanziari potranno continuare ad approfittare di quella vera e propria “gallina dalle uova d’oro” in barba ai diritti fondamentali dei contribuenti che debbono stare attenti a non prelevare i contanti e dunque ad evitare di usarne per effettuare i propri pagamenti.
Poi si viene a sapere che proprio il ministro delle Finanze, onorevole Giulio Tremonti, paladino della conservazione e della applicazione di quella assurda presunzione legale (prelevamenti in contanti = ricavi/compensi), si è procurato sistematicamente 1.000 euro in contanti, con cadenza settimanale, da passare brevi manu al suo amico onorevole Marco Milanese per pagargli non si sa bene che cosa … e qui sorgono tanti interrogativi irrisolti. Il ministro prelevava settimanalmente dai propri conti bancari mille euro in contanti? Oppure prelevava di volta in volta l’intera somma in contante necessaria per avere la provvista del mese (mediamente 4.000 euro)? Oppure ancora prelevava migliaia e migliaia di euro in contanti da cui estrarre di volta in volta il danaro necessario per i vari pagamenti richiesti da un tenore i vita molto elevato rapportato ai lauti guadagni. In tal caso, avrebbero dovuto essere state inoltrate le segnalazioni antiriciclaggio all’autorità competente?
Ancora: si premurava di ottenere e conservare i vari documenti comprovanti l’utilizzo del contante di volta in volta impiegato per le spese personali? Vista la risonanza pubblica delle operazioni per contanti effettuate dal ministro, l’Agenzia delle Entrate ha attivato nei confronti suoi e dei suoi familiari le consuete indagini finanziarie che angosciano e derubano i tanti malcapitati Contribuenti privi di santi protettori e colpevoli per presunzione assoluta di essere evasori fino a prova contraria?
I cittadini italiani, vessati da un fisco oppressivo e ossessivo e sottoposti a metodi accertativi medievali, attendono risposte esaurienti e si augurano che anche il ministro onorevole Giulio Tremonti, dichiaratosi solo un “ingenuo” ma non un evasore, possa sperimentare le conseguenze di una presunzione legale assurda, ingiusta ed incivile (prelevamenti = ricavi/compensi da tassare), nonché lesiva dei fondamentali diritti di libertà fra i quali l’impiego lecito del danaro contante (a norma dell’art. 693 del Codice penale, chi rifiuta di riceverlo in pagamento commette un illecito sanzionabile!). Una norma applicata nei confronti di tanti Contribuenti che in assoluta buona fede ne fanno un uso quotidiano.
*Avvocato tributarista del Foro di Macerata
Presidente del Movimento in Difesa dei Lavoratori Autonomi