A Bruxelles l’Italia vota “con gli speculatori”

A Bruxelles l'Italia vota “con gli speculatori”

BRUXELLES – Mentre la crisi finanziaria e dei debiti sovrani accelera, l’Ue litiga sui Cds sui debiti sovrani. Settembre doveva essere il momento in cui si sarebbe arrivati a una decisione sulla proposta di regolamento Ue avanzata un anno fa dalla Commissione Europea sulle vendite allo scoperto dei Cds (Credit Default Swap, le “assicurazioni” contro fallimenti degli enti, aziende o anche stati, che emettano obbligazioni) naked, e cioè stipulati senza essere in possesso dei titoli in questione. Invece – anche se i negoziati procedono e la presidenza polacca dell’Ue sta cercando una mediazione – per ora non c’è accordo proprio per l’opposizione di alcuni stati alle forti restrizioni proposte da Bruxelles per i Cds naked per i titoli di Stato. Quel che colpisce non è tanto il no di Gran Bretagna, Olanda e della stessa Polonia al bando, quanto la contrarietà espressa anche dall’Italia, che pure molti ritengono “vittima” delle cosiddette “speculazioni” finanziarie di cui proprio questi derivati sui titoli sovrani sarebbero uno dei grandi strumenti. «È piuttosto improbabile – commenta un europarlamentare – che uno chiami i pompieri per spegnere l’incendio di una casa che non si possiede ma su cui si ha stipulato un’assicurazione».

Sembra logico, ma proprio l’Italia, riferiscono a chi scrive varie fonti diplomatiche, ha espresso sostanzialmente il timore che vietare i Cds naked sarebbe controproducente e, anziché allentare la pressione sui Btp, la aumenterebbe facendo ancora salire il differenziale (il famoso spread) sui Bund tedeschi già alle stelle. Le argomentazioni di fondo sono le stesse sostenute da vari economisti e in buona sostanza anche degli altri oppositori. Primo, le vendite allo scoperto in generale sono fonte di liquidità, perché fanno girare soldi e impegnano ad acquistare i titoli presi “in prestito”, e proprio di liquidità ha urgente bisogno il mercato dei titoli sovrani. Secondo, visto che soprattutto gli hedge fond “compensano” rischi assunti sul mercato proprio con strumenti di questo tipo, se vengono vietati o fortemente limitati, potrebbe ulteriormente calare la disponibilità al rischio, con pesanti effetti su titoli considerati ormai non più del tutto sicuri, come i nostri Btp.

C’è però un terzo aspetto, ed è di natura politica: la messa al bando dei Cds naked potrebbe esser interpretato, dicono diplomatici che seguono la questione, come un ennesimo segnale che i governi se la prendono con le presunte “speculazioni” pur di non fare le urgentissime riforme strutturali e ridurre il deficit. La vede così anche uno studio dell’Edhec Risk Institute (una divisione della celebre business school francese Edhec), secondo il quale lo stop agli swap scoperti potrebbe «ulteriormente alimentare la sfiducia nei confronti degli Stati sovrani e sulla persistente incapacità delle istituzioni politiche di affrontare le cause della crisi in corso».

La presidente polacca dell’Ue la scorsa settimana ha proposto un compromesso che limita fortemente la definizione di “Cds naked”. Ne sarebbero esclusi, ad esempio, i casi in cui l’acquirente di swap su titoli sovrani, pur non possedendo direttamente bond di Stati, abbia in portafoglio asset che risentirebbero direttamente di un crollo del valore dei titoli di Stato. Londra ha mostrato favore e l’Italia si è riservata di esprimersi dopo un’attenta analisi.

La partita è ora in corso, se ne riparla la prossima settimana, quando dovrebbe tornare a riunirsi il trialogo tra Commissione, Europarlamento e Presidenza Ue. Non è una battaglia facile, la Commissione non è entusiasta di quello che ai suoi occhi appare come un annacquamento della sua proposta, e dalla sua ha anche il Parlamento Europeo, che anzi la scorsa primavera ha votato in aula per la messa al bando degli swap scoperti.

Per il resto c’è sostanziale accordo sulla normativa, che prevede precise regole di trasparenza (obbligo di contratti con un prestatore e di precise garanzie di acquisto dei titoli presi in prestito, comunicazione dei volumi alle authority competenti come la Consob e simili). In generale, Bruxelles propone un quadro normativo Ue che dia maggiori possibilità alle autorità nazionali di ottenere piene informazioni sulle vendite allo scoperto e procedere a veri e propri divieti in caso di emergenza.  

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