Da domani a domenica all’elenco delle “feste” politiche di fine estate dovremo aggiungere quella del “Fatto” che si terrà a Marina di Pietrasanta. Antonio Padellaro, direttore del giornale, ha oggi presentato i conti della creatura che ha fondato con Marco Travaglio riportando cifre impressionanti. Ad agosto “Il Fatto” ha venduto stabilmente ottantamila copie con punte di centomila e un incremento rispetto allo scorso anno del 18%. Padellaro ha anche annunciato che domenica Michele Santoro, nel corso della festa, annuncerà la sua nuova trasmissione, dopo la cacciata dalla Rai e il mancato matrimonio con La 7, che vedrà la luce sul web e su un pool di tv private locali ma soprattutto con l’apporto del nuovo quotidiano.
Queste cifre e questi progetti dovrebbero spingere sia gli esperti dei media sia i cronisti della politica ad esaminare con attenzione la novità che è in corso e che da questa si svilupperà ancora. Il primo dato che emerge è che il giornale è l’unico evento editoriale degli ultimi anni e che insidia da vicino anche una vecchia portaerei del centro-sinistra come “la Repubblica”. Privo di editori puri o semi-puri, di finanziamenti pubblici e con poca pubblicità “il Fatto” è oggi probabilmente il vero giornale-bandiera del mondo che si oppone a Berlusconi. La radice del suo successo sta proprio qui, nella radicalità della sua opposizione al mondo del premier. Al tempo stesso, e a differenza di “Repubblica”, “il Fatto” non partecipa alle vicende del centro-sinistra di cui è censore spietato.
Marco Travaglio ha spiegato che le sue radici culturali e professionali sono nel montanellismo peccando contemporaneamente di presunzione e di umiltà. Lasciamo perdere la presunzione, l’umiltà sta nel fatto che il montanellismo è sempre stato contiguo al potere, genialmente contiguo, mentre i suoi epigoni hanno trovato nella avversione verso tutta la politica la loro fonte di affermazione. “Il Fatto” è un giornale che divide. Molti lo considerano indispensabile, altri lo detestano. Il giornale non fa nulla per cercare amicizie. La sua linea generale sembra essere “prendere o lasciare”, cioè chiede al mondo dei suoi lettori e collaboratori una totale identificazione con la causa. Da qui la sua spesso inutile ferocia verso quelli che hanno altri atteggiamenti e soprattutto verso i terzisti o i sostenitori, fra i quali c’ero anch’io, della possibilità di una democratizzazione del berlusconismo.
In un certo senso il giornale non è più neppure solo un giornale giustizialista. Nel fare un bilancio di questi vent’anni anche questa categoria merita di essere rivista e forse cestinata, tuttavia la novità del “Fatto” è che le sue cronache più maliziose ormai non sono solo quelle giudiziarie ma anche e soprattutto quelle politiche ed economiche. “Il Fatto” si presenta quindi sulla scena editoriale con una doppia ambizione, quella di insidiare i maggiori giornali (impresa quasi riuscita) e quella di dar vita a un movimento di lettori che i partiti di centro-sinistra dovranno faticare a riconquistare. Siamo cioè di fronte a un “vuoto” politico ed editoriale che è stato riempito e che difficilmente potrà essere svuotato.
La novità è che si sta realizzando un singolare matrimonio fra conservatori radicali e sinistra radicale che sembrava fino a poco tempo fa inimmaginabile. Questo fenomeno parla soprattutto alla sinistra che dovrebbe cogliere da questi successi la spiegazione dei propri insuccessi. Mentre il gruppo dirigente della sinistra ha vissuto sull’autocelebrazione e su un’idea dei media come grancassa delle loro gesta, c’è stato tutto un mondo di scontenti che, delusi culturalmente e incazzati politicamente, si è rivolto verso questa nuova offerta politico-editoriale. I fenomeni che osservo mi interessano soprattutto per il loro profilo culturale e se in queste settimane sto insistendo nel riaffermare che alcune categorie interpretative del Novecento sembrano rivivere nella crisi finanziaria più devastante dell’eopca moderna, voglio annotare, invece, che il fenomeno che sta dietro “Il Fatto” indica la nascita di una corrente culturale che sta realizzando i sogni delle vecchie correnti radicali italiane. Non è roba di sinistra, non è anti-politica, è probabilmente il primo matrimonio riuscito fra moderatismo sociale e radicalismo politico-morale.
Spesso si è analizzato questo fenomeno, l’ ho fatto anche io, come speculare al feltrismo. Si tratta invece, se analizziamo i fatti con obiettività, di cose diverse. Il feltrismo ha molti antecedenti nella storia della destra italiana, Travaglio e Padellaro, e Colombo che ne è stato il mallevadore, si sono abbattuti con successo sulla sinistra italiana senza veri precursori. Anche il primo “Espresso” era cosa assai diversa. Questo è il successo che il “Fatto” si accinge festeggiare. Da qui inizia quindi la sua partita d’autunno, da questo protagonista che con Santoro e la Fiom si appresta a prendere la guida degli indignati italiani. Fossi Bersani butterei un occhio da quelle parti e, soprattutto, mi convincerei che non ci si confronta con questo nuovo e aggressivo mondo cercando giornali compiacenti. Quando il gioco si fa duro eccetera eccetera.