C’è la crisi, il Governo non riduce più i parlamentari

C’è la crisi, il Governo non riduce più i parlamentari

Riduzione del numero dei parlamentari, istituzione del Senato federale, rafforzamento del premier, procedimenti legislativi più veloci. Nel disegno di legge costituzionale che il Consiglio dei ministri aveva approvato il 22 luglio scorso c’era di tutto. Una completa rivisitazione dell’apparato istituzionale italiano. Una riforma in grado di tagliare drasticamente i costi della politica – grazie alla riduzione delle poltrone di deputati e senatori – e di consolidare la tenuta della maggioranza. Già, perché a Pontida Umberto Bossi era stato chiaro. Se l’Esecutivo non avesse dimezzato in tempi rapidi il numero dei parlamentari, la Lega non avrebbe garantito sulla tenuta del governo.

Insomma, una riforma fondamentale. Su cui il premier Silvio Berlusconi si era speso molto. Peccato che a quasi due mesi di distanza il disegno di legge non è stato ancora depositato in Parlamento. Una dimenticanza? A Palazzo Chigi giurano di no. «Con tutto il trambusto della crisi – spiega qualcuno – il provvedimento è passato in secondo piano. Per tutta l’estate i ministri sono stati impegnati con la manovra finanziaria». 

Per dimezzare il numero degli eletti, oggi l’unica strada rimasta sembra quella del Parlamento. Dalla scorsa settimana la commissione Affari costituzionali del Senato è al lavoro sul tema. All’esame ci sono cinque disegni di legge – presentati nei mesi scorsi da maggioranza e opposizione – per tagliare le poltrone. C’è il documento del Pd, che riprende il progetto della Bicamerale del 1997 e propone una riduzione a 600 parlamentari (400 alla Camera e 200 al Senato). C’è quello presentato dal Pdl Domenico Benedetti Valentini, che intende portare il numero dei parlamentari a 750. Più drastiche le sforbiciate proposte da Svp e Idv, che riducono gli eletti a 450. Infine c’è un progetto di legge della Lega Nord, depositato il 28 luglio scorso dai senatori Lorenzo Bodega e Sandro Mazzatorta (250 deputati e 250 senatori). «Di documenti dell’Esecutivo – confermano i tecnici di Palazzo Madama – non ce ne sono. Al momento la commissione sta lavorando solo su questi cinque testi».

Che fine ha fatto il ddl approvato da Palazzo Chigi? «Sarà presentato presto – assicurano fonti vicine al Governo – probabilmente nel giro di poche settimane». C’è chi assicura che il ministro Roberto Calderoli, grande sponsor del provvedimento, abbia chiesto un po’ di tempo per integrare il documento con i suggerimenti dei colleghi. «Di sicuro – conferma ancora la fonte – il ddl non dovrà più passare dal Consiglio dei ministri, che lo ha già approvato in via definitiva». 

Quando sarà il momento, forse, anche questo disegno di legge inizierà il suo iter in Parlamento. L’obiettivo del Governo è quello di trovare una larga maggioranza, coinvolgendo anche i partiti di opposizione. Ipotesi realistica per quanto riguarda il dimezzamento dei parlamentari (progetto cui nessuno, almeno ufficialmente, si oppone). Sarà più difficile trovare un accordo bipartisan sugli articoli che istituiscono il Senato federale e attribuiscono nuovi poteri al premier (che nel disegno di legge studiato dall’Esecutivo dovrebbe trasformarsi in «Primo ministro»). Considerati i tempi necessari per approvare un ddl costituzionale – due passaggi per ogni camera con una pausa di tre mesi – il rischio è che la legislatura finisca prima della definitiva approvazione. A Palazzo Chigi non sembrano avere fretta. «I tempi sono stretti – spiegano – ma sufficienti. La riforma costituzionale del 2005 fu approvata dal Parlamento in soli 14 mesi». 

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