I referendari sicuri: “Abbiamo le firme per cancellare il Porcellum”

I referendari sicuri: “Abbiamo le firme per cancellare il Porcellum”

Il percorso di avvicinamento al referendum per cambiare la legge elettorale è sempre meno accidentato. A due settimane scarse dalla data di consegna dei moduli, gli organizzatori sono tranquilli. Per la fine di settembre non dovrebbero esserci problemi a presentare in Cassazione le 500mila firme necessarie (secondo stime più o meno confermate dal comitato organizzatore dovremmo essere già sopra quota 400mila). A quel punto, se a febbraio 2012 la Corte Costituzionale non giudicherà inammissibili i quesiti, i cittadini potranno votare per abrogare il Porcellum e tornare al Mattarellum. Di fatto, per sostituire il sistema con liste bloccate che ha deciso le ultime due elezioni politiche con i collegi uninominali di vecchia memoria. In alternativa, come sperano in molti all’interno del centrosinistra, il raggiungimento dell’obiettivo referendario servirà ad accelerare il confronto tra maggioranza e opposizione per cambiare la legge elettorale in Parlamento.

Proprio mentre il risultato è sempre più vicino, tra i promotori del referendum iniziano i nervosismi. Se si raggiungesse l’obiettivo – inizialmente insperato – a chi andrebbe il merito? Al Pd Arturo Parisi, che a dispetto dell’iniziale bocciatura del segretario Bersani, ha proseguito la lotta anti-Porcellum, rischiando il muro contro muro con il partito? O piuttosto all’Italia dei Valori, che tra le forze in campo è quella che ad oggi ha raccolto più firme (160mila sulle 150mila che Di Pietro si era impegnato a raggiungere)?. Ma c’è anche chi, all’interno del Pd, inizia a chiedere un riconoscimento per il proprio ruolo. Perché è vero che il partito non ha offerto alcuna sponsorizzazione ufficiale alla campagna, spiegano. Ma se il Pd non avesse messo a disposizione le proprie feste per allestire banchetti e pubblicizzare il referendum, la quota 500mila firme sarebbe rimasta un sogno.

È il caso dell’ex ministro Massimo D’Alema, che pochi giorni ha spiegato con evidente fastidio: «Noi raccogliamo le firme e altri prendono i meriti. Noi facciamo campagna elettorale e, come spesso succede, i promotori dei referendum si prendono i rimborsi». Una critica, neppure troppo velata, che ha fatto andare su tutte le furie gli organizzatori. Da piazza Santi Apostoli – storico quartier generale prodiano, oggi sede del comitato referendario – ieri pomeriggio Parisi ha alzato la voce. «Evidentemente – la sua piccata risposta – D’Alema ha capito che quello che contro il referendum non ha potuto la sua opposizione frontale può farlo meglio l’ostentazione del suo sostegno». E ancora: «Il fondamento della pretesa di D’Alema, così come altre gravi inesattezze che va diffondendo, è quindi probabilmente da attribuire a semplice disinformazione. Mentre d’estate lui si distraeva legittimamente sui nostri mari non è stato informato che invece a terra c’era chi lavorava per consentire ai cittadini di sottoscrivere la loro rabbia contro una vergognosa situazione che dura immutata da sei anni».

Parisi non è l’unico a pensarla così. Gabriele De Giorgi, responsabile organizzativo del comitato referendario critica la posizione del Partito democratico. «Il Pd ha deciso di guardare con favore al referendum, senza appoggiarlo apertamente. Questa è ovviamente una distinzione che confonde, crea problemi. Certo, i parlamentari che hanno deciso di appoggiare il referendum sono sempre più numerosi, ma il partito non ha messo a disposizione la macchina organizzativa di cui dispone, non ha collaborato attivamente alla raccolta delle firme». Le dichiarazioni di D’Alema hanno dato fastidio. «Ma come fa ad attribuirsi la paternità di tutte quelle firme?» commenta De Giorgi, che continua: «Non dimentichiamo che fino a poche settimane fa con noi erano veramente in pochi. Se non ci fosse stato il nostro lavoro in solitudine, mentre dal Pd ci consideravano quasi dei pazzi, oggi non saremmo a un passo dall’obiettivo».

Resta il fatto che buona parte delle firme sono state raccolte alle feste del Pd. Matteo Orfini è il responsabile Cultura e Informazione del partito di Bersani. Con il referendum Parisi non ha nulla a che vedere. Anzi, è stato uno dei pochi dirigenti Pd ad appoggiare apertamente il referendum Passigli, l’iniziativa per il ritorno al proporzionale poi fermata per evitare dualismi all’interno del movimento. Ebbene – nel caso in cui i quesiti di Parisi raggiungessero le 500mila firme – paradossalmente un ruolo importante spetterebbe anche a lui. In estate Orfini ha organizzato a Firenze la festa democratica dell’informazione. In quell’occasione sono stati allestiti diversi banchetti. «Di firme ne abbiamo raccolte una marea» spiega. E continua: «Se il Pd non avesse deciso di guardare con favore al referendum di Parisi, mettendo a disposizione i propri eventi, raggiungere il quorum sarebbe stato evidentemente impossibile».

Intanto la raccolta delle firme prosegue. Nel quartier generale di Santi Apostoli ormai si lavora senza sosta. Nella giornata di oggi arriveranno dalla tipografia le ultime 20mila schede che saranno immediatamente distribuite in tutta Italia (fino a oggi ne sono state stampate 190 mila, in grado di raccogliere 20 firme ciascuna). Da lunedì prossimo inizieranno a tornare indietro i moduli. Gli organizzatori dovranno ricontrollarli uno per uno, un lavoro massacrante. «Purtroppo ogni minimo errore, dal timbro alla datazione sbagliata, rischia di invalidare l’intera scheda». Il picco del lavoro, però, ci sarà attorno alla fine del mese. Il 30 settembre, le schede saranno presentate in Cassazione. A febbraio 2012 spetterà alla Corte Costituzionale – ammesso che sia stato raggiunto il quorum – valutare l’ammissibilità dei quesiti. Giusto in tempo per permettere al Quirinale di indire il referendum per la primavera successiva. 

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