Il fallimento dell’euro aleggia su Cernobbio

Il fallimento dell’euro aleggia su Cernobbio

CERNOBBIO – La crisi dell’eurozona è ben più grave del previsto. Quest’anno il Workshop Ambrosetti di Cernobbio ha cercato di entrare nel cuore della crisi economica internazionale. E lo ha fatto partendo proprio dallo spettro che aleggia su tutta l’eurozona. Tutti, da Nouriel Roubini a Mario Monti, lo chiamano «euro break-up». Il collasso dell’euro fa paura. «Da questa crisi si esce solo con più austerity», avverte il professore soprannominato Dr. Doom. Ma tastando il polso dei presenti, è possibile che nemmeno questa soluzione possa servire a evitare il peggio. Quelli che pensavano che il più pessimista fosse Roubini sono stati smentiti dai fatti. Se è vero che il professore della New York University ha sottolineato tutti i problemi di stabilità dell’eurozona, è altrettanto vero che il clima di Cernobbio è stato infuocato da dichiarazioni ben più profonde. La mattina infatti è stata inaugurata dal docente di Harvard Martin Feldstein, che ha parlato dell’euro come di un «esperimento fallito». Gli ha fatto eco il numero uno dell’Istituto di ricerca economica tedesco Ifo, Hans-Werner Sinn, che ha risposto «tutto è possibile» quando Linkiesta gli ha chiesto se pensava che qualche Paese sarebbe potuto uscire dall’eurozona. 

I volti sono tesi, gli sguardi stanchi, le parole misurate all’inverosimile. In mattinata il deputy Ceo di UniCredit, Roberto Nicastro, spiega che per la sua banca «non ci sono assolutamente problemi di finanziamento», ma questa dichiarazione viene interpretata dagli investitori al contrario e diventa un boomerang per Piazza Cordusio. Il livello di esasperazione dei mercati finanziari è tale che ogni parola viene soppesata, qualunque essa sia. L’aspetto che più preoccupa, tuttavia, è un altro. La sensazione che i panelist hanno avuto è quella di un pieno scollamento della (presunta) classe dirigente italiana nei confronti di quella che è una crisi ancora non percepita come tale in Italia. Lo stesso Roubini per ben più di una volta ha spiegato che l’Italia sta vivendo una crisi «di credibilità politica, prima che economica». Questo si traduce con un immobilismo nelle politiche economiche capace di far schizzare, in una giornata come quella di oggi, il Credit default swap (Cds) sull’Italia, a oltre 400 punti base sulla piattaforma di Markit. Non è un caso che l’economista più chiacchierato a livello globale abbia apertamente parlato di un cambio al vertice politico italiano. «Un nuovo Governo potrebbe ridare fiducia nei confronti di un Paese che sembra fermo sotto ogni punto di vista», ha detto nella conferenza stampa a margine del suo intervento al Forum. Difficile dargli torto. Del resto, l’attuale situazione di crisi italiana deriva soprattutto da una perdita di fiducia verso un’economia che rimane comunque la terza d’Europa.

«Forse un Governo tecnico potrebbe giovare all’Italia», spiega Roubini. E il riferimento va subito a Mario Monti. L’ex commissario Ue e ora presidente dell’Università Bocconi è la star italiana del Forum Ambrosetti. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono, tutti lo invocano come il prossimo salvatore di un Paese che sembra sempre più essere sull’orlo del baratro. Ma Monti è schivo e parla centellinando ogni lettera. Tuttavia, quando si tratta di premere sull’acceleratore, lo fa senza problemi: «La grande confusione, la mancanza di chiari messaggi di questi ultimi giorni temo che possano far risorgere in molti in Europa un senso di diffidenza nei confronti della capacità dell’Italia di andare su una strada definita capace di portarla verso una maggiore crescita e verso l’equilibrio finanziario». Qualcuno dei presenti ha detto di non aver sentito parlare un docente, ma un futuro premier. In realtà, nonostante i diversi endorsement nei confronti di Monti, lui stesso cerca di evitare di essere tirato in mezzo alla chiacchiera politica. Una cosa è certa. L’incertezza che è dietro anche a diverse dichiarazioni dei governanti europei in questi giorni non fa altro che alimentare una spirale ribassista capace di produrre profezie autoavveranti. «La situazione dell’eurozona non è facile, ma non vedo la concreta possibilità di un fallimento del progetto della moneta unica», ha detto Roubini. E proprio mentre all’interno delle sale di Villa d’Este i panelist si confrontavano sui temi macroeconomici e geopolitici che stanno tenendo con il fiato sospeso il mondo, nei giardini della residenza del lago di Como si consumava il consueto siparietto della cosiddetta classe dirigente italiana, più impegnata a farsi fotografare piuttosto che a trovare soluzioni sostenibili. Qualcuno, quasi sottovoce, dice «come se nulla fosse». Già. 

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