Mille corse dei treni cancellati. Sei mila chilometri di auto in coda sulle strade. E 81mila ore di tempo perso. È l’apocalisse del trasporto pubblico quella che descrive l’assessore ai trasporti della Regione Lombardia Raffaele Cattaneo. E potrebbe accadere già tra tre mesi, non solo nella regione di Formigoni ma in tutta Italia. Gli amministratori locali sono sul piede di guerra e hanno rimesso nelle mani del governo i contratti di servizio. Motivo? I soldi. Con le manovre finanziarie degli ultimi due anni il trasporto locale si ritrova con il 75% delle risorse in meno, secondo i dati del recente rapporto di Legambiente.
Ripercussione sui servizi quindi, ma anche sulle tasche dei viaggiatori e sull’occupazione. La regione Lombardia stima che se facesse leva sulle tariffe per sostenere i tagli, il prezzo dei biglietti raddoppierebbero: da 5,65 euro a 11,30 la corsa Milano – Varese, ad esempio e da 6,80 a 13,60 la Milano – Brescia. Circa 1.500 invece i posti di lavoro a rischio a Trenord, la società per il trasporto ferroviario regionale. Insomma il messaggio è chiaro: «O c’è un ripensamento – hanno detto i governatori al ministro per le Regioni Raffaele Fitto – sui tagli stabiliti in manovra oppure i contratti di servizio con Trenitalia a gennaio li firmate voi a Roma».
Sì perché l’oggetto del contendere è il rinnovo dei contratti ferroviari e a rischio sono soprattutto i trasporti pendolari. «Se i tagli del governo dovessero essere confermati, tra tre mesi, quando i contratti con Trenitalia scadranno, i trasporti locali si fermeranno». Sono uniti sotto il vessillo della Conferenza delle Regioni i governatori di tutta Italia. Ma dagli uffici del Ministero ci fanno sapere: «La cifra finale dei tagli predisposti non è negoziabile. Fatta salva la cifra finale, possiamo pensare a dei ritocchi».
È stato appena aperto un tavolo di negoziazione, ma prosegue a stento. E intanto di ritocchi parla l’ingegner Mauro Moretti, ad di Fs. Colui che ha disegnato i cataloghi delle offerte dei servizi ferroviari da presentare alle regioni. «Dicano quanti soldi hanno a disposizione e cosa vogliono tagliare», fa sapere loro in questo dialogo a distanza dove in mezzo, inascoltati, ci sono loro, i pendolari. Costretti a viaggi su treni merci, imbottigliati in carrozze sovraffollate e in ritardo perenne. Non ne vogliono sapere di ulteriori tagli e neanche di abbonamenti rincarati. Anche se questo è l’unico argomento su cui sono tutti d’accordo, regioni, ministero e Fs. Ma nessuno ha il coraggio di dirlo ad alta voce.