CERNOBBIO – Facce scure come le acque del lago di Como dove si affaccia Villa d’Este, cornice del consueto appuntamento settembrino con il Workshop Ambrosetti di Cernobbio. Praticamente al completo, nel primo dei tre giorni dell’evento, il parterre de roi della finanza italiana. Dal neopresidente di Eni Giuseppe Recchi al numero uno di Finmeccanica Pier Francesco Guarguaglini, dal consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, al neo a.d. di Telecom Marco Patuano, dal direttore generale di UniCredit, Roberto Nicastro, al presidente di di Bpm, Massimo Ponzellini, tutti hanno almeno una partita cruciale aperta in casa propria. Partite rese ulteriormente intricate dalla delicata situazione macroeconomica italiana e dall’interdipendenza reciproca delle società quotate italiane. Oggi, in Piazza Affari, è stata un’altra giornata di passione, con il Ftse Mib, il principale listino, che ha lasciato sul terreno poco meno di 4 punti percentuali, mentre il differenziale di rendimento tra Btp e Bund è risalito a 325 punti base, livello che non toccava da prima dell’annuncio del piano di acquisto dei titoli italiani da parte della Bce, a inizio agosto.
Come Roberto Nicastro, anche Corrado Passera ha spiegato che Intesa Sanpaolo non ha problemi di finanziamento sui mercati, in quanto «ha già raggiunto il 100% di funding per il 2011». I due principali istituti di credito italiani, come annunciato, il prossimo 19 settembre usciranno dall’Eurostoxx 50, il principale paniere delle società europee a più elevata capitalizzazione, lasciando solo a Eni, settima società al mondo per potenza di fuoco, il compito di rappresentare l’Italia. Tanto per la cronaca, oggi UniCredit ha perso il 5,33%, mentre Ca de’Sass ha chiuso le contrattazioni a -4,82 per cento. Nonostante, in occasione dell’altro appuntamento cruciale per gli uomini di business italiani, il Meeting di Rimini, Corrado Passera si fosse dichiarato sereno sui bond italiani, nei confronti dei quali Intesa ha una posizione lorda pari a quasi 60 miliardi di euro. Insomma, le tensioni sul mercato interbancario non preoccupano, almeno in apparenza, né Piazza Cordusio né Ca de’Sass. Passera ha bollato come «avventate» le stime del Fmi sulle necessità di capitalizzazione delle banche europee, pari a 200 miliardi di euro. Nessun problema, dicono all’unisono Passera e Nicastro, sugli obiettivi per il 2011 fissati dai rispettivi piani industriali.
Più intricata la situazione della Banca popolare di Milano. «Basta che uno ci metta i soldi e tutti sono i benvenuti», ha detto a Cernobbio Massimo Ponzellini a proposito di Matteo Arpe. La Sator potrebbe investire fino a un massimo di 300 milioni nell’aumento di capitale di Bpm, e il nome dell’ex enfant prodige di Capitalia sarebbe gradito, secondo Repubblica, al direttore generale di Bankitalia, Fabrizio Saccomanni. Oggi a Villa d’Este Ponzellini ha sottolineato che «Arpe è un bravissimo manager, ma non ne abbiamo bisogno», e nemmeno lui, a detta del numero uno di Bpm, sarebbe interessato ad un ruolo esecutivo in Piazza Meda.
Alcune fonti interne alla banca sospettano che siano stati alcuni membri del consiglio di amministrazione a mettere in giro le voci su un ingresso operativo di Arpe. Con l’imminente chiusura di un aumento di capitale monstre, varato nel corso di una notevole tempesta finanziaria, i continui rumors rendono ulteriormente difficile il compito di Ponzellini e del direttore generale Enzo Chiesa. Bpm, tra l’altro, ha una piccola ma significativa partecipazione in Edison, altro match clou che con ogni probabilità sarà più chiaro lunedì prossimo, quando il ministro dello Sviluppo Economico Paolo Romani incontrerà il numero uno di Edf, Henri Proglio. Il nodo è lo scorporo di Edipower, che A2a vorrebbe accaparrarsi ma su cui Iren, la multi utility di Torino e Genova che ne detiene il 10%, ha posto il veto proprio oggi a Cernobbio: «Liquidarla ci piacerebbe tantissimo, ma un’eventuale liquidazione per noi deve avvenire senza alcuna minusvalenza» ha specificato il direttore generale Andrea Viero.
Anche Telecom, in questo momento, è sotto i riflettori. L’amministratore delegato, Marco Patuano, assicurando che all‘orizzonte non vi saranno nuove acquisizioni in Brasile dopo le ultime due operazioni, ha puntato l’attenzione sulla gara per l’utilizzo delle frequenze 4G, che nella giornata di ieri ha visto ben 31 rilanci per un totale di 2,5 miliardi di euro, dichiarando che «Difficilmente Telecom Italia spenderà meno di un miliardo».
Sul fronte dell’Eni, come detto unica società italiana nel novero dei 50 big dei mercati europei, a 48 ore dal vertice di Parigi, sul futuro della Libia, non sono mancate conferme e smentite, per bocca del presidente Giuseppe Recchi, che ha bollato come «totalmente infondata» l’ipotesi che la Francia abbia ottenuto dal Cnt il 35% delle provviste nazionali libiche. Sul ripristino del Greenstream, il gasdotto che porta in Italia il gas di Tripoli, Recchi ha fornito una data: 15 ottobre prossimo. Sebbene i vertici del cane a sei zampe non amino parlare di politica, il presidente, utilizzando una metafora calzante per chi si occupa di energia, ha spiegato che la manovra va approvata il prima possibile, per togliere l’attenzione verso un Paese «più illuminato di quanto si meriti». «Siamo il maggiore contribuente italiano, nel 2010 abbiamo pagato 2,5 miliardi di euro di imposte, se ci sarà una nuova tassa la pagheremo» ha detto invece l’a.d. di Enel, Fulvio Conti. L’Ires al 10,5% avrà un sicuro impatto tanto sugli investimenti che sui dividendi del Gruppo, ha poi aggiunto. Al di là dei casi specifici, è più che altro la discussione sulla manovra, che la manovra stessa, a danneggiare i corsi azionari del parterre de roi della finanza italiana, riunito sulle sponde del Lago di Como.