CERNOBBIO – «Che tristezza, qui non si va da nessuna parte», è l’amaro commento di uno dei tanti imprenditori scuri in volto dopo aver ascoltato le parole di Giulio Tremonti al Workshop Ambrosetti di Cernobbio. Il discorso del titolare di via XX Settembre è stato al consueto ricco di citazioni, sulla falsariga di quello pronunciato a Rimini solo qualche settimana fa, però povero di indicazioni concrete, soprattutto agli occhi di chi, almeno in teoria, dovrebbe creare occupazione. «Bisogna agire subito, il nostro Paese rischia molto» ha detto Emma Marcegaglia prima di sentire l’intervento di Tremonti. Il quale, peraltro, non ha mancato di ricordare piccato al presidente di Confindustria che la manovra contiene «14 miliardi di tagli e solo 6 miliardi di tasse», a differenza di quanto sostenuto dalla Marcegaglia ai presenti in sala, lamentando l’assenza di qualsiasi idea di crescita all’interno del provvedimento varato a inizio agosto.
«Un concetto che abbiamo ribadito anche oggi, come Confindustria, è la delusione derivante dal fatto che non ci sono soldi predisposti per la crescita e la competitività. Bisogna ricreare le condizioni per stimolare la crescita, perché un Pil che aumenta dell’1% in queste condizioni macroeconomiche significa recessione» dice a Linkiesta Alberto Bombassei, vicepresidente di viale dell’Astronomia. Il numero uno di Brembo rimarca la questione dell’aumento dell’età pensionabile: «Anche uno studente al primo anno di economia è in grado di capire che se la Germania si va in pensione a 67 anni e in Italia a 58 il sistema non può reggere. Non è un caso che loro sono i primi della classe, noi invece sediamo sul banco degli asini».
«Il pubblico deve regolamentare, non operare sul mercato. È necessario ridurre il peso del pubblico nell’economia» sostiene invece Paolo Merloni, amministratore delegato di Ariston Thermo Group, che spiega: «Anche una patrimoniale ci sarebbe potuta stare, ma in un contesto di forti liberalizzazioni e a un sostanziale intervento sulle pensioni».
Altri imprenditori, invece, si concentrano sul mercato del lavoro, sostenendo che sarebbe necessaria maggiore flessibilità sui contratti a tempo indeterminato, rendendoli così convenienti, per gli imprenditori, rispetto ai contratti a termine. Un punto, quello delle minori tasse per chi assume i giovani, ribadito oggi anche da Mauro Moretti Polegato, presidente di Geox.
«Ci hanno detto di liberalizzare, che il modello che funziona è quello liberale, ma le economie anglosassoni si sono piantate», ha sostenuto Tremonti all’inizio del suo discorso, affermando poi che le economie che funzionano, come la Germania e la Cina, «Sono molto sostenute dallo Stato». Curiosamente, una posizione sulla quale il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, notoriamente poco simpatico a Tremonti, aveva espresso posizioni molto simili, parlando a ruota libera con i giornalisti nella serata di ieri.
Tornando al tema cruciale del mercato del lavoro, sembra che Tremonti, subito dopo il suo intervento, abbia affermato che sarebbe stato meglio agire sulle pensioni, invece di intervenire sui contratti in deroga. Il riferimento è al famigerato articolo 8 della manovra, che di fatto taglia la possibilità di un reintegro sul posto di lavoro dopo un licenziamento senza giusta causa, lasciando salvo soltanto un indennizzo economico. Mossa cui la Cgil ha risposto con lo sciopero generale, previsto per dopodomani.
Ironia della sorte, a pochi istanti dalla conclusione del Workshop, le agenzie hanno battuto la notizia che la Commissione Bilancio del Senato avrebbe approvato un emendamento secondo cui i contratti aziendali sottoscritti a livello territoriale opererebbero in deroga «alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali». È quanto esplicita un emendamento alla manovra, presentato dalla maggioranza e approvato dalla Commissione Bilancio del Senato. Tra le materie per le quali è possibile la deroga territoriale dalla contrattazione collettiva, infatti rientrerebbe anche il licenziamento, nel rispetto della Costituzione e delle norme internazionali che regolano il mercato del lavoro. Uno strappo, dunque, all’articolo 18. Forse, sarebbe stato più semplice alzare l’età pensionabile e rendere conveniente, per le imprese, l’assunzione di giovani a tempo indeterminato. Come chiesto da molti degli imprenditori riuniti al consueto rituale settembrino sulle rive del Lago di Como.