«Il Documento di economia e finanza parla chiaro: entro il 30 settembre serviranno altri 20-25 miliardi di euro». Lo sostiene Mario Baldassarri, presidente della Commissione Bilancio del Senato, che su Linkiesta rilancia la sua idea di un fondo immobiliare dove «conferire parte del patrimonio pubblico vendibile sul mercato e dare la facoltà a chi lo ritenesse di convertire i Btp in quote azionarie». Una misura in grado di diminuire il debito italiano di 300 miliardi di euro, anch’essa insufficiente, tuttavia, senza un contesto di riforme strutturali a sostegno della crescita.
Ieri l’aggiornamento al Documento di economia e finanza approvato ieri dal Consiglio dei Ministri ha rivisto al ribasso le stime sul Pil, confermando il pareggio in bilancio al 2013. Ce la faremo?
Prendendo i dati del documento si evince con chiarezza che saranno necessari tra i 20 e i 25 miliardi della legge di Stabilità entro il 30 settembre prossimo. I 55 miliardi della manovra sono riferiti ai valori tendenziali e futuri, per capire il valore di una manovra bisogna valutare la differenza tra le entrate 2010-2013 e le spese al 2013. Ieri è emerso ufficialmente ciò che dico da due mesi: 70 miliardi servono per azzerare il deficit, pari a 71 miliardi nel 2010 e previsto a 1 miliardo nel 2013, gli altri 25 miliardi servono a finanziare aumenti di spesa corrente per 36 miliardi e riduzioni degli investimenti per 11. Ovviamente, aumentare la spesa corrente produce un effetto di freno alla crescita. Mi chiedo con quale faccia di bronzo si vada in giro a dire che non ci sono soldi in un Paese dove la spesa pubblica pesa sul 51% del Pil.
Quali sono le voci di spesa corrente sulle quali si sarebbe potuto intervenire?
Come dico da un decennio, basta semplicemente analizzare le voci di spesa che sono aumentate di più negli ultimi anni, cioè gli acquisti dei beni e servizi spese di tutte le pubbliche amministrazioni e e i trasferimenti, che io chiamo i fondi perduti, regolarmente nascosti dentro una voce che si chiama “altre spese correnti”, pari a 25 miliardi di euro.
Quali le misure che ritiene più produttive?
Non ce n’è neanche una, perché sono decisioni alla rinfusa deliberate senza un quadro coerente di politica economica: Prendiamo l’aumento Iva, un conto è attuarlo contestualmente a una diminuzione dell’Irpef, passando, come dice il ministro Tremonti “dalle persone alle cose”. Un altro è innalzarla dalla sera alla mattina per recuperare gettito. La manovra è come l’abito di Arlecchino, o per dirla all’inglese “un patchwork”, che le autorità europee hanno dovuto sostenere per calmierare gli acquisti di Btp, che altrimenti sarebbero il triplo del livello attuale.
Essendo di estrazione liberale, non le pongo una domanda sulla patrimoniale, anche se alcuni critici preferiscono una patrimoniale che un piano di privatizzazioni, visti i trascorsi. È d’accordo?
Sono d’accordo con chi sostiene che lo Stato debba toccare prima il proprio patrimonio e poi quello dei privati cittadini, la proposta di Amato a suo tempo fu folle. Altri hanno parlato di un gettito di 300 miliardi di euro per abbattere il debito pubblico: giusto o non giusto che sia, questo prelievo avrebbe un impatto devastante sull’economia italiana, meno 5% in 5 anni. Io ritengo che sia necessario prima recuperare 50 miliardi di euro dai costi della politica, delle ruberie e delle malversazioni, dopo casomai si può pensare a una patrimoniale morbida, ad esempio con un’aliquota dell’1% sulle case del valore di oltre 1 milione di euro si recupererebbero 10 miliardi. Non è pensabile una patrimoniale per finanziare i costi della politica.
Lei è un convinto sostenitore del Fondo immobiliare Italia, può spiegare come funziona?
Si tratta del progetto di conferire parte del patrimonio pubblico vendibile sul mercato e dare la facoltà a chi lo ritenesse di convertire i Btp in quote azionarie del fondo, con un rendimento più interessante. Potrebbe essere molto interessante possedere una quota di un fondo che tra una decina d’anni varrebbe sicuramente di più. Le stime degli immobili da mettere sul mercato si attestano su un valore complessivo di 400 miliardi, è chiaro che una caserma, trasformata in un albergo a 5 stelle, in prospettiva può rendere molto. Se il fondo immobiliare riuscisse a raccogliere 200 o 300 miliardi di euro, il debito pubblico nazionale scenderebbe da 1.900 a 1.600 miliardi di euro, sempre però in un contesto di riforme a sostegno della crescita.
Non avrebbe un effetto ribassista sul mercato immobiliare?
No, perché gli immobili in questione sarebbero spalmati sul mercato gradualmente nell’arco di 10 anni, non certo il giorno dopo. Sarebbe una grande valorizzazione di immobili inutili e costosi di cui sono piene le Pa locali. Un’operazione che produrrebbe reddito, posti di lavoro, e cambiamento nelle città. Sarebbe sicuramente meglio che vendere tutto subito a un fondo privato.
Quanto è fattibile un passo indietro di Berlusconi nel 2012?
Il problema non è un passo indietro dell’esecutivo, ma il passo indietro che sta facendo il Paese. L’Italia farà un passo avanti quando definirà cosa fare, non chi lo fa. Prima discutiamo quali riforme strutturali sono necessarie, poi cerchiamo di capire quale Governo è in grado di attuarle. È come la commedia Natale in casa Cupiello di Eduardo De Filippo, non è cambiando i pupazzi nel presepe che il presepe diventa più bello, è il presepe stesso che va cambiato.