«È essenziale continuare e intensificare il consolidamento fiscale». Il primo commento sulla manovra italiana del commissario Ue agli Affari economici e monetari, Olli Rehn, non è dei più lusinghieri. Il pacchetto di misure che, nelle intenzioni del Governo di Silvio Berlusconi, dovrebbe allontanare lo spettro di uno scenario greco anche per Roma, non riesce a entusiasmare in Europa. Non soddisfa a pieno la politica, non soddisfa a pieno le banche, che continuano a pensare che l’impegno italiano sulla correzione dei conti pubblici sia insufficiente rispetto ai reali problemi del Paese. Il sentore è che i 55 miliardi di euro varati ieri diventeranno entro pochi mesi molti di più. Intanto, fonti della Banca centrale europea (Bce) spiegano in via confidenziale a Linkiesta quali saranno le prossime misure correttive: liberalizzazioni, piano di sviluppo per far ripartire la crescita economica, riforma del settore bancario tramite fusioni e acquisizioni.
Lo snodo fondamentale di tutto lo scetticismo sulla manovra è legato al pareggio di bilancio. Secondo le stime del Tesoro questo sarà raggiunto nel 2013, invece che nel 2014 come dettato nella prima versione della correzione di bilancio. Tuttavia, sono tante le analisi che smentiscono tale possibilità. Un report di Barclays di oggi ha messo nero su bianco che l’Italia non arrivare agli obiettivi di bilancio nei tempi prefissati. Nonostante un pacchetto di misure credibili, il pareggio è basato su un assunto di crescita economica «troppo ottimista». È proprio per questo che la banca britannica ritiene «improbabile» che l’Italia possa farcela entro il 2013.
Ancora più negativo è il giudizio della banca elvetica Credit Suisse. Stando agli ultimi calcoli sulla manovra finanziaria, sia quella di luglio sia quella appena approvata, l’impatto reale sul deficit di bilancio sarà dello 0,2% nel 2013 e dello 0,5% nel 2014. Questo perché c’è, da scontare ai calcoli del Governo, il Patto di Stabilità e Crescita (Psc), che porta a un deficit naturale in tutta l’eurozona. Considerando che per il 2012 e il 2013 il Psc impatterà sul deficit italiano per il 2,7% del Prodotto interno lordo, mentre per il 2014 del 2,6%, è facile capire di quanto dovrà essere significativa la manovra finanziaria.
Le misure che potranno essere utili alla riduzione del deficit pubblico non solo molte. Di sicuro, sottolineano Barclays e Credit Suisse, una delle più significative è l’aumento del’Iva, che passerà dal 20% al 21 per cento. Ma ancora più notevole sarà l’apporto della nuova tassazione sulle rendite finanziarie, che sarà incrementata dal 12,5% al 20 per cento. Su questo punto, secondo la banca tedesca Deutsche Bank, «il Governo italiano potrà contare su circa 5,5 miliardi di euro da questa nuova aliquota, che non vale per i titoli di Stato».
Nel frattempo, in ambito europeo continuano a essere elevati i timori di una nuova manovra correttiva. Nei corridoi della Bce a Francoforte se ne parla apertamente, con un target temporale orientato verso la fine dell’anno. Fonti interne all’Eurotower, infatti, fanno sapere a Linkiesta che «sebbene i passi avanti fatti dal Governo italiano siano positivi, ancora non sono sufficienti». Sono tre i punti su cui l’Italia deve spingere: liberalizzazioni, piano di sviluppo per far ripartire la crescita economica, riforma del settore bancario tramite fusioni e acquisizioni. Ciò significa che diverse realtà bancarie dovranno essere accorpate, come già successo in Spagna fra le diverse casse di risparmio (cajas, ndr). Il tutto senza dimenticare il consolidamento fiscale e il processo di riduzione degli sprechi. Su questo punto, fanno sapere dalla Bce, è stata colta positivamente l’ipotesi, circolata nei giorni scorsi, di una dismissione degli immobili statali al fine di ridurre il debito pubblico, che ormai ha superato perfino i 1.911 miliardi di euro.
«Non possiamo escludere una nuova correzione di bilancio per il 2012». Questo è invece il giudizio della banca statunitense J.P. Morgan l’indomani dell’approvazione del programma d’austerity italiano. Del resto, il commissario Ue Rehn è stato lapalissiano: «È importante che l’Italia continui e intensifichi le decisioni sulle misure che possono stimolare la crescita e ridare fiducia nell’economia italiana». In altre parole, ha anticipato il varo di una nuova manovra economica ad hoc per la crescita. A peggiorare il quadro generale ci ha pensato pochi giorni fa la Commissione europea, che ha tagliato le stime della crescita italiana per l’anno in corso allo 0,7% dal precedente 1 per cento. «Se non verranno portate avanti concrete per aumentare la capacità produttiva italiana, il rischio è quello di una stagnazione economica che potrebbe peggiorare la percezione dell’Italia nei confronti degli investitori», rimarca J.P. Morgan. Ed è esattamente ciò che si deve evitare per contrastare un declino che sembra essere senza freni.