C’era una volta la Felix Austria. Quella originale degli Asburgo e dei matrimoni pilotati per ingrandire l’Impero. Ma anche quella traslata che, fino a un decennio fa, era un lembo immacolato d’Europa, tra la neve di Kitzbühel e le prelibate Mozartkugeln, la marcia di Radetzky a Capodanno e la Wiener Schnitzel che il suddetto maresciallo rubò ai milanesi.
Poi, arrivò un tale Jörg Haider a gettare un’ombra sui cioccolatini e le cotolette e a ricordare al resto d’Europa che l’Austria era un paese reale. Nel 1999, l’idillio durato quasi quindici anni della grande coalizione tra i socialisti dell’SPÖ e i democristiani dell’ÖVP si frantumò sul muro di voti ottenuto dal populista della Carinzia col vizietto di stare un po’ troppo a destra, tanto che dall’UE arrivarono prima semplici bacchettate poi addirittura sanzioni diplomatiche.
Ci vollero, nell’estate del 2000, i famosi tre saggi per decretare che un governo conservatore con la partecipazione dei nazionalisti dell’FPÖ non faceva male a nessuno e a mettere una pietra sopra all’isteria europea. Il danno, però, era fatto e l’Austria smise di essere felice. A oltre dieci anni di distanza dal teatrino di Bruxelles, e a tre dalla morte di Haider, però sembrava quasi che Vienna avesse riaperto lo splendido sipario e si fosse riconquistata l’immagine da cartolina con sottofondo immancabile dei Philarmoniker, quando un’altra volta è arrivato il brusco risveglio, sotto forma del più grande scandalo che il Paese abbia mai visto dal Dopoguerra.
Corruzione e tangenti che stanno facendo sprofondare proprio l’ÖVP, che ora sta al governo con l’SPÖ, per storie che risalgono ai tempi in cui Wolfgang Schüssel, il cancelliere col papillon, girava a braccetto e in Porsche assieme all’alleato Haider, spartendosi potere e torte miliardarie. A dire il vero, l’ex leader democristiano non è stato toccato di persona dalle inchieste, ma ha rimesso il suo seggio in Parlamento annunciando il ritiro dalla politica.
Chi è, invece, nell’occhio del ciclone è l’ex ministro delle Finanze Karl Heinz Grasser, ragazzo prodigio prima a fianco di Haider poi passato nella scuderia dell’ÖVP e alle cronache mondane per aver sposato Fiona Swarowski, la regina dei cristalli. La giustizia austriaca sta seguendo diverse indagini, tra privatizzazioni sospette, provvigioni indecenti, tangenti dichiarate, oscuri lobbisti. Un marciume che tocca i grandi nomi dei due partiti di centrodestra (gli ex vice cancellieri Hubert Gorbach e Wilhelm Molterer, l’ex ministro degli Interni Ernst Strasser) e alcuni personaggi di secondo piano della sinistra, ma soprattutto porta alla luce un sistema opaco in cui le grandi imprese del Paese non si facevano troppi scrupoli nel cercare e nel soddisfare i favori della politica ingorda.
Nomi illustri come Telekom Austria e il colosso energetico OMV sono sotto la lente dei giudici e di un’opinione pubblica perplessa e apparentemente scioccata, quasi incapace di indignarsi. Forse anche perché, sotto sotto, qualcuno il puzzo lo sentiva. Chi alza la voce sono gli intellettuali, razza non in via di estinzione nella terra di Kraus e Popper. Come lo scrittore Karl-Markus Gauß, che ha inveito sul quotidiano progressista Der Standard contro il «disastro morale», descrivendo un’Austria allo sbando, in balia di una classe politica pessima e affamata solo di denaro. «Mai come ora – ha scritto Gauß – persone così tanto stupide hanno ricoperto posizioni così alte. Una volta c’era la società del merito. Dove è andata a finire?». Già, come se fosse solo un problema dell’Austria Infelix.