Potrà sembrarvi audace o persino lunare, ma per cercare di comprendere quel che sta accadendo nella maggioranza partiremo da un signore di nome Paolo Russo. Deputato del Pdl, meridionale di Marigliano, vicino a quella Nola che diede i natali a qualcuno più illustre di lui: Giordano Bruno.
Più modestamente, Russo oggi si professa scajoliano di ferro. E al giornalista del Corriere della Sera che lo intervista su quel che è accaduto ieri, col Governo che è andato sotto in Aula sul bilancio di Stato, risponde così: «È stata davvero una buona giornata». Ovviamente solleticando la curiosità del cronista che lo incalza: “Ma come, la maggioranza di cui lei fa parte cerca di riemdiare alla sconfitta e lei dice cha va tutto bene?”. «Sì – risponde lui –. Perché, seppure con grande amarezza, abbiamo avuto l’immagine plastica della situazione in cui viviamo e di come sia difficile andare avanti. Per poi aggiungere: siamo in trenta pronti a staccare la spina».
Questo ieri sera, dopo il fattaccio. L’intervista integrale, per chi interessa, è sul Corriere a pagina 8. Oggi, lo stesso Russo rilascia una dichiarazione a Sky Tg24: «Noi non voteremo mai la sfiducia a Berlusconi. Semmai solleciteremo fino in fondo Berlusconi a essere quello straordinario innovatore che è stato nel ’94 e nel 2008. Abbiamo la consapevolezza che incidenti come quelli di ieri potranno ancora riaccadere e quindi così non si può più andare avanti».
Chiaro, no? Finché c’è da giocare, far traballare il Governo, renderlo sempre più debole, e magari guadagnarci qualcosina, noi siamo qui, con ogni mezzo – cene, sgambetti, amnesie, colazioni – ma se c’è da assumersi una responsabilità, mettendo su nero bianco l’auspicabile certificazione della fine politica del governo e di Berlusconi stesso, allora no, per questo rivolgersi altrove.
La nota di stamattina del presidente della Repubblica Napolitano non lascia adito a dubbi: il governo deve dimostrare di avere i numeri per poter governare. «Ho finora sempre preso imparzialmente atto – scrive nella nota il capo dello Stato – della convinzione espressa dal governo e dai rappresentanti dei gruppi parlamentari che lo sostengono circa la solidità della maggioranza che attraverso reiterati voti di fiducia ha confermato il suo appoggio all’attuale esecutivo – scrive Napolitano – ma la mancata approvazione, da parte della Camera, dell’articolo 1 del Rendiconto Generale dell’Amministrazione dello Stato, e, negli ultimi tempi, l’innegabile manifestarsi di acute tensioni in seno al governo e alla coalizione, con le conseguenti incertezze nell’adozione di decisioni dovute o annunciate, suscitano interrogativi e preoccupazioni i cui riflessi istituzionali non possono sfuggire».
Insomma, ancora una volta Napolitano, ieri acclamato dalla folla all’esterno di Montecitorio, richiama il governo e la maggioranza a un atto di responsabilità. E se è palese che il principale destinatario di questa lettera è Silvio Berlusconi, che dovrebbe rendersi conto più di altri dello stato delle cose, è altrettanto innegabile che non sia il solo. La caduta di un governo, e in questo caso di un impero politico, non può essere affidato a un incidente di percorso, a uno sgambetto rifilato magari con la testa girata da un’altra parte per poi allargare le braccia e sospirare: “ops, non me n’ero accorto”. Non può essere un caso che ieri in Aula mancassero due ministri come Tremonti e Bossi, due figure di rilievo del berlusconismo come Miccichè, Scajola, oltre al parvenu Scilipoti. Che sono poi rientrati con un sorriso malizioso. Ma il tempo delle marachelle è finito. Per chi ci governa e ci ha condotto per mano alla situazione disastrosa che stiamo vivendo, ma anche per chi in questo percorso lo ha accompagnato e oltre un’abbaiata non è mai andato.
Silvio Berlusconi domani andrà in Aula e porrà la fiducia. Chi non è d’accordo alzi la mano e lo argomenti politicamente, si assuma la responsabilità del proprio atto e chiuda legittimamente una pagina di questo Paese che sta diventando sempre più ingiallita. Ma se invece, ancora una volta, la maggioranza si accoderà, non diciamo che poi taccia sempre, ma almeno sia più parca nell’organizzare cene da idi di marzo.