Bernardo Caprotti, presidente (ancora per una settimana) della catena di supermercati Esselunga, scarica il presidente del Consiglio, ammettendo, seppure a denti strettissimi, che «Berlusconi non è riuscito a mantenere quello che aveva promesso, o perché non è stato capace o perché non lo hanno lasciato fare». Rispondendo alla richiesta che l’assessore al Bilancio di Milano Bruno Tabacci gli aveva lanciato oggi dalle pagine de Linkiesta. Tabacci aveva detto: «Per un cambio di passo serve ad esempio che un grande industriale come Bernardo Caprotti, patron di Esselunga da sempre berlusconiano, riconosca che i suoi interessi e il bene del suo Paese non sono più rappresentati dal premier». «Ha voluto conoscermi tanti anni fa, quando comprò la Standa, è simpatico e generoso», ha confessato poi Caprotti nella cornice del Teatro Manzoni, a margine della proiezione de “Il mago di Esselunga”, cortometraggio prodotto da Adnkronos Comunicazione che sarà distribuito in dvd in tutti i punti vendita della catena di supermercati. Molto meno morbido sull’inserzione a pagamento di Diego Della Valle, pubblicata sabato: «L’ho riletto stamattina. Lo trovo singolare. Non capisco a che titolo sia stato fatto. Non fatemi parlare oltre perché direi cose troppo pesanti».
Il documentario che, come ha sottolineato il regista, Giuseppe Tornatore, Caprotti ha voluto per mostrare il “dietro le quinte” di Esselunga – 89 punti vendita in Lombardia, 29 in Toscana, 12 in Piemonte e 10 nella “rossa” Emilia Romagna, il tutto per numeri 2010 che hanno evidenziato un fatturato di 6,4 miliardi di euro (+5% a/a), risultato operativo a 364,4 milioni di euro (+11,8%) e indebitamento a 259,3 milioni di euro (201,5 mln nel 2009) – «senza chiedermi nessuna tessera politica», ha detto il regista siciliano, lasciando trapelare che, come ha sottolineato a gesti incontrovertibili lo stesso Caprotti, se non avesse accettato sarebbero stati guai seri. «Invidio il Signor Pesenti (numero uno di Italcementi, ndr) che ha una ditta più tranquilla della mia», dice con la consueta franchezza durante la presentazione del cortometraggio, «è un mestiere di merda perché é tutto sotto gli occhi del cliente. Ci vogliono persone capaci per far arrivare 80-90mila agnelli la settimana di Pasqua, sapendo che devono essere disponibili fino a sabato sera, e che lunedì non li vorrà più nessuno». È il just in time, parola che gli piace da matti, tanto da tessere lodi sperticate al marchio d’abbigliamento Zara «la più bella azienda del mondo», esempio perfetto del pronto moda globale, dove cioè il magazzino deve essere sempre vuoto, e le merci sempre in giro. Proprio come il sistema Esselunga, su cui il regista di Baarìa ha provato ad aprire uno squarcio.
Il corto, dove Caprotti compare in un cameo nei panni di un fornaio buono che regala una pagnotta a forma di “esse” al piccolo protagonista – accompagnato dai genitori e da un mago alla scoperta di ciò che si nasconde dietro la “freschezza Esselunga” – è una storia del suo modo di intendere il «supermercato di prossimità», ma ha pure il sapore di un manifesto, a pochi giorni dall’addio ai vertici della grande distribuzione. Sebbene sul nome del nuovo presidente non abbia voluto rilasciare commenti, Caprotti ha infatti annunciato che tra sette giorni il suo mandato scadrà e non sarà rinnovato, «anche per via della sentenza che fa di me un ladro». Il riferimento è alla sentenza del Tribunale di Milano che il 15 settembre scorso ha condannato Esselunga a pagare un risarcimento di 300mila euro alla Coop per «illecita concorrenza per denigrazione», contenuta nel pamphlet “Falce e carrello”, uscito nel 2007.
Su un punto, Caprotti continua a non aver nessun dubbio: l’accesso a Piazza Affari rimane vietato. «È un’azienda familiare e resterà tale», dice. Ovviamente, nessuno crede minimamente che il fondatore, in sella dal 1947, molli il colpo proprio ora, nonostante i sopraggiunti limiti anagrafici: «Io sono uno operativo, mi occuperò della rottamazione dei vecchi negozi, darò una mano alla risorse umane e manterrò i rapporti con la Pa, come con Fassino, persona piacevole e a modo, e con il sindaco di Firenze, che ha espresso il desiderio di conoscermi». Una virata a sinistra? Non proprio: «Una tessera ce l’ho avuta, ero un balilla di Mussolini, sono figlio di un liberale, la mia famiglia era di repubblicani un po’ di sinistra scappati dai Savoia», dice alla platea. E a Linkiesta dichiara: «Vent’anni fa abbiamo sperato in Bossi. Oggi? In Della Valle!». L‘intervento del numero uno di Tod’s non è proprio andato giù al fondatore di Esselunga, che però non ha voluto esplicitare ulteriormente i motivi di tanto risentimento. Più difficile da digerire, invece, il tradimento di Berlusconi. Imprenditore come lui, amante delle belle donne come lui. Tanto che il titolo originale pensato da Caprotti per il film, su cui Tornatore ha però posto il veto, era “Un magico didietro”. Forse un po’ troppo spinto per le sciure che si occupano di riempire l’unica borsa a cui Caprotti ha dedicato la sua vita: quella della spesa.