Nella grande aula ottocentesca della Sorbona, davanti ai ritratti dei primi rettori dell’Académie de France, tempio della francofonia, oggi i presidi delle università francesi parlano in lingua inglese. Lo farebbero anche in arabo o in russo, visto che ci sono in ballo 22 miliardi di euro attribuiti da un jury internazionale alle iniziative di eccellenza. L’investimento di portata storica, del governo Sarkozy sull’università e la ricerca trasformerà gli atenei francesi in campus che contengono poli di ricerca, aziende, agenzie per lo sviluppo, reti digitali, laboratori, e in alcuni casi anche ospedali e cliniche specializzate.
Quasi 22 miliardi di euro rappresentano la fetta più rilevante dell’operazione chiamata “Grand emprunt” il grande prestito nazionale di 35 miliardi di euro che dovrebbe rilanciare le attività strategiche del Paese, in particolare l’istruzione universitaria, la ricerca, le piccole imprese, le nuove tecnologie, il digitale e la green economy. I fondi sono stati reperiti in gran parte attraverso l’emissione di titoli pubblici, collocati sui mercati finanziari a tassi agevolati; 13 miliardi dovrebbero arrivare dalla restituzione degli aiuti concessi alle banche all’inizio della crisi finanziaria. Un’operazione rischiosa in tempi di mercati finanziari fragili, ma se sull’ammontare del prestito, per la pressione delle opposizioni e l’intervento del pool di esperti che marcano stretto Sorkozy, c’è stato un netto ridimensionamento rispetto a una cifra che si avvicinava ai 100 miliardi di euro, sul denaro destinato all’università e alla ricerca pare non vi saranno marce indietro.
L’éducation superieure è considerata una priorità assoluta, un’iniezione di 22 miliardi di euro, oltre le dotazioni ordinarie – nove miliardi di fondi presidenziali – sembra aver messo d’accordo anche il Partito Socialista, ora impegnato nelle primarie per le elezioni presidenziali 2012. Con l’inizio delle attività universitarie, in occasione di dibattiti e conferenze proprio sull’importanza strategica di università e ricerca ai fini della ripresa dell’economia nei giorni più neri delle borse europee, ad aprire i lavori c’era Nicolas Sarkozy, e gli interventi del primo ministro Fillon, di Laurence Parisot, la presidente del Medef – la Confindustria francese – e degli amministratori delegati delle più importanti imprese del paese.
L’obiettivo delle “Initiatives d’excellence ” è incoraggiare le università a raggrupparsi in campus molto competitivi, in grado di stimolare gli investimenti privati, per competere con le università americane o asiatiche nell’attrarre studiosi e ricercatori di altissimo livello internazionale. Una volta innescato questo circolo virtuoso le nuove università dovrebbero essere in grado di camminare da sole e produrre ricchezza, la stima iniziale è dell’aumento del Pil del 3% entro il 2020. I circa 22 miliardi sono solo l’ultimo investimento in ordine cronologico del governo francese sulla formazione universitaria, tutto è cominciato nel 2008 con l’operazione Campus che seguiva la legge Pécresse, attribuendo 5miliardi per la creazione dei Pres, Pôles de recherche et d’enseignement supérieur.
Sono 85 le università e 225 le grandes écoles presenti sul territorio francese, la riforma Lru (Loi relative aux libertés et responsabilités des universités) ha introdotto l’autonomia delle istituzioni universitarie, rendendole in grado di amministrare il 100% del proprio budget, ogni università già da qualche anno ha ricevuto 250mila euro di fondi di bilancio e altri 250mila euro per la riorganizzazione. Molti atenei hanno lavorato con le altre realtà territoriali per la creazione dei poli di ricerca, 12 Pres distribuiti da nord a sud dell’esagono francese, che di fatto produrranno una riduzione del numero di università.
Alla fine del 2009 Sarkozy ha aperto ad altri progetti, che se meritevoli nell’ambito degli “investimenti per il futuro” con la dote dei 22 miliardi, riceveranno parte dei 7 miliardi di euro per il label IDEX (Iniziative d’Exellence). Tra gli obiettivi c’è anche quello di differenziare l’offerta didattica e il settore della ricerca scientifica, far emergere le università con una vocazione legata al territorio, rispetto a quelle generaliste, tra quelle orientate sulle nuove tecnologie, le neuroscienze, la medicina, le materie letterarie, l’informatica, e altre.
Strasburgo, Bordeaux e Paris Science et Lettres, sono le prime tra le università francesi che hanno già dato vita a quella che sembra una fusione fra diversi atenei, ricevendo subito un anticipo di 10 milioni di euro, che aumenteranno sino a oltre un miliardo quando avranno completato il percorso stabilito. Le tre università di Strasburgo sono riunite già dal 2009 in un’unica università pluridisciplinare che si chiama Unistra; l’università di Bordeaux ha scelto un modello federale, i quattro atenei legati insieme propongono una laurea triennale generalista, e in seguito una specializzazione da acquisire in uno dei sette istituti di Bordeaux, dalle scienze sociali, neuroscienze, ingegneria, agraria, a studi legati al vino e all’enologia.
La terza iniziativa di eccellenza è “Paris Science et Lettres”: riunisce l’Ecole Normale supérieure della rue d’Ulm, il Collège de France, l’Ecole nationale supérieure di Chimica, Paris Tech Institut Curie, l’Observatoire de Paris e l’Université Paris-Dauphine. Edouard Husson, vice rettore delle università di Parigi che ha seguito l’emergere di questo polo della Sorbona dice: “Tra due anni esisterà una laurea triennale ‘Paris Science et Lettre’ per percorsi differenti ma convergenti, gli studenti francesi dei licei, delle classi che preparano alle grandes école, e gli studenti internazionali, potranno frequentare il campus del Quartiere Latino, polo di ricerca e rete di saperi legati insieme”.
Le fondazioni hanno un ruolo chiave, sono costituite da imprenditori, banche e titolari dei grandi patrimoni francesi. Oggi ne esistono 42, ogni progetto ha l’aiuto economico della fondazione e non solo. “Ho intenzione di organizzare degli incontri regolari tra ricercatori e imprenditori – annuncia Laurent Wauquiez, ministro 35enne per l’Università e la Ricerca scientifica – le università devono aprirsi al mondo imprenditoriale, e le aziende devono stare all’ascolto delle università, ormai lontane dai chiché del passato”.